Cosa succede se un Paese dell’Unione Europea viene attaccato?

Ilena D’Errico

2 Febbraio 2024 - 18:59

L’Unione Europea ha precise regole sulla sicurezza, compresa una clausola di difesa reciproca. Ecco cosa succederebbe se un Paese Ue venisse attaccato o entrasse in guerra e cosa cambia per la Nato.

Cosa succede se un Paese dell’Unione Europea viene attaccato?

La guerra in Ucraina va avanti ormai da 2 anni (precisamente, saranno 2 anni il 24 febbraio 2024), continuando a mietere vittime, intaccando le economie e destabilizzando più che mai gli equilibri internazionali e le politiche sulla sicurezza. L’Unione Europea è senza dubbio in una posizione complessa, dato che da anni non vedeva un conflitto armato svolgersi così vicino ai confini territoriali e legali.

L’Ucraina ha infatti chiesto di entrare a far parte dell’Ue e anche se - come con tutta probabilità accadrà - la domanda non verrà accolta prima del termine del conflitto, ci sono comunque Paesi comunitari che rischiano di essere coinvolti.
Recentemente, l’ammiraglio Rob Bauer - capo del consiglio militare Nato - ha sottolineato l’importanza di ottimizzare e aumentare le risorse, dato che “non cerchiamo la guerra, ma dobbiamo essere pronti per la guerra”.

La situazione si complica ancora guardando al conflitto israelo-palestinese, sebbene anche in questo caso gli Stati direttamente implicati non facciano parte dell’Unione Europea. Ciò scatena anche una legittima preoccupazione nei cittadini, che si chiedono cosa succederebbe se un Paese dell’Unione Europea dovesse essere attaccato o attaccare a sua volta. Non sembrano esserci preoccupazioni imminenti su questo fronte, ma per maggiore tranquillità bisogna chiarire che la clausola di difesa reciproca dei Paesi europei è piuttosto elastica e non comporta automaticamente l’entrata in guerra.

Cosa succede se un Paese Ue viene attaccato

L’Unione Europea nasce come alleanza politica ed economica, non è incentrata prettamente sulla sicurezza comune (come invece è la Nato) ed è pertanto anche priva di solide infrastrutture di difesa. Non si tratta certo di un elemento positivo, ma di una carenza a cui bisogna sopperire per garantire la sicurezza e la pace.

Proprio lo scoppio del conflitto in Ucraina ha fatto da miccia, rinnovando l’attenzione dell’Ue sull’investimento congiunto nello sviluppo delle capacità militari. Il tema è importante, perché comunque l’Unione Europa prevede una clausola di difesa reciproca. In particolare, l’articolo 42.7 del Trattato di Lisbona sancisce l’obbligo di aiutare e assistere i Paesi Ue che subiscono aggressioni armate.

L’obbligo di mutua difesa è vincolante per i membri comunitari, dà la possibilità di prendere le armi ma non impone necessariamente di entrare in guerra e nemmeno riguarda le azioni militari nello specifico. Le modalità con cui adempiere all’obbligo di assistenza sono a discrezione delle scelte politiche di ogni Stato, purché si attivi in qualche modo. L’ultima (e unica) volta in cui questo dovere reciproco si è attivato, ovvero per gli attacchi terroristici subiti dalla Francia nel 2015, infatti gli aiuti non hanno versato sul campo militare.

Se un Paese dell’Ue viene attaccato gli altri entrano in guerra?

Come anticipato, gli Stati membri possono legittimamente scegliere di entrare in guerra per aiutare gli alleati comunitari a difendersi da un’aggressione, ma non sono obbligati. L’assistenza reciproca può infatti concretizzarsi in diversi modi:

  • Azioni congiunte di disarmo;
  • missioni umanitarie;
  • missioni di soccorso;
  • missioni di consulenza e assistenza in ambito militare;
  • missioni per la prevenzione dei conflitti e il mantenimento della pace;
  • missioni di stabilizzazione al termine di un conflitto;
  • azioni di lotta al terrorismo nazionale.

Di conseguenza, ogni membro comunitario può scegliere come contribuire secondo la politica e le leggi nazionali, è tenuto ad assistere il Paese attaccato ma può liberamente farlo in modo pacifico.

E se ad attaccare è un Paese Ue?

La clausola di difesa reciproca è vincolante soltanto per i Paesi che subiscono un’aggressione armata, non si applica nel caso in cui attacchino o diano inizio deliberatamente al conflitto, ipotesi in cui sono invece severamente sanzionabili.

La difesa reciproca dei Paesi Nato

La Nato, a differenza dell’Ue, nasce con il preciso obiettivo di creare un’alleanza militare a difesa della sicurezza e della libertà dei Paesi che vi aderiscono. Anche la Nato, ovviamente, prevede una clausola di difesa reciproca. L’articolo 5 della Carta della Nato prevede infatti che “un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o in Nord America, sarà considerato un attacco contro tutte”.

Pur trattandosi di un’alleanza militare, anche la Nato non impone ai membri di entrare in guerra, ma chiede semplicemente che ci siano collaborazione e sostegno reciproci. In questo caso, oltretutto, non traspare nemmeno quell’obbligatorietà voluta invece dal Trattato di Lisbona. La Carta non impone ai membri di difendersi, ma chiarisce che attaccare uno di loro equivale ad attaccarli tutti.

Questo articolo ha un impatto notevole nella sua semplicità, non solo perché legittima i Paesi alle azioni militari in caso di difesa di un membro, ma anche perché funziona da deterrente. Non dimentichiamo che la Nato conta di una grande forza politica, ha a disposizione mezzi militari e risorse per gestire situazioni di conflitto anche imponenti. Per lo stesso motivo, tuttavia, le azioni militari devono essere attentamente ponderate, dato il possibile impatto sul mondo.

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