Equo compenso, cosa prevede la riforma che aumenta gli stipendi dei professionisti

Claudio Garau

14 Aprile 2023 - 13:38

La legge sull’equo compenso è stata finalmente approvata alla Camera, dopo un lunghissimo iter. A chi si applica? A quali condizioni? E come può tutelarsi il professionista? La guida rapida.

Equo compenso, cosa prevede la riforma che aumenta gli stipendi dei professionisti

Le regole sul cosiddetto ’equo compenso’ a favore dei liberi professionisti sono diventate da poco legge. Infatti l’ultimo passo decisivo è stato compiuto mercoledì scorso alla Camera, approvando il ddl che fissa valori minimi per il compenso di coloro che svolgono professioni intellettuali, nei confronti di pubbliche amministrazioni e grandi aziende.

Le nuove norme entreranno in vigore con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, a chiudere un percorso lungo più di due anni e che sembrava senza fine. In effetti non sono poche le novità per i lavoratori autonomi, a cui viene assicurata una retribuzione adeguata e proporzionata ai parametri individuati da specifici decreti ministeriali, nei rapporti contrattuali che includono grandi imprese e PA.

Come vedremo però nel corso di questo articolo, la legge sull’equo compenso non vale in modo generalizzato, ma piuttosto il suo campo di applicazione è relativamente ristretto. I dettagli.

Che cos’è l’equo compenso?

Il ddl approvato alla Camera indica come “equo compenso” il versamento di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro effettuato dal libero professionista, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, ma anche conforme ai compensi valevoli per tutti i professionisti. Come accennato, la retribuzione al professionista dovrà così essere conforme ai parametri individuati da specifici decreti ministeriali.

Il testo appena approvato regola dunque l’equo compenso per i rapporti contrattuali aventi ad oggetto prestazioni d’opera intellettuale che i liberi professionisti intrattengono con i cosiddetti contraenti forti. In buona sostanza, si tratta di quelle situazioni nelle quali la controparte è in una posizione dominante e potrebbe facilmente determinare uno squilibrio nei rapporti con il singolo professionista - specialmente sul piano del compenso per l’attività svolta.

Con la legge sull’equo compenso si garantisce a tutti i professionisti, iscritti o meno ad un Ordine, un compenso economico adeguato, vale a dire una soglia minima sotto cui non è possibile scendere.

Equo compenso: applicazione delle regole alle professioni ordinistiche e non

Da notare che la legge sull’equo compenso sarà applicata sia alle professioni e attività di lavoro per cui c’è un ordine professionale sia a quelle che non ce l’hanno, le cosiddette professioni ’non ordinistiche’. Peraltro queste ultime non sono poche e l’elenco contempla, tra le altre, il lavoro dei fisioterapisti, dei podologi, dei fotografi professionisti e degli amministratori di condominio.

Come si stabilisce l’equo compenso? Ebbene per i liberi professionisti iscritti a un ordine professionale i valori dell’equo compenso sono quelli di cui al decreto ministeriale n. 140 del 2012. Fanno eccezione gli avvocati, poiché per essi l’ordine professionale lo scorso anno ha varato parametri aggiornati, di cui al decreto ministeriale n. 147.

Tuttavia già diversi ordini professionali hanno rimarcato che i parametri risalenti nel 2012 sono ormai vecchi e talvolta incompleti: ecco perché non è affatto escluso che in breve tempo siano proposti e varati aggiornamenti dei criteri economici fissati più di dieci anni fa.

Per quanto riguarda invece i moltissimi liberi professionisti non appartenenti a un ordine, invece, saranno indicati nuovi parametri per il tramite di un decreto ad hoc del ministero delle Imprese e del Made in Italy, ovvero l’ex Ministero dello Sviluppo Economico. Per il suo varo ci si attende che esso avverrà entro i due mesi dall’entrata in vigore della legge.

La deroga alla disciplina ministeriale

C’è però una norma specifica di deroga, secondo cui le aziende potranno non rispettare questi valori di riferimento dell’equo compenso, qualora dovessero concordare nuovi parametri convenzionali con gli ordini professionali competenti per il loro settore.

Proprio così: i parametri potranno essere ’aggirati’ ed infatti in base all’articolo 6 della legge appena approvata, le aziende potranno adottare modelli standard di convenzione, concordati con i Consigli nazionali degli ordini o collegi professionali, che si presumono equi fino a prova contraria. Le associazioni sindacali hanno finora espresso dissenso verso questa possibilità.

Chi dovrà rispettare ed applicare le regole sull’equo compenso?

Come accennato all’inizio, le nuove regole dovranno essere rispettate dalle pubbliche amministrazioni e dalle società a partecipazione pubblica come anche dalle aziende private, ma attenzione perché per queste ultime vi sono dei requisiti specifici. Infatti, per potersi applicare questa legge le aziende dovranno essere banche, assicurazioni oppure aziende con:

  • più di 50 dipendenti,
  • oppure con ricavi annuali maggiori del valore di 10 milioni di euro.

