Custodia cautelare esclusa per pene sotto i 3 anni: lo dice la Cassazione

Isabella Policarpio

10/10/2019

La Corte di Cassazione vieta la custodia cautelare in carcere per i reati che prevedono la reclusione inferiore a 3 anni. I dettagli della sentenza.

Custodia cautelare esclusa per pene sotto i 3 anni: lo dice la Cassazione

Custodia cautelare in carcere esclusa per pene inferiori a 3 anni. La Corte Suprema di Cassazione torna a definire i confini della custodia cautelare in carcere, la più grave ed invasiva misura cautelare prevista dal nostro ordinamento, dato che ha i connotati di una detenzione preventiva.

La Corte ha stabilito che questa misura non è applicabile quando il giudice ritiene che la pena detentiva da applicare sarà inferiore a 3 anni, anche dopo il patteggiamento.

Fondamentale in tal senso l’applicazione della regola “rebus sic stantibus” ovvero la valutazione della situazione in concreto e non soltanto della pena edittale prevista dal Codice Penale. Questo criterio restringe ulteriormente le ipotesi in cui la custodia cautelare è ammessa.

Vediamo i dettagli e la disciplina della custodia cautelare in carcere e cosa è stato stabilito nella sentenza numero 12890/2019 (in allegato) della Corte di Cassazione.

Custodia cautelare in carcere: cos’è?

La custodia cautelare in carcere è una misura cautelare personale e coercitiva di grave entità: si tratta, infatti, di una situazione paragonabile ad una detenzione preventiva; per questa ragione la legge detta precisi requisiti prima che il giudice possa ordinarla.

La custodia cautelare in carcere, costituisce una grave limitazione della libertà dell’indagato, per questo deve considerarsi una extrema ratio e nel provvedimento che la autorizza il giudice deve sempre spiegare come mai ha escluso altre misure cautelari più lievi.

Custodia cautelare in carcere: esclusa se la pena è inferiore a 3 anni

Come abbiamo anticipato, la Corte di Cassazione è tornata ad esprimersi in materia di custodia cautelare in carcere. In particolare, nel caso di specie, gli ermellini hanno ritenuto il ricorso fondato poiché la decisione della Corte d’Appello non aveva rispettato quanto stabilito dall’articolo 275, comma 2 bis, del Codice di procedura penale, nella parte in cui vieta la custodia cautelare: «se il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a 3 anni.»

Dunque, visto che l’imputato era stato condannato alla reclusione per un periodo inferiore a 3 anni (precisamente 2 anni e 4 mesi) i giudici della Corte hanno ritenuto che la custodia cautelare in carcere fosse illegittima.

Nei gradi inferiori di giudizio, infatti, i giudici non avevano valutato la pena in concreto comminata ma si erano limitati ad ordinare la custodia cautelare in carcere sulla base della pena edittale prevista per il reato contestato all’imputato, cioè la reclusione da 2 a 6 anni. Valutazione che però deve dirsi superficiale perché non tiene conto della regola “rebus sic stantibus”.

Corte di Cassazione, sentenza numero 12890/2019
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Custodia cautelare in carcere: la regola “rebus sic stantibus”

Nella sentenza in esame la Corte di Cassazione fa esplicito richiamo al principio “rebus sic stantibus” (locuzione latina traducibile con “stando così le cose”) , ovvero afferma che nella determinazione e nell’adeguamento della custodia cautelare il giudice deve sempre riferirsi alla situazione di fatto, tenendo conto delle modifiche sostanziali e processuali intervenute.

Gli ermellini, inoltre, richiamano quanto stabilito in una precedente sentenza dove si afferma che:

"Costituisce, infatti, ius receptum, in tema di misure cautelari personali, il principio per cui una volta intervenuta la sentenza di condanna anche non definitiva, la valutazione degli elementi rilevanti ai fini del giudizio incidentale, anche in sede di riesame o di appello, deve mantenersi nell’ambito della ricostruzione operata dalla pronuncia di merito, non solo per quel che attiene all’affermazione di colpevolezza e alla qualificazione giuridica, ma anche per tutte le circostanze del fatto, non potendo essere queste apprezzate in modo diverso dal giudice della cautela”

Corte di Cassazione, Sez III, sentenza n. 45913 del 15/10/2015.

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