TARI: quando non si paga? Il caso dell’“irragionevolezza” del Comune

Francesco Oliva

18/09/2015

18/09/2015 - 10:26

condividi

La TARI non si paga quando il Comune ha deliberato un regolamento irragionevole. A stabilirlo la CTP di Reggio Emilia che apre un precedente importante.

TARI: quando non si paga? Il caso dell’“irragionevolezza” del Comune

La TARI non si deve pagare quando il regolamento del Comune che l’ha deliberata è «irragionevole». Tale principio è stato affermato dalla sentenza n. 296/02/15 della Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Reggio Emilia. Viene così aperto un precedente importante in materia di tassazione sugli immobili, con particolare riferimento ai criteri fiscali utilizzati dai Comuni.

Quando non si deve pagare la TARI? Ecco il caso dell’imprenditore di Reggio Emilia

Tutto nasce dall’impugnazione, da parte di un imprenditore vinicolo di Reggio Emilia, di una serie di avvisi di accertamento relativi al pagamento della TARI.
Nel ricorso l’imprenditore parte dal semplice principio economico del «chi inquina paga», affermando in particolare che:

"Il principio “chi inquina paga” è strettamente connesso “alla potenzialità di produzione di rifiuti” e alla “tipologia di attività svolta”; ma nel caso dell’ attività svolta dalla mia impresa la produzione di rifiuti – tanto potenziale quanto effettiva - è praticamente inesistente, posto che essa consiste principalmente nell’acquisto di vino sfuso, che viene immesso dal fornitore in cisterne tramite pompe o consegnato in fusti d’acciaio per la vendita alla spina, che poi vengono resi vuoti alla cantina fornitrice. Il vino viene poi venduto ai clienti mediante l’uso di contenitori di loro proprietà, o che possono acquistare in negozio per poi riutilizzare enne volte

In altre parole, perché un’impresa, e di rimando un cittadino-contribuente, deve pagare la TARI se non produce rifiuti o se ne produce una parte infinitesimale rispetto ad un altro tipo di attività?

Quando non si deve pagare la TARI? La capacità contributiva nel caso delle imprese

La tesi a sostegno del mancato obbligo di pagare la TARI viene sostenuta anche da un altro concetto. Secondo l’imprenditore emiliano, infatti, il sistema messo in piedi dal proprio Comune di appartenenza violerebbe palesemente il principio sancito dall’articolo 53 della Costituzione, ovvero quello della capacità contributiva.
Nella fattispecie l’impresa avvia un’attività da zero, nella speranza di affermarsi e diventare produttiva nel corso degli anni successivi.
Imponendo il pagamento della TARI, e prescindendo da questo aspetto, si violerebbe palesemente proprio il principio della capacità contributiva.

Quando non si deve pagare la TARI? La sentenza n. 296/02/15 della CTP di Reggio Emilia

Sul fatto la CTP di Reggio Emilia ha accolto e condiviso il ricorso dell’imprenditore in ogni suo singolo aspetto.
Nelle motivazioni si legge:

"L’attività in questione evidentemente non comporta una produzione di rifiuti; pertanto si ritiene fuori da ogni principio di ragionevolezza la tassazione contestata dal ricorrente. E allora il ricorso è fondato, essendo di solare evidenza come, in base e per effetto dell’art. 7 ultimo comma del D.Lgs. n. 546/92 il Collegio debba dichiarare non applicabili, i regolamenti e gli atti generali del Comune […] e di […] a parte ricorrente, in relazione all’oggetto dedotto in giudizio

TARI: il quadro giuridico

La TARI è stata introdotta in Italia nel 2014 dal Governo Letta. Essa ha sostituito ed accorpato la Tariffa di igiene ambientale (TIA), la Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) ed il Tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES).
La TARI è parte dell’imposta comunale unica (IUC) insieme all’IMU ed alla TASI.
Proprio in queste settimane si è aperto un vivace dibattito sulla necessità di una revisione totale del sistema di tassazione sugli immobili.

Argomenti

# Tari
# IUC

Iscriviti a Money.it