Usa in default: così il dollaro può crollare. A vantaggio della Cina

Violetta Silvestri

11 Maggio 2023 - 11:13

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Cosa può succedere al dollaro con un default Usa? Il biglietto verde è minacciato nello status di riserva mondiale e rischia di sconvolgere l’intero sistema finanziario. A tutto vantaggio della Cina.

Usa in default: così il dollaro può crollare. A vantaggio della Cina

C’è molto nervosismo sulla possibilità di un default Usa e ora anche il trono del re dollaro è visto vacillare.

Le analisi sono tutte ipotetiche, ma si rincorrono scenari cupi tra gli analisti, considerando che le parole del Segretario al Tesoro Yellen si fanno ogni giorno più allarmanti: “un fallimento per insolvenza innescherebbe una recessione globale...rischierebbe anche di minare la leadership economica mondiale degli Stati Uniti e solleverebbe interrogativi sulla nostra capacità di difendere i nostri interessi di sicurezza nazionale”. Queste sono state, in ordine cronologico, le ultime dichiarazioni ufficiali.

Già qualche giorno fa Janet Yellen si era pronunciata sull’impatto catastrofico del mancato innalzamento del tetto al debito sul dollaro, asset rifugio e sicuro per eccellenza, oltre che riserva valutaria mondiale. Con un abbassamento del rating Usa, il biglietto verde perderebbe la sua credibilità.

Cosa può davvero accadere al dollaro con un default degli Stati Uniti? Per alcuni analisti sarà crollo e a beneficiarne può essere la Cina: le previsioni.

Default Usa e dollaro: cosa può davvero succedere?

Un default del debito potrebbe minacciare lo status del dollaro come valuta di riserva mondiale. In effetti, con il loro atteggiamento rischioso, i repubblicani del Congresso stanno giocando alla roulette russa con il primato dell’America nel sistema finanziario globale, una posizione privilegiata alla base del nostro tenore di vita e dell’influenza internazionale: questa l’opinione di DiMike Lofgren su The New York Times.

La questione del ruolo del biglietto verde è cruciale. Per gli Usa, ma anche per l’intero sistema finanziario globale. L’ex membro dello staff delle commissioni di bilancio della Camera e del Senato ha spiegato sul giornale statunitense che un default del debito sovrano è allarmante per una serie di turbolenze che innesca: recessione, un calo del dollaro che aumenterebbe ulteriormente l’inflazione tra l’aumento dei tassi di interesse, un crollo delle azioni, un arresto dei pagamenti della previdenza sociale e panico nei fondi del mercato monetario.

Nonostante previsioni da catastrofe, per DiMike Lofgren i repubblicani sembrano prendere in considerazione un altro potenziale scenario: “da quando il presidente Richard Nixon ha svincolato il dollaro dall’oro, i profeti di sventura hanno predetto l’imminente scomparsa del dollaro come valuta di riserva mondiale. Questa profezia si è finora rivelata errata; il dominio del dollaro è appena inferiore a quello che era ai tempi di Nixon, e in realtà ha rafforzato il suo status di rifugio sicuro durante la pandemia”.

Tradotto: vogliono indebolire il biglietto verde. L’analista ha ricordato, però, che avere la valuta di riserva mondiale ha permesso agli Stati Uniti di gestire per decenni un budget molto elevato, scambi di merci e deficit delle partite correnti.

I dollari che fluiscono all’estero come risultato di tali deficit sono necessari ad altri paesi per acquistare materie prime come il petrolio e per condurre altri scambi.

Le nazioni con eccedenze di dollari li “riciclano” come investimenti negli Stati Uniti. Ecco perché New York ha i mercati finanziari più liquidi del mondo. Questi forti mercati a loro volta incoraggiano molte banche centrali estere a detenere i propri asset anche a New York.

Nel commento, l’esperto ha poi aggiunto che Stati avversari come la Cina e la Russia hanno tentato per anni di detronizzare il dollaro come valuta di riserva mondiale, finora con scarso successo. Il fatto che la maggior parte degli accordi finanziari internazionali sia regolata in dollari, proprio come la rete di transazioni internazionali SWIFT è dominata dagli Stati Uniti, rende le sanzioni economiche di Washington contro i regimi canaglia una vera minaccia.

Il predominio del dollaro significa, infatti, che a un certo punto il commercio deve passare attraverso una banca americana. Questo è un modo importante per conferire agli Stati Uniti un enorme potere politico, soprattutto per punire rivali economici e governi ostili.

Perché, allora, la potenziale perdita di status del dollaro porterebbe a un cambiamento epocale? Lo ha chiarito DiMike Lofgren:

“È improbabile che un’inadempienza porti all’istante Armageddon, ma è possibile, forse anche probabile, che contribuisca a un lento disfacimento. Gli investitori stranieri inizierebbero a proteggersi dall’acquisto di debito statunitense, o esplorerebbero l’utilizzo dell’euro o di un paniere di valute stabili. A seguito di un default, gli esportatori di petrolio sarebbero più propensi ad accettare pagamenti in strumenti diversi dai dollari.

E attenzione, in questo scenario, al ruolo della Cina.

Usa in fallimento e dollaro in declino: a vincere è la Cina

Nell’analisi su The New York Times c’è una considerazione lucida: “Gli unici beneficiari del default sarebbero attori avversari come Russia e Cina. Per evitare anche solo la possibilità di questo risultato, il presidente Biden farebbe bene a prendere tutte le misure disponibili per evitare una simile calamità”.

D’altronde si parla già da tempo dei tentativi di de-dollarizzazione. In un estremo scenario della perdita di status del dollaro, secondo alcuni analisti, mentre l’euro ne beneficerebbe come sostituto del biglietto verde in qualità di principale unità di conto mondiale, lo yuan cinese passerebbe al secondo posto.

Se lo yuan dovesse diventare un’unità di conto internazionale significativa, ciò rafforzerebbe la posizione internazionale della Cina sia economicamente che politicamente. Così com’è, la Cina ha lavorato con gli altri Paesi BRIC – Brasile, Russia e India – per accettare lo yuan come unità di conto. Un default degli Stati Uniti sosterrebbe tale sforzo.

Potrebbero non essere soli: di recente, l’Arabia Saudita ha suggerito di essere aperta a commerciare parte del suo petrolio in valute diverse dal dollaro – qualcosa che cambierebbe la politica di vecchia data.

I dati parlano di una piccola rivoluzione in corso: la Cina ha notevolmente aumentato l’uso dello yuan per acquistare materie prime russe nell’ultimo anno, con quasi tutti i suoi acquisti di petrolio, carbone e alcuni metalli dal suo vicino ora regolati nella valuta cinese invece che in dollari, secondo Reuters.

Il passaggio allo yuan per pagare gran parte di un commercio di materie prime di circa 88 miliardi di dollari sulla scia della guerra in Ucraina accelera gli sforzi della Cina per internazionalizzare la sua valuta, anche se si prevede che severi controlli sui capitali limiteranno il suo ruolo globale.

A marzo, lo yuan - noto anche come renminbi - è diventato la valuta più utilizzata per le transazioni transfrontaliere in Cina, superando per la prima volta il dollaro, secondo i dati ufficiali, anche se la sua quota come valuta globale per i pagamenti rimane piccola a 2,5%, secondo SWIFT, contro il 39,4% del dollaro e il 35,8% dell’euro.

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