Il trading e il pericolo delle emozioni

David Pascucci

11/10/2022

02/01/2023 - 13:09

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Il trading può essere un’attività che causa molte emozioni, talvolta opposte tra loro, una situazione pericolosa per la buona riuscita delle operazioni.

Il trading e il pericolo delle emozioni

Il trading, soprattutto se svolto in modo professionale, è un’attività paragonabile a quella di qualunque altro professionista, sia esso un avvocato, un ingegnere o un medico. Immaginate se tutte queste professioni fossero caratterizzate da un forte turbinio di emozioni giornaliere, sarebbe praticamente insostenibile a livello sia fisico che mentale, oltre che problematico ai fini dei risultati della professione svolta.

Purtroppo il trading è un’attività che porta a innalzare livelli di sostanze che aumentano il nostro benessere momentaneo e che sono presenti nel nostro corpo come l’adrenalina e la dopamina. Ovviamente, il risvolto della medaglia c’è ed è legato alle sostanze che il nostro corpo produce sotto stress, come il cortisolo, con conseguenze fisiche e psicologiche che possono portare a una sensazione di malessere prolungato. Vediamo insieme ora questo aspetto del trading molto trascurato, che tutti dovremmo sapere.

Trading, cosa succede quando si guadagna

Inutile negare che la maggior parte di coloro che ora fa trading in modo professionale ha già provato quanto stiamo per dire. Il trading, soprattutto in un primo approccio, è un’attività che si inizia spesso con una sensazione euforica, spinti dai lauti guadagni potenziali che si possono fare in “poco tempo”. Una vera e propria illusione che si mescola alla perfezione con il sogno di diventare ricchi e importanti.

Così iniziano i primi trades, operazioni che a posteriori risulteranno poco razionali ma che all’inizio, al di là dei guadagni e delle perdite, ci faranno sentire di stare sulla giusta via per fare molti soldi. Proprio da qui iniziano i primi problemi, o meglio, le prime altalene emotive che l’aspirante trader dovrà affrontare. In estrema sintesi, quando il trader dilettante guadagna è molto contento, conferma la sua euforia iniziale e inizia a perdere il controllo. Arrivano le prime scariche di dopamina dopo le prime operazioni in profitto, e tanto più queste operazioni saranno consecutive, tanto più il trader penserà di essere già sulla giusta strada e di sapere già come fare trading in modo profittevole. Più questo periodo sarà prolungato nel tempo, più il contraccolpo che il trader subirà sarà doloroso e in alcuni casi determinante per lasciare la professione.

In questa fase, quella delle operazioni fatte con successo, il trader entra con molta lentezza in un mondo di false illusioni. La sensazione di euforia iniziale è confermata dal successo delle sue operazioni e questo lo induce a pensare che sia realmente un vincente, un bias cognitivo indotto dalla dipendenza da dopamina. Nei casi più gravi questa situazione può portare a condizioni di dipendenza dal gioco, in quanto i meccanismi emozionali sono molto simili a quelli della ludopatia. Possiamo tranquillamente evincere da ciò che fin quando proveremo stati emozionali simili, saremo ancora lontani dal controllo emotivo che il trader deve avere per reputarsi un professionista.

Trading, cosa succede quando si perde

Immaginiamo la situazione precedente, ossia una lunga serie di trades chiusi con successo. Prima o poi, la dipendenza da dopamina, il bias cognitivo che porta a sopravvalutare le proprie competenze, porta inevitabilmente a una perdita importante che avrà ripercussioni devastanti sia sul piano economico, sia sul piano emotivo. Il trader capisce che non ha il controllo, è sostanzialmente smarrito e capisce che ciò che era prima era puramente una sua illusione. In alcuni casi si va nel panico totale. Questa condizione è molto stressante perché il contraccolpo è immediato e più il trader ha avuto un successo “immeritato”, tanto più stress il suo corpo dovrà subire in quanto di colpo mancherà la dopamina di cui prima era carico. Il corpo produce cortisolo, l’ormone dello stress.

Secondo alcuni studi condotti su operatori di borsa professionisti, si è riscontrato che coloro che avevano livelli di cortisolo elevati erano più stressati e allo stesso “spregiudicati” nelle loro azioni, ossia erano letteralmente fuori controllo. Proprio in questa situazione, il trader dilettante sperimenta i danni che questa attività può portare. Se ne prende coscienza è sulla buona strada per migliorare e proseguire la sua strada per diventare un professionista, ben consapevole che queste situazioni (che si manifesteranno nuovamente in futuro in forma più o meno lieve) servono per trovare contromisure nella sua operatività. Come si può vedere, il trader dilettante è un trader che lega parecchio la sua emotività a quella professionale/lavorativa e pertanto un ritmo del genere non è assolutamente sostenibile nel lungo periodo. Ma qual è la soluzione?

L’emotività del trader professionista

Sembrerà un paradosso, ma un trader professionista non sarà mai in preda a questo tipo di emozioni. L’emotività nel trading è un male assoluto in quanto dannosa per la propria attività ma soprattutto per la propria persona. Un trader professionista non lega il suo mondo emotivo con il mondo lavorativo.

Il processo di pianificazione e il metodo strategico operativo collaudato in anni di esperienza, sono il frutto della difesa del mondo emotivo. In sostanza il costruire il proprio modo di fare trading in modo sistematico e ripetitivo, fa da “porto sicuro” per le emozioni del trader, ossia la pianificazione del proprio lavoro è una difesa contro le emozioni negative. Il trader professionista è tale perché vuole essere lontano da quelle emozioni e per difesa costruisce una sua metodologia operativa che gli permette di non perdere il controllo perché sa che una situazione simile lo porterebbe alla rovina.

In sostanza, lavorare su un piano operativo, con un metodo, con una strategia, rientra nelle soluzioni utili a non ricadere nel turbinio emotivo tipico dei dilettanti. In sostanza, se si vuole scendere da questa altalena emotiva, bisogna vedere altrove, si necessita di una pianificazione della propria attività in base alle proprie inclinazioni di rischio naturali. Qui, il trader dilettante che inizia a misurare e a quantificare le proprie soglie di rischio, in modo onesto e veritiero, potrà già definirsi in parte un professionista, o meglio, si ritrova sulla buona strada per diventarlo.

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