Salerno-Reggio Calabria: il problema tutto italiano dalle grandi opere pubbliche al taglio dei gas serra

Erasmo Venosi

15 Aprile 2022 - 15:33

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Due studi internazionali analizzano la situazione degli investimenti pubblici in Italia: pratiche corruttive; incremento dei costi rispetto alle previsioni, progetti incompleti. Alcuni degli elementi.

Salerno-Reggio Calabria: il problema tutto italiano dalle grandi opere pubbliche al taglio dei gas serra

Una prova del boicottaggio delle politiche di taglio dei gas serra e, del contrasto agli esiziali effetti dei cambiamenti climatici è rappresentata dal progetto di fattibilità tecnico economico alta velocità, Salerno/Reggio Calabria.

È il riscontro di due studi, uno del Fondo monetario internazionale “The Macroeconomici Effetti of Public Investment: Evidente from Advanced Economies” e, l’altro della Banca Mondiale “The Power of Public Investment Management” nei quali si evidenzia, rispetto agli investimenti pubblici la eccezione italiana in tutto l’occidente di fenomeni di bassa efficienza, evidenziati da: influenza politica nella selezione dei progetti; ritardi nella progettazione e nel completamento dei progetti; pratiche corruttive; incremento dei costi rispetto alle previsioni; progetti incompleti; scarsa qualità delle infrastrutture realizzate e problematiche nella fase operativa delle infrastrutture realizzate.

La qualità degli investimenti pubblici è il problema italiano e ha ampio riscontro nel progetto Salerno/Reggio Calabria che, interessa le valli del Sele, del Tanagro, degli Alburni e del Vallo di Diano allungando rispetto al percorso lungo la costa tirrenica il tracciato di 52 chilometri. I lotti sono classificati da zero a sei.

Nella distorta sequenza logica di chi ha redatto il progetto, si inizia dal lotto 1 e non da quello zero che, dovrebbe interconnettere la linea Milano/ Napoli Afragola con Baronissi da collegare a Salerno e Battipaglia. Il lotto numero 1 Battipaglia/ Romagnano di chilometri 33, su 450 Salerno/Reggio Calabria è realizzato attraverso 18 viadotti, per una lunghezza totale di 6 chilometri, 11 gallerie naturali, per una lunghezza totale di 10 chilometri e 8 gallerie artificiali per una lunghezza totale di 4 chilometri.

Riferendoci ai dati di Italferr, per il tunnel Bologna/Firenze apprendiamo che a chilometro lineare di galleria ferroviaria sono utilizzate 12.400 tonnellate di acciaio. Una tonnellata di acciaio per essere prodotta richiede un TEP (tonnellata equivalente di petrolio), che genererà una quantità di CO2 dipendente dal mix energetico.

Nella relazione generale viene calcolata la carbon footprint (emissioni gas serra espressi in termini di CO2 equivalenti) e calcolata su tutte le fasi di realizzazione: dalla estrazione, alla cantierizzazione, alla realizzazione si producono 332.000 tonnellate di diossido di carbonio (considerati marginali gli altri gas serra). Un paese che deve tagliare al 2030 circa 286 milioni di tonnellate di gas serra espressi, in termini di CO2 equivalenti.

Non so con quale faccia si parla di sviluppo sostenibile, di transizione ecologica. Si ha l’impudicizia di scrivere nei documenti di progetto che, il tracciato è compreso nel corridoio infrastrutturale Ue, Scandinavo/ Mediterraneo delineato chiaramente nel Regolamento Ue 1351 del 2013 sulla rete Trans Europe Network: corridoio coincidente con il tracciato lungo la costa tirrenica. Inaccettabile che una S.p.a. come le Fs, ad azionista unico (il Mef) disapplicano un Regolamento comunitario che nella gerarchia delle fonti è dopo il Trattato Ue.

Dà fastidio che l’itinerario lungo la direttrice tirrenica costa molto di meno e, si realizza in tempi relativamente brevi? Una soluzione progettuale enormemente meno impattante. Un tracciato invece quello prescelto frutto di analisi che attraverso modelli logico matematici (algebra del continuo o del discontinuo) consentono di scegliere tra alternative.

Il tracciato prescelto interessa zone sismiche classificate “1” e “2” ovvero sismi devastanti. Nel parere del CSLP per la linea va Brescia/ Verona che attraversa comuni a basso rischio sismico (classificazione “3” e “4”) si richiama alla necessità della riprogettazione perché Italferr aveva utilizzato vecchie Norme Tecniche Costruttive (Parere CSLP).

Nella Sintesi non tecnica del lotto 1 A, ci sono zero riferimenti al rischio sismico. L’escavazione di gallerie produrrà 18 milioni di metri cubi di materiale. L’attraversamento di Eboli comporta l’espropriazione di 239 soggetti, l’abbattimento di 50 tra residenze abitative e industriali e una vera e propria “espulsione coatta” di 120 famiglie remunerate con una indennità di esproprio offerta e pari all’1,32% del costo di investimento (teorico) del lotto 1 A.

A Eboli non è finita perché si verifica l’assurdo procedimentale di un progetto che contravviene alla direttiva Seveso 3, attraversando il territorio di una società Italgas sottoposta ai rigidi vincoli della direttiva sul rischio di incidente rilevante. Una scelta progettuale di inaudita gravità. Siamo all’assurdo rappresentato da un’area di pertinenza della nuova linea AV, interesserà il territorio della società Italgas attraversando le classificate “aree di danno” (DM Ambiente “Criteri di analisi e valutazione dei rapporti di sicurezza relativi ai depositi di gas e petrolio liquefatto “del maggio 1996).

Vicenda che definirla incredibile, non rende affatto l’idea della gravità. Infine si sottopone ad Analisi Costi Benefici il progetto derivandone un valore positivo (VAN scontato al 3,5%) sui desiderata dello “shift modale” o “diversione modale “che consiste nel “catturare” passeggeri dall’aereo e merci dalla gomma. Non un chilo di merce è transitato in 12 anni sulle linee alta velocità. La prova i dati del Conto Nazionale dei Trasporti e della Logistica edito annualmente dal Ministero delle Infrastrutture.

I volumi di merce trasportati in treno erano pari a 24,3 miliardi di tonnellate per km nel 2001, 11.957 nel 2015 e 10.671 nel 2019. Elencano posti di lavoro che saranno creati senza alcuna analisi a valore aggiunto e, utilizzando parametri buoni per grandi opere e piccole opere: le prime ad alta intensità di capitale e basso apporto di forza lavoro, il contrario le seconde. Un disastro con assenza di analisi sulla domanda di trasporto, ritorno dell’investimento, e un’analisi costi benefici che non misura il moltiplicatore perché per questo ci vuole il moltiplicatore aggregato. Invece crescita di Pil e posti di lavoro diventano lo specchietto delle allodole per intercettare consensi da cittadini e amministratori creduloni.

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