Delocalizzazioni e iperammortamento, cosa cambia con il Decreto Dignità

Anna Maria D’Andrea

3 Luglio 2018 - 16:40

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Limiti alle delocalizzazioni e revoca dell’iperammortamento: sono queste due delle novità in materia di lavoro introdotte con il Decreto Dignità. Ecco cosa cambia per le imprese.

Delocalizzazioni e iperammortamento, cosa cambia con il Decreto Dignità

Con l’approvazione definitiva del Decreto Dignità è ufficiale la stretta alle delocalizzazioni da parte di imprese beneficiarie di aiuti da parte dello Stato.

Il provvedimento varato dal Consiglio dei Ministri del 2 luglio 2018 contiene importanti novità in materia di lavoro, con misure rivolte non soltanto ai lavoratori ma anche (e soprattutto) alle imprese.

Il capitolo sulle delocalizzazioni delle imprese racchiude al suo interno anche le nuove regole in merito all’iperammortamento, l’extra deduzione contabile del 250% prevista per l’acquisto di beni strumentali nuovi ad alto contenuto digitale.

Nel caso di cessione a titolo oneroso ovvero di destinazione a strutture produttive situate all’estero dei beni acquistati beneficiando dell’incentivo, il Decreto Dignità stabilisce che si debba procede al recupero dei benefici fiscali riconosciuti e la norma, in deroga a quanto previsto dallo Statuto del Contribuente, si applica già a partire dal periodo d’imposta 2018.

Delocalizzazioni, stretta alle imprese nel Decreto Dignità

È l’articolo 5 del testo del Decreto Dignità, attualmente disponibile in bozza e in corso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, che introduce nuove regole in materia di delocalizzazione.

Le novità riguarderanno le imprese che hanno ottenuto aiuti dallo Stato e che trasferiscono all’estero l’attività, i processi produttivi o fasi di essi prima che siano trascorsi 5 anni dal termine degli investimenti agevolati.

In caso di trasferimento e delocalizzazione dell’attività economica o di un’attività analoga ovvero di una loro parte per la quale siano stati concessi aiuti di Stato per effettuare investimenti produttivi, l’impresa oltre a decadere dal beneficio dovrà pagare sanzioni che vanno dalle 2 alle 4 volte il beneficio ottenuto.

La stessa agevolazione dovrà essere restituita maggiorata di interessi sino a 5 punti percentuali in più rispetto al tasso di riferimento vigente all’atto dell’erogazione o della fruizione del beneficio.

L’obiettivo della norma è chiaro: disincentivare le imprese, soprattutto quelle più grandi, a spostare la produzione in Paesi sia dell’Unione Europea che extra UE dove il costo del lavoro è inferiore rispetto all’Italia, con danni diretti all’occupazione nel nostro Paese.

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Revoca e recupero dell’iperammortamento: cosa prevede il Decreto Dignità

La stretta alle delocalizzazioni non si ferma qui. Sempre all’interno del Decreto Dignità tra le novità introdotte vi è la revoca e il recupero dell’iperammortamento riconosciuto alle imprese che cedono o destinano i beni agevolati ad imprese situate all’estero.

Secondo quanto previsto dal provvedimento, l’iperammortamento al 250% per i beni strumentali digitali è riconosciuto a condizione che l’acquisto sia destinato ad essere utilizzato in strutture produttive situate in Italia.

Pertanto, se nel corso del periodo di fruizione della maggiorazione del costo i beni agevolati vengono ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive situate all’estero, anche se appartenenti alla stessa impresa, si procede al recupero dei benefici fiscali riconosciuti.

Il recupero del beneficio avviene attraverso una variazione in aumento del reddito imponibile del periodo d’imposta in cui si verifica la cessione a titolo oneroso o la delocalizzazione degli investimenti agevolati per un importo pari alle maggiorazioni delle quote di ammortamento complessivamente dedotte nei precedenti periodi d’imposta, senza applicazione di sanzioni e interessi.

Le nuove regole saranno in vigore già dal 2018, in deroga a quanto previsto dallo Statuto del Contribuente e il recupero dei benefici fiscali si applica alle operazioni di cessione o di delocalizzazione dei beni agevolati effettuate successivamente alla data di entrata in vigore del Decreto Dignità.

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