Covid, emergenza terapie intensive in queste Regioni: il lockdown l’unica soluzione?

Antonio Cosenza

07/03/2021

21/05/2021 - 11:10

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Terapie intensive in allarme: in undici Regioni superata la soglia d’emergenza del 30%. Sempre più medici invocano un lockdown e nel frattempo le Regioni sospendono interventi chirurgici e le cure non urgenti.

Covid, emergenza terapie intensive in queste Regioni: il lockdown l’unica soluzione?

Terapie intensive in emergenza? In molte Regioni d’Italia sì, tant’è che la Protezione Civile ha riattivato nuovamente la Cross, ossia il sistema di trasporto dei malati da una Regione all’altra. Questa era stata dismessa dopo la prima ondata e durante la seconda non ce n’è stato bisogno in quanto tutte le Regioni sono riuscite a reggere l’urto: non sembra essere così, però, per la terza ondata, in quanto la Cross dal 17 febbraio è già stata utilizzata per spostare 15 pazienti Covid.

E non è un caso che il Governo guarderà alla situazione delle terapie intensive per decidere se approvare o meno un DPCM d’urgenza con il quale introdurre ulteriori restrizioni.

A tal proposito, i dati ci dicono che ci sono Regioni più in emergenza di altre: nel dettaglio, sono 11 le Regioni più a rischio, in quanto hanno superato la soglia di allarme del 30%.

Terapie intensive: quali sono le Regioni a rischio

Nel bollettino di ieri, sabato 6 marzo 2021, è stato confermato l’aumento dei ricoveri che va avanti ormai da qualche giorno. Nella giornata di ieri, infatti, sono stati 214 i pazienti ricoverati in terapia intensiva; al netto delle uscite, ce ne sono 46 in più rispetto al giorno precedente, per un totale di 2.571. Nei reparti ordinari, invece, sono state ricoverate 327 persone, per un totale di 20.701.

Non tutte le Regioni vivono la stessa situazione di rischio, tant’è che - come anticipato - è stato necessario rimettere in moto la Cross per spostare 15 pazienti Covid verso altre Regioni: nel dettaglio, ben 12 persone sono state spostate dal Molise (dove c’è la situazione più drammatica), mentre 2 dall’Umbria e 1 dalle Marche (Lazio e Puglia le Regioni che stanno accogliendo la maggior parte dei trasferiti).

Una situazione che preoccupa, anche perché gli esperti ritengono che nelle prossime due settimane il trend continuerà ad essere in crescita. Non ci saranno miglioramenti, ed è per questo che si stima che già la prossima settimana potrebbe essere superata la soglia di allarme del 30% nelle terapie intensive.

Secondo i dati dell’Agenzia per i servizi sanitari (Agenas) aggiornati al 6 marzo, questa soglia è già stata superata in 11 Regioni e province autonome, quali:

  • Umbria: 59% dei posti letto in terapia intensiva occupati da pazienti con Covid;
  • Provincia autonoma di Trento: 53%;
  • Molise: 49%;
  • Abruzzo: 41%;
  • Lombardia: 40%;
  • Marche: 40%;
  • Provincia autonoma di Bolzano: 37%;
  • Friuli Venezia Giulia: 36%;
  • Emilia Romagna: 36%;
  • Toscana: 32%;
  • Piemonte: 31%.

E non è solo la situazione negli ospedali a preoccupare: a causa dell’aumento repentino dei contagi, infatti, le ASL riescono a ricostruire la catena dei contagi solamente per il 28% dei casi.

Le terapie intensive reggeranno alla terza ondata?

In Italia la terza ondata è ormai arrivata e c’è preoccupazione sulle conseguenze che questa potrà avere sul sistema sanitario. A differenza della prima e della seconda ondata, infatti, questa volta gli ospedali sono già pieni di pazienti con Covid.

Come spiegato a Repubblica da Guido Bertolini, responsabile del coordinamento del PS dell’ospedale Mario Negri di Milano, ad ottobre c’erano 30 o 40 letti di terapia intensiva occupati da pazienti con Covid in tutta la Lombardia; adesso ce ne sono già 350 e questo dato è destinato a salire ancora nelle prossime settimane.

Questo sta comportando, come spiegato da Alessandro Vergallo (presidente dell’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani), un nuovo stop delle operazioni chirurgiche. A tal proposito, Vergallo ha fatto notare che rispetto al marzo scorso c’è stato un “deciso allentamento delle regole”, in quanto la zona rossa di oggi non è confrontabile con il lockdown della prima ondata.

Il virus corre ovunque e di questo passo, conferma Vergallo, ci saranno ulteriori ricoveri nei prossimi giorni con un taglio delle cure non Covid e il ricorso alle strutture private. Lo dimostra, ad esempio, quanto successo in Piemonte, dove con una circolare è stato deciso il blocco di tutte le cure non classificate come urgenti o come brevi.

Vergallo ritiene che l’unica misura in grado di contenere i contagi sarà il lockdown; a tal proposito, il CTS si riunirà nelle prossime ore per decidere cosa fare se la situazione dovesse peggiorare ancora, con la possibilità che tutta Italia passi in zona rossa per un periodo di almeno tre settimane.

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