Ebbene, secondo un calcolo compiuto dal Sole 24 Ore le pubbliche amministrazioni coinvolte nell’applicazione della legge sull’equo compenso sarebbero più di 27mila, ma le aziende private coinvolte ’soltanto’ 51mila. In effetti quest’ultimo è un numero piuttosto basso, tenuto conto che, secondo i dati più aggiornati dell’Inps (risalgono al 2021), le aziende italiane sono più di un milione e 600mila.

Escluse per ora le PMI

Insomma la legge sull’equo compenso, pur rappresentando una sorta di ’conquista’ per il mondo delle libere professioni, non sarà applicabile alle realtà più piccole, come le PMI che, nel nostro paese, costituiscono la vera ossatura del mondo imprenditoriale.

Vero è che prima del varo di questa legge, l’equo compenso non era sconosciuto in Italia ma, anzi, già esisteva. Tuttavia le norme vigenti in precedenza a favore dei liberi professionisti non erano vincolanti per nessuna azienda.

Vi era inoltre un limite molto importante: in passato l’equo compenso valeva soltanto per le professioni con un ordine e albo professionale, perciò ne erano escluse tantissime altre professioni che, ad oggi, non sono regolate da un ordine ad hoc.

Tutela del professionista in caso di violazione delle regole sull’equo compenso

Come potranno difendersi i liberi professionisti che vedranno non rispettate dalla PA o dalla grande azienda le norme sull’equo compenso? Ebbene essi potranno impugnare in tribunale le convenzioni, i contratti, gli esiti delle gare e comunque qualsiasi accordo vincolante, che preveda un compenso non equo e leda dunque i loro diritti. Peraltro gli accordi si presumono predisposti in maniera unilaterale dai committenti fino a prova contraria.

In particolare, il professionista che si rivolge alla magistratura potrà domandare - ed ottenere - l’annullamento degli accordi e la rideterminazione del compenso sulla scorta dei vigenti parametri ministeriali.

Inoltre, all’esito del giudizio, al professionista potrà essere assegnato un indennizzo, insieme alla differenza tra quanto già incassato e l’equo compenso.

Nullità delle clausole contrattuali

Alla luce delle novità di cui alla legge sull’equo compenso, le clausole che non includono un compenso equo e proporzionato all’opera svolta dal professionista, tenendo conto a tale fine anche dei costi sostenuti dal lavoratore, saranno da considerarsi nulle.

In particolare, si prevede anche che nei contenziosi tra aziende e lavoratori saranno considerate nulle le parti dei contratti che:

  • non rispettano le norme sull’equo compenso;
  • vietano ai liberi professionisti di domandare ed ottenere un acconto per la prestazione;
  • costringono i professionisti ad anticipare le spese;
  • includono termini di pagamento superiori ai 60 giorni dal ricevimento della fattura.

Secondo la nuova legge, dunque, potranno essere ritenute nulle tutte le parti dei contratti squilibrate e troppo vantaggiose per le grandi aziende o PA, rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro commissionato.

Non solo. Sarà varato anche un “Osservatorio sull’equo compenso” all’interno del ministero della Giustizia, con lo specifico ruolo di verificare rispetto ed applicazione delle nuove norme di tutela.

Sanzioni e rapporti di lavoro già esistenti: alcune precisazioni

La legge appena varata ha fatto e sta facendo discutere per alcuni punti controversi. Tra essi il fatto che non sono previste specifiche sanzioni per le aziende che non rispetteranno le regole sull’equo compenso, mentre a rischiare saranno i professionisti, perché gli ordini professionali potranno sanzionarli laddove accettino un compenso non equo, in una sorta di concorrenza ’al ribasso’.

Ecco perché non è escluso che nei prossimi mesi vi saranno ulteriori novità a riguardo e potrebbe dunque venir meno la responsabilità del lavoratore, che comunque nei confronti dei cd. contraenti forti (banche, assicurazioni e grandi aziende) rappresenta la parte debole del rapporto.

Inoltre vi sono state critiche anche riguardo al fatto che la legge sull’equo compenso non tocca i rapporti di lavoro già esistenti, i quali restano esclusi dalla disciplina e nell’ambito dei quali le parti non saranno così obbligate ad applicare l’equo compenso.

Concludendo, non sono affatto escluse modifiche o correttivi alla nuova legge, anche se nel complesso è stata espressa soddisfazione per l’approvazione del testo da parte degli Ordini professionali e da Confcommercio, i quali ritengono però che si tratti soltanto di un primo passo e comunque auspicano ulteriori interventi di tutela in futuro.

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