Test sierologico per anticorpi da vaccino Covid: ha senso farlo? Cosa dicono gli esperti

Mario D’Angelo

20 Giugno 2021 - 17:21

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Conviene fare un test sierologico per scoprire il livello di immunità contro il coronavirus in seguito al vaccino anti-Covid? Ecco cosa dicono gli esperti in proposito.

Test sierologico per anticorpi da vaccino Covid: ha senso farlo? Cosa dicono gli esperti

Conviene fare il test sierologico per scoprire quanti anticorpi ha sviluppato il nostro organismo in seguito a vaccino anti-Covid? È la domanda che in questi giorni si stanno ponendo molte persone che vogliono essere sicure di aver davvero sviluppato un’immunità al coronavirus. Altri, invece, vogliono saperlo perché, dopo la prima dose AstraZeneca, vogliono sapere se hanno davvero bisogno di fare il richiamo, che sia con lo stesso vaccino o con uno a mRNA. Prima di procedere al test può essere utile sentire il parere degli esperti.

Cosa può dirci il test sierologico

Con il test sierologico, si può scoprire qual è il livello di anticorpi che il nostro organismo ha sviluppato grazie al vaccino anti-Covid, che sia a RNA messaggero (Pfizer, Moderna) o a vettore virale (Vaxzevria, Janssen). In particolare, gli anticorpi che si vanno a individuare sono gli IgG, quelli che cioè si formano a 15 giorni dall’esposizione dal virus o dall’inoculazione del vaccino.

Un test sierologico, a seconda di dove lo si faccia, costa dai 30 ai 60 euro e non è coperto dal Servizio Sanitario Nazionale.

Rispetto a quelli utilizzati ad inizio pandemia, i test sierologici si sono evoluti e ora sono in grado di indicare il livello di anticorpi sviluppati contro la proteina Spike del coronavirus. L’OMS individua nella soglia di 80 il valore IgG oltre il quale si può parlare di una buona risposta immunitaria. Ma secondo diversi esperti un valore inferiore dopo il vaccino non significa necessariamente non essere immuni.

Test sierologico dopo il vaccino, cosa dicono gli esperti

Il virologo del Policlinico Gemelli, Roberto Cauda, in un’intervista al Giornale, ha spiegato che quando ci si vaccina o ci si ammala si genera una doppia risposta, una corporale e una cellulare, “più difficile da calcolare”. Le cellule immuno competenti, quelle che mantengono la memoria della proteina Spike, potrebbero offrire una protezione sufficiente dal virus anche quando gli anticorpi non sono abbastanza.

Il test sierologico, secondo Cauda, offre insomma “una visione parziale della situazione”.

Il virologo e docente Fabrizio Pregliasco, a tal proposito ricorda che “non c’è ancora un metodo che ufficializza la forza della protezione”. In ogni caso, precisa Pregliasco, è bene fare il test soltanto dopo il richiamo, perché non tutti hanno una risposta in seguito alla prima dose. Quest’ultima, solitamente, si attesta intorno al 40%.

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