Rinnovo del contratto per i dipendenti pubblici: parla l’Aran. Arrivano conferme sull’accordo di fine anno, ma sono diversi i nodi da sciogliere.
Il rinnovo del contratto degli statali sta entrando nel vivo. A occuparsene saranno, come solitamente avviene, i sindacati - in rappresentanza dei lavoratori - e l’Aran, in rappresentanza delle pubbliche amministrazioni.
A tal proposito, è molto interessante l’intervista fatta dal Messaggero ad Antonio Naddeo, Presidente dell’Aran. Parole che ci aiutano a capire quando effettivamente potrebbe essere raggiunto l’accordo e che soprattutto ci mostrano il punto di vista della controparte, visto che solitamente sono i sindacati a manifestare pubblicamente le loro pretese.
Vediamo, quindi, cos’ha detto Naddeo sul rinnovo del contratto della Pubblica Amministrazione, uno degli appuntamenti più importanti tra quelli in agenda per il nuovo Ministro Brunetta.
Rinnovo del contratto: secondo l’Aran possibile accordo entro fine anno
Il tempo scorre e per il rinnovo del contratto del pubblico impiego siamo ancora nella fase preliminare. Tant’è che cominciano a sorgere dei dubbi riguardo alla possibilità che la firma sul rinnovo possa arrivare entro la fine dell’anno.
Antonio Naddeo, presidente dell’Aran, ci tiene a smentire queste voci: questo, infatti, ha spiegato che c’è tutto il tempo necessario per arrivare alla firma conclusiva del contratto degli statali entro la fine dell’anno. Ed è per questo motivo che tra circa una decina di giorni verrà riconvocato il tavolo con i sindacati, con la speranza di fare dei passi avanti.
Come spiegato da Naddeo, infatti, ci sono ancora degli “importanti nodi da sciogliere”.
Rinnovo del contratto: trattativa non semplice
Il Presidente dell’Aran non ha nascosto che ci sono comunque degli ostacoli da superare. In particolare, si cercherà d’indicare con chiarezza quali sono le strade da percorrere per fare carriera nella Pubblica Amministrazione.
Come prima cosa, spiega Naddeo, per entrare nella pubblica amministrazione si seguiranno le nuove regole dettate da Brunetta per i concorsi pubblici. Dopodiché, una volta entrati nel pubblico impiego si avranno davanti due modalità di crescita:
- crescita economica attraverso le cosiddette progressioni orizzontali, le quali saranno legate alle valutazioni annuali del dipendente. Aumenti di stipendio che - è bene sottolineare - non corrisponderanno a mansioni superiori;
- crescita verticale, con il giovane che potrà avere possibilità di scalare le gerarchie. D’altronde, spiega Naddeo, “per come l’organizzazione del lavoro nella Pubblica Amministrazione è strutturata adesso il giovane funzionario ha sopra di sé solamente la dirigenza”.
Ed è in quest’ottica che si colloca la nuova area dei quadri prevista dal Recovery Plan, la quale nell’atto d’indirizzo per il nuovo contratto viene chiamata area di elevata professionalità. Questa, sottolinea Naddeo, permetterà a coloro che hanno maturato una professionalità e un’esperienza maggiore del semplice funzionario di svolgere mansioni più qualificate e godere nel contempo di un incremento di retribuzione. Questo potrebbe essere visto come un punto di arrivo della carriera prima di quella dirigenziale: ma è importante sapere che in ogni caso questa sarà interna al comparto.
E inoltre, spiega Naddeo, si sta ragionando sulla possibilità di una crescita da funzionario a dirigente nella stessa amministrazione. Rappresenterebbe una grande novità rispetto a oggi, poiché per passare nell’area dirigenziale è sempre richiesto un concorso. Probabilmente ci sarà comunque una selezione interna, un colloquio (“una sorta di assessment”) secondo il presidente dell’Aran, con il quale verranno verificate tutte le capacità (personali, comportamentali e professionali) del funzionario.
Con il rinnovo del contratto verrà tolto il limite agli stipendi dei dirigenti?
C’è poi il discorso retribuitivo da affrontare. Il Messaggero, infatti, ha chiesto a Naddeo cosa ne pensa del livello salariale raggiunto nel pubblico impiego, specialmente per quanto riguarda l’area dirigenziale.
A chi gli chiede se i dirigenti nella Pubblica Amministrazione “guadagnano troppo”, questo risponde:
Dipende da quello che fanno. In linea teorica noi abbiamo fatto tutto bene nel delineare la struttura retributiva dei dirigenti. Lo stipendio ha una parte fissa, una legata alla posizione e una legata ai risultati.
Maggiori sono le responsabilità e più è giusto che lo stipendio sia alto. Affianco al principio della retribuzione di posizione (che lega lo stipendio al ruolo) dovrebbe però esserci quello di risultato, che va appunto a premiare solamente coloro che raggiungono gli obiettivi.
A oggi, comunque, vige il tetto da 240 mila euro l’anno che secondo Naddeo rappresenta un problema. Complici i vari rinnovi del contratto, infatti, oggi non ci sono grandi differenze tra le posizioni in quanto “tutto è livellato verso l’alto”. Ad esempio, spiega Naddeo, oggi il Capo della Polizia guadagna quanto un capo dipartimento di un ministero, con quest’ultimo che però ha delle responsabilità “infinitamente minori”.
Per questo motivo il “tetto” andrebbe rivisto perché in questo modo si “rischia di rendere più difficile l’attribuzione d’incarichi di alta responsabilità”.
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