Vertenza sindacale, la guida. Quando farla, come e conseguenze

Simone Micocci

20 Agosto 2024 - 17:07

Stai pensando di presentare una vertenza sindacale contro il tuo datore di lavoro? Prima di tutto ti consigliamo di leggere questa guida con tutte le istruzioni utili a riguardo.

Vertenza sindacale, la guida. Quando farla, come e conseguenze

La vertenza sindacale è uno strumento essenziale a disposizione del lavoratore subordinato per far valere i propri diritti quando questi vengono lesi dal datore di lavoro.

Attraverso la vertenza, infatti, il dipendente può segnalare un inadempimento contrattuale, avviando un percorso che può portare a un accordo tra le parti o, in caso di mancata conciliazione, all’intervento del giudice del Lavoro.

Questo strumento è particolarmente rilevante in diverse situazioni, come il mancato rispetto delle norme sull’orario di lavoro, il mancato godimento delle ferie, il ritardo nel pagamento di emolumenti stipendiali come il lavoro straordinario, o in caso di demansionamento. Inoltre, la vertenza sindacale è cruciale per denunciare situazioni di lavoro in nero, in cui il datore di lavoro ha assunto senza un regolare contratto.

Tuttavia, è sempre consigliabile tentare una risoluzione amichevole con il datore di lavoro prima di intraprendere questo percorso, considerando i possibili rischi per entrambe le parti e i costi associati alla vertenza sindacale. Ma cosa rischia il datore di lavoro con la vertenza sindacale? E quali sono invece i rischi per il lavoratore? Questi sono aspetti cruciali da valutare attentamente, insieme ai costi potenziali di una vertenza sindacale e alle implicazioni specifiche in caso di lavoro in nero.

Cos’è

In Italia, dove il lavoro precario è diffuso e non sono rari i casi di abusi da parte dei datori di lavoro, il ricorso alla vertenza sindacale è frequente. La parola stessa “vertenza” deriva dal latino vertere, che significa «lite» e riflette bene la natura conflittuale della procedura.

Si parla di vertenza sindacale quando il lavoratore, non riuscendo a far valere i propri diritti con il datore di lavoro, si rivolge al sindacato a cui è iscritto per ottenere tutela.

Il sindacato espone formalmente la denuncia e cerca di trovare un punto di accordo tra le parti. Se si raggiunge un accordo, viene redatto un documento che ne certifica i termini. Tuttavia, se il tentativo di conciliazione fallisce, il lavoratore potrà avviare un procedimento legale.

Le cause più comuni

Ci sono diverse situazioni che possono spingere il lavoratore a ricorrere a questo strumento in difesa dei propri diritti. Nel dettaglio, le cause che più frequentemente portano a una vertenza sindacale includono:

  • Licenziamento senza preavviso o senza la giusta indennità.
  • Retribuzioni non versate per una o più mensilità.
  • Salari inferiori rispetto a quanto stabilito dal contratto.
  • Ferie non concesse o non compensate.
  • Permessi non riconosciuti.
  • Indennità di malattia non riconosciute.
  • Indennità di infortunio non corrisposte.
  • Diritti di maternità non rispettati.
  • TFR non versato.
  • Straordinari non pagati o pagati in modo insufficiente.

Tempistiche

Nel procedere con la vertenza sindacale bisogna tener conto di tempistiche precise, che variano a seconda delle circostanze:

  • Prescrizione dopo 5 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro per aziende con meno di 15 dipendenti.
  • Prescrizione 5 anni dopo la maturazione della retribuzione per aziende con più di 15 dipendenti.
  • Contestazione del licenziamento: 60 giorni dalla ricezione della lettera di licenziamento.

Inolte la durata della procedura varia a seconda di quello che è l’esito. Se risolta con l’intervento del sindacato, infatti, un accordo può essere raggiunto entro 1-2 mesi; se invece si procede per vie legali, il processo può durare anni.

Come fare vertenza e costi

Ecco quali sono i passi principali per avviare una vertenza sindacale:

  • Verificare se si soddisfano i requisiti per la vertenza.
  • Tentare una soluzione pacifica con il datore di lavoro.
  • Raccogliere prove (buste paga, testimoni, orari di lavoro).
  • Rivolgersi al sindacato di categoria.
  • Se la conciliazione non va a buon fine, sarà necessario avviare un procedimento legale.

Per quanto riguarda i costi solitamente la procedura è gratuita quando ci si fa assistere dal sindacato a cui si è iscritti, con la possibilità però che questo trattenga una percentuale dei compensi che verranno riconosciuti dall’azienda per mettere fine al procedimento. È importante ricordare però che si può presentare la vertenza anche presso un sindacato al quale non si è iscritti, ma questo comporterà costi più elevati. Gli iscritti solitamente pagano solo le spese vive e i rimborsi, mentre i non iscritti dovranno anche sostenere i costi di iscrizione e della tessera.

Cosa rischia il datore di lavoro?

La vertenza sindacale ha ovviamente delle conseguenze per il datore di lavoro. Nel dettaglio, obiettivo primario di tale strumento è di valutare se è possibile che le parti, quindi azienda e lavoratore, possano raggiungere o meno un accordo.

Inizialmente, infatti, si proverà un tentativo di conciliazione, ma qualora dovesse fallire il lavoratore potrà intentare una causa ai danni dell’azienda. A valutarne le conseguenze, dunque, sarebbe il giudice del lavoro competente sul territorio.

Nel dettaglio, su richiesta del dipendente, che in questo percorso sarà affiancato da un avvocato, il giudice sarà chiamato ad accertare se davvero il datore di lavoro è colpevole d’inadempienza contrattuale, ed eventualmente se riconoscere o meno un risarcimento del danno.

Cosa rischia il lavoratore?

Anche il lavoratore può affrontare rischi significativi in una vertenza sindacale, soprattutto se la causa finisce in tribunale.

Il primo rischio è non riuscire a raggiungere un accordo favorevole. In questo caso, il lavoratore non otterrà il risarcimento o il riconoscimento dei diritti reclamati. Anche se non si tratta di un rischio vero e proprio, la situazione rimarrà invariata rispetto a quella precedente alla vertenza. Tuttavia, è probabile che si verifichi un peggioramento delle relazioni con il datore di lavoro.

Laddove invece il lavoratore decida di procedere in tribunale, si assume un rischio più elevato. Oltre a dover anticipare le spese legali, se la causa viene persa dovrà pagare anche le spese legali sostenute dal datore di lavoro. Inoltre, se la causa è promossa senza basi solide, il lavoratore potrebbe essere obbligato a risarcire il datore di lavoro per i danni subiti.

Nonostante i rischi, i lavoratori non devono rinunciare alla difesa dei propri diritti. In caso di sconfitta, il giudice può decidere di compensare le spese legali, specialmente se la richiesta è parzialmente fondata o se esiste una disparità economica significativa tra le parti. Tuttavia, è fondamentale verificare che le pretese siano supportate dalla legge e che si disponga di prove sufficienti prima di avviare una causa; per questo motivo è sempre consigliato farsi supportare da un legale esperto in diritto del lavoro prima di procedere.

Iscriviti a Money.it

SONDAGGIO