Bonus mamme: i 250 euro al mese sono «una bufala», ecco per chi

Patrizia Del Pidio

5 Febbraio 2024 - 11:25

Bonus mamme annunciato come beneficio che porta in busta paga circa 250 euro al mese alle mamme lavoratrici, ma per il 2024 l’agevolazione ha una portato molto minore.

Bonus mamme: i 250 euro al mese sono «una bufala», ecco per chi

Il bonus mamme che prevede un esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madre assunte a tempo indeterminato è stato previsto dall’articolo 1, commi da 180 a 182 della Legge di Bilancio 2024 (legge 213 del 30 dicembre 2023).

Il beneficio è riconosciuto per il triennio 2024/2026 alle mamme con almeno 3 figli, di cui il minore con età inferiore ai 18 anni, e fino al compimento della maggiore età del figlio più piccolo. Per le mamme con almeno 2 figli, invece, l’agevolazione è stata prevista in modo sperimentale per il solo periodo di paga che va dal 1° gennaio al 31 dicembre 2024 e solo fino al compimento dei 10 anni di età del figlio minore.

La misura, come si legge anche sulla circolare Inps numero 27 del 31 gennaio 2024, è riconosciuta alle lavoratrici nel limite massimo di 3.000 euro l’anno, importo che va riparametrato su base mensile. Nel singolo mese di paga, in base a quanto previsto, l’esonero contributivo può avere un importo massimo di 250 euro mensili. Quello che va considerato, però, è che nessuna lavoratrice percepirà realmente un “aumento” in busta paga di 250 euro mensili e andremo, di seguito a vedere il perché

Bonus mamme, c’è sempre il taglio al cuneo fiscale

Per quel che riguarda il bonus mamme, va ricordato che in forma intera non spetta alle lavoratrici che hanno una retribuzione mensile fino a 2.692 euro. C’è da ricordare che per il 2024 resta in vigore l’esonero contributivo previsto per la generalità dei lavoratori dipendenti che prevede uno sgravio contributivo del 6% o del 7% (in base alla retribuzione annua del lavoratore) riconosciuto, appunto, fino alla retribuzione massima di 2.692 euro l’anno.

Per le lavoratrici che hanno una retribuzione fino a 2.692 euro al mese, quindi, il bonus mamme non ammonta realmente a una decontribuzione del 9,19%, perché il 6% o il 7% già spettava con il taglio del cuneo fiscale.

Se si considera che per le retribuzioni mensili pari a 2.692 euro mensili, l’esonero contributivo massimo applicabile (calcolando il 9,19% sulla retribuzione stessa) è pari a 247,39 euro, un importo inferiore ai 250 euro massimo esonerabili. Si tratta di un importo che la lavoratrice, quindi, raggiunge utilizzando esclusivamente l’esonero contributivo per le mamme e andando a perdere, quindi, il taglio al cuneo fiscale del 6%.

Quello che va considerato, quindi, è che le due misure possono essere utilizzate solo alternativamente e se già il taglio del cuneo fiscale avrebbe garantito l’esonero del 6%, con il bonus mamme le lavoratrici “guadagnano” al massimo il 3,19% per retribuzioni fino a 2.692 euro.

Ecco quando spetta il bonus mamme pieno

Premessa l’alternatività con il taglio al cuneo fiscale, per retribuzioni superiori a 2.692 euro mensili quest’ultimo non spetta e, di conseguenza, le lavoratrici avranno diritto al bonus mamme pieno, senza perdere ulteriori benefici, ma sempre nel limite dei 250 euro al mese.

Se prendiamo l’esempio di una lavoratrice che ha una retribuzione mensile di 3.200 euro, i contributi a suo carico sono pari a 294,08 euro. Il bonus mamme riconosce un esonero fino a un massimo di 250 euro mensili e alla lavoratrice resteranno a carico 44,08 euro di contributi da versare.

250 euro netti in busta paga non spettano a nessuna

Anche se alla lavoratrice spetta un esonero contributivo fino a 250 euro, questo importo va sempre considerato al lordo in quanto si aggiunge all’imponibile su cui si calcolano le imposte. Non c’è quindi un guadagno reale di 250 euro per la lavoratrice.

Per capire la ragione bisogna comprendere come si calcola lo stipendio netto dal lordo, con le imposte dovute che vengono quantificate sulla retribuzione lorda al netto dei contributi previdenziali.

Quindi, se una lavoratrice con reddito fino a 30.000 euro senza esonero contributivo paga le tasse su 27.153 (i 2.847 euro che versa per il 9,19% di contributi, infatti, operano come deduzione sul reddito imponibile), nel 2024 dovrà pagare le tasse su 30.000 euro perché, essendo esonerata dal pagamento dei contributi al 9,19%, questi ultimi non sono più dedotti dalla base imponibile.

Di fatto, quindi, l’imposta da versare si alza, ma nonostante questo l’importo netto dello stipendio è comunque più alto (ma non di 250 euro, quando la lavoratrice prende il bonus massimo).

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