Trattenuta dallo stipendio per danno provocato dal dipendente: quando è legittima

Simone Micocci

17 Giugno 2022 - 18:45

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Il dipendente deve pagare per un danno provocato all’azienda? In alcune circostanze sì, e il datore di lavoro può rifarsi direttamente sullo stipendio.

Trattenuta dallo stipendio per danno provocato dal dipendente: quando è legittima

Potrebbe succedere che durante lo svolgimento delle proprie mansioni il dipendente provochi un danno all’azienda e che questa pretenda un risarcimento.

A tal proposito, al datore di lavoro è riconosciuta la facoltà, nel rispetto di determinati limiti e procedure, di trattenere direttamente dalla busta paga del dipendente la somma necessaria per il risarcimento del danno subito.

Negli anni la giurisprudenza è intervenuta più volte nel circoscrivere lo spazio entro cui può muoversi il datore di lavoro che intende rifarsi direttamente sul dipendente che ha provocato il danno. Se vi trovate in questa spiacevole situazione e volete capire se effettivamente rischiate un trattenuta dalla stipendio come rimborso del danno da voi provocato, di seguito trovate gli ultimi aggiornamenti sulla materia, una guida utile anche per capire - eventualmente - come difendersi.

Il dipendente che commette un danno deve risarcire il datore di lavoro?

Solo chi fa sbaglia. Può assolutamente capitare di commettere un errore, così come di provocare un danno economico all’azienda durante l’espletamento delle proprie azioni.

Cosa succede in questo caso? Molto dipende dall’azienda, che potrebbe decidere di lasciar correre oppure di essere meno magnanima chiedendo un risarcimento per il danno provocato.

È importante sottolineare, però, che non basta che il dipendente sia stato autore del danno per far scattare l’obbligo di risarcimento. Affinché il datore di lavoro possa rifarsi direttamente sul dipendente, infatti, è necessario che quest’ultimo sia direttamente responsabile del danno, ossia qualora abbia violato le norme di diligenza e correttezza nello svolgimento della prestazione lavorativa fissate dagli articoli 1175, 2104 e 2105 del Codice Civile.

Ricade sul datore di lavoro l’onere della prova, il quale deve dimostrare la responsabilità del dipendente.

A quanto ammonta il risarcimento del danno

Qualora sussistano le suddette condizioni, datore di lavoro e dipendente possono accordarsi sulla cifra del risarcimento, come pure sulle modalità con cui questa sarà corrisposta.

Qualora non dovesse esserci accordo tra le parti, allora il contenzioso potrebbe arrivare di fronte a un giudice che, dopo aver valutato la situazione e le prove a disposizione, stabilirà se effettivamente l’azienda ha diritto al rimborso e se deve essere il dipendente a farsene carico. Con la stessa sentenza il giudice determinerà l’importo e le modalità del rimborso.

A tal proposito, è bene sottolineare la differenza che c’è con il pignoramento dello stipendio. Nel caso del rimborso per danno provocato dal dipendente, infatti, la normativa non fissa alcun limite: eventualmente, quindi, il datore di lavoro può rifarsi sul dipendente fino all’intero valore del danno aziendale.

È importante sottolineare che il datore di lavoro non può mai procedere con la trattenuta in busta paga per libera scelta. O raggiunge un accordo con il dipendente, oppure il tribunale resta l’unica possibilità. E prima di farlo è bene controllare quanto stabilito dal contratto collettivo. Ce ne sono alcuni, infatti, che obbligano il datore di lavoro che vuole ricorrere al giudice a procedere preventivamente con una contestazione disciplinare formale al dipendente.

È il caso, ad esempio, del Ccnl logistica, trasporto merci e spedizioni, che nell’articolo 32 stabilisce l’obbligo per l’impresa di adottare almeno un rimprovero scritto, specificando l’entità del danno, prima di fare ricorso al giudice.

Il datore di lavoro può trattenere il risarcimento dallo stipendio

Sia in caso di accordo tra le parti che qualora sia stato il giudice a decidere in favore dell’azienda, il datore di lavoro potrà rifarsi sul dipendente per mezzo di trattenuta.

La trattenuta potrà avvenire su qualsiasi somma che il dipendente vanta nei confronti del datore di lavoro: stipendi, tredicesima, trattamento di fine rapporto, e altro ancora.

E dal momento che, come visto sopra, non ci sono leggi che fissano un limite alla trattenuta per rimborso danni, può succedere che il dipendente che deve risarcire il datore di lavoro per grosse somme non percepisca lo stipendio fino al saldo del debito.

Tuttavia, va detto che dove non arriva la legge sono intervengono i contratti collettivi. In alcuni, infatti, vengono fissate modalità differenti per il recupero del danno, prevedendo una sorta di rateizzazione e fissando un importo minimo di stipendio che dovrà comunque essere pagato al dipendente.

Come difendersi dalla trattenuta dello stipendio

Se il datore di lavoro effettua una trattenuta dallo stipendio senza prima aver raggiunto un accordo con voi, o comunque senza averne fatto esplicita richiesta al giudice, potete consultare un legale per chiedere come comportarvi.

Ricordate che in ogni caso non siete voi a dover dimostrare di non essere stati causa diretta del danno, visto che l’onere della prova grava sull’azienda.

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