Perché non basta un test sierologico per evitare la terza dose del vaccino anti-Covid

Stefano Rizzuti

4 Novembre 2021 - 14:42

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Aureliano Stingi, collaboratore della task force dell’Oms contro le fake news, spiega a Money.it perché effettuare i test sierologici è inutile per stabilire se fare la terza dose del vaccino Covid.

Perché non basta un test sierologico per evitare la terza dose del vaccino anti-Covid

Effettuare un test sierologico non basta per evitare la somministrazione della terza dose. Avere un buon numero di anticorpi, risultanti dal test, non è sufficiente per decidere se fare o meno la terza dose del vaccino anti-Covid. Così come non è un elemento sulla base del quale decidere se vaccinarsi dopo essere guariti dal Covid-19.

La proposta di effettuare i test sierologici per decidere sulla somministrazione della terza dose viene bocciata da tutti gli esperti. Tra di loro c’è Aureliano Stingi, PhD in Cancer Biology e collaboratore della task force dell’Oms contro le fake news sul Covid, che spiega a Money.it perché il sierologico non basta per effettuare una valutazione sulla terza dose.

Perché i sierologici sono inutili per decidere sulla terza dose

Stingi parte da una spiegazione: ciò che servirebbe per valutare la somministrazione della terza dose è il cosiddetto “correlato di protezione, ovvero dei segni misurabili”. Stingi spiega:

Il correlato è complesso da trovare, non è un singolo numero ma una serie di cose. Per ora non esiste ancora uno strumento per dire che non ci si ammala di Covid-19. Il sierologico ci dice solo quanti anticorpi neutralizzanti abbiamo nel sangue, quindi non è una misura completa”.

Avere gli anticorpi, quindi, può non bastare. In altri casi ci possono essere persone - sottolinea ancora - che non hanno gli anti-spike ma “magari hanno comunque una protezione cellulare”. Anche perché va ricordato che “la difesa immunitaria è composta da tanti elementi”.

Come si decide a chi somministrare la terza dose

Adesso la terza dose viene somministrata a fragili, persone a rischio e anziani. Stingi chiarisce come mai si decida di procedere con queste categorie, partendo da chi è “a rischio, come i sanitari, per l’esposizione al virus e perché si è vaccinato prima. Oppure gli immunodepressi che hanno una risposta più bassa e gli over 60 perché il sistema immunitario funziona sempre peggio dopo una certa età, quindi si assume che in queste persone ci siano meno capacità di combattere il virus”.

Per arrivare a conclusioni non ci si può basare su casi singoli ma si devono effettuare “ studi statistici su popolazioni grandi: le decisioni sono state prese valutando studi ampi sul decadimento degli anticorpi e sulle re-infezioni, come in Israele dove hanno fatto la terza dose e ora non c’è più un caso”.

La terza dose del vaccino a tutti?

Al momento, secondo Stingi, è ancora presto per dire se la terza dose del vaccino anti-Covid dovrà essere somministrata a tutti. Per ora bisogna continuare a monitorare cosa succede, analizzando i dati di “chi ha una certa età e ha fatto il vaccino da tot mesi”, senza comunque vincolarsi troppo al limite dei sei mesi. Nel momento in cui le persone di una certa età iniziano a re-infettarsi allora bisogna proporre la terza dose anche per loro.

Il sierologico per decidere di vaccinare chi è guarito dal Covid

Lo stesso discorso dell’inutilità del test sierologico per decidere sulla terza dose vale anche per chi ha avuto il Covid-19, è guarito e deve decidere se vaccinarsi. “Assolutamente sì”, risponde Stingi quando gli si chiede se il ragionamento da seguire è lo stesso. Stingi conclude spiegando perché non ci si debba basare sul test sierologico:

I test in farmacia non sono mai affidabili. Se hai avuto la malattia il ragionamento è uguale, anzi hai un rischio ulteriore perché il vaccino interviene sia sugli anticorpi che sui linfociti, mentre chi si ammala non ha la stessa risposta sulle cellule”.

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