I dettagli della proposta del presidente dell’Inps Tridico e i costi effettivi di una possibile manovra di taglio netto ai costi del riscatto della laurea.
Il presidente dell’Inps Pasquale Tridico si è espresso sul tema del riscatto della laurea lanciando la proposta, corredata da valutazioni di merito e analisi della spesa statale, di rendere questa pratica gratuita per i cittadini.
L’agevolazione in questione nello specifico permette di convertire gli anni dell’università in anni contributivi e quindi permette di integrare la posizione contributiva ai fini del diritto e del calcolo di tutte le prestazioni pensionistiche. Di norma, per ottenere questo riscatto non è necessario aver già lavorato e versato dei contributi ma ci sono delle spese da sostenere. Il riscatto costa infatti 5.264,49 euro per ogni anno di studio per un massimo di 26.322 euro.
Trattandosi però di un’opportunità resa disponibile proprio dall’Inps, il presidente Tridico ha ritenuto opportuno esprimere la sua opinione su un tema tanto discusso per continuare a stimolare la riflessione e dar modo al governo di sondare il terreno dell’opinione pubblica.
Come funzionerebbe la manovra per Tridico
Pasquale Tridico ha rilanciato l’idea dell’introduzione di un riscatto gratuito del periodo di studi per la laurea durante un intervento al Festival del Lavoro a Bologna. La sua convinzione si basa sulla comparazione con il panorama europeo e la prospettiva d’incentivo che la mossa, a suo giudizio, garantirebbe:
«C’è da fare un intervento importante che ovviamente necessita di risorse importanti, quello della copertura di quel periodo formativo su base contributiva in modo che si possa, come avviene in Germania, riscattare la laurea in modo gratuito. Ora abbiamo il riscatto light che è un passo avanti, si riscatta la laurea nel modello contributivo con 20-22mila euro. Riscattare la laurea vorrebbe dire incentivare i giovani a studiare».
Questo discorso si intreccia poi con altri due argomenti di peso: il fallace risultato del Reddito di cittadinanza e la stringente necessità di mettere concretamente a frutto i soldi del Pnrr, definito come «un volano per la politica economica da utilizzare al meglio».
Sul primo punto, Tridico è netto:
«Abbiamo scoperto con il Reddito di cittadinanza che le politiche attive non funzionano. Abbiamo toccato con mano attraverso questa misura importante che quella parte intorno al Reddito di cittadinanza non funziona».
La spesa sulle politiche attive contemplata dal Pnrr però è di cinque miliardi e si definisce così una grande l’opportunità di rafforzare il sistema. Le politiche attive a oggi, secondo il presidente dovrebbero «passare da una governance complessa, quella delle Regioni» e l’aspirazione ottimale sarebbe permettere l’incontro tra domanda e offerta creando maggiori opportunità «attraverso una partnership rinnovata tra Regioni e Governo centrale e strumenti telematici». Il giusto modo per valorizzare lo strumento delle politiche attive sarebbe proprio «fare investimenti» perché, queste pratiche di per sé «non creano lavoro, mandano i lavoratori dove c’è».
Riscatto gratis, ma a che prezzo per lo Stato?
L’appoggio di Pasquale Tridico all’ipotesi al centro del dibattito politico non è però scevro da considerazioni sui costi che dovrebbe poi sostenere lo Stato. Si parla infatti di 4-5 miliardi all’anno come impatto sui conti pubblici. Questo esborso importante per le casse statali vede quindi da un lato la pensione di garanzia per i giovani ma alcuni interrogativi sulla fattibilità.
Come riportato anche dal Sole24Ore, questa ipotesi sarebbe sostenibile dal punto di vista finanziario con un aggravio di circa 2,5 miliardi per i primi tre anni e risparmi a partire dal 2028. La testata inoltre riporta che nel 2022 potrebbero accedere a questo strumento 50mila persone per una spesa di 453 milioni mentre nel 2023 potrebbero accedere 66mila persone per 935 milioni. Gli anni con il costo più sostenuto sarebbero tuttavia il 2024 e 2025 con oltre 1,1 miliardi l’anno e 160mila uscite nel biennio.
Prospettando così un primo rapporto tra costi e benefici di un possibile cambio di rotta c’è quindi ampio spazio per il dibattito.
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