Rimborso spese forfettario, cos’è e come richiederlo

Caterina Gastaldi

9 Agosto 2022 - 11:59

condividi

Per i dipendenti e i collaboratori delle imprese i rimborsi spese sono parte della normalità, di seguito una breve riguardo quello forfettario.

Rimborso spese forfettario, cos’è e come richiederlo

Il rimborso forfettario è una delle tre tipologie di rimborso disponibili per i dipendenti e i collaboratori delle aziende. Si tratta di una somma fissa che viene erogata per ogni giorno di trasferta, indipendentemente dalla spesa effettivamente sostenuta dall’interessato.

Tra tutte le forme di rimborso, quella forfettaria è sicuramente la più immediata, sia per il dipendente, sia per il datore di lavoro, proprio per la possibilità di stabilire una quota fissa da ricevere in compensazione. Entro certi limiti, inoltre, questa tipologia di rimborso è anche esclusa sia dall’imposizione fiscale, sia da quella contributiva. I limiti, in questo caso, variano a seconda che la trasferta del dipendente avvenga sul territorio italiano oppure estero.

Tipologie di rimborso spese

I datori di lavoro possono scegliere tra tre tipologie di rimborso spese per i propri dipendenti. A seconda della situazione, sia dell’azienda, sia del lavoratore, una può essere preferibile all’altra, e per quanto tutte abbiano lo stesso scopo, ovvero quello di rimborsare i dipendenti delle spese sostenute durante i periodi di trasferta lavorativa, seguono anche regole differenti.

I rimborsi spese, in breve, vengono suddivisi nelle tre seguenti tipologie:

  • rimborso spese forfettario, che prevede che datore di lavoro e dipendente concordino la somma da ricevere, giornalmente, in anticipo;
  • analitico o a piè di lista, situazione in cui vengono restituite tutte le spese anticipate durante la trasferta, che dovranno essere attentamente documentate;
  • rimborso misto, che prevede una compensazione analitica delle spese affrontate in trasferta oltre ad un’indennità forfettaria.

Come funziona il rimborso spese forfettario

Nel momento in cui l’azienda o il datore di lavoro concordano con il dipendente una quota fissa per il periodo trascorso in trasferta per motivi di lavoro, si parla di rimborso spese forfettario.

Solitamente la cifra concordata varia a seconda che la trasferta venga effettuata in Italia o all’estero, e non tiene conto delle spese effettivamente sostenute dal dipendente. Questo significa che il dipendente non dovrà consegnerà scontrini o ricevute per poter ricevere indietro quanto speso, ma riceverà quanto precedentemente stabilito, indipendentemente dall’entità delle spese effettive.

Nel caso in cui si spenda più di quanto concordato in compensazione, non sarà possibile recuperare i costi extra sostenuti, a meno che non siano stati presi accordi specifici con il datore di lavoro. È quindi preferibile non superare la quota stabilita, per evitare perdite personali.

Tassazione del rimborso spese forfettario

Secondo quanto stabilito dall’art. 51 Tuir, l’indennità percepita dai dipendenti o dai collaboratori per le trasferte a scopo lavorativo è esclusa dall’imponibile fiscale a patto che non vengano superate le seguenti soglie, ovvero:

  • un importo giornaliero per il rimborso spese forfettario non superiore a 46,48 euro per le trasferte in Italia;
  • un importo elevato a 77,47 euro giornalieri per le trasferte al di fuori del territorio italiano.

Tenendo conto di questo, è importante che il dipendente presti attenzione alla tipologia di rimborso concordato con il proprio datore di lavoro, poiché, al contrario di quello forfettario, quello analitico non concorre mai alla formazione del reddito imponibile, a patto che ogni spesa venga comprovata da scontrini o fatture, e idoneamente documentata.

Nel momento in cui l’impresa sceglie la tipologia di rimborso da utilizzare per una trasferta, questo deve essere uguale per tutte le persone coinvolte. Non si ha quindi la possibilità di utilizzare criteri diversi a seconda del singolo richiedente.

Per quel che riguarda le aziende, non hanno limiti di deducibilità per i rimborsi forfettari, potendo quindi tranquillamente utilizzare soglie maggiori rispetto a quelle presentate in precedenza, che sono indicative solo per quel che riguarda l’imponibilità fiscale per i riceventi.

Come richiederlo

Le modalità di richiesta sono svariate e possono essere differenti tra loro. Solitamente il metodo di invio della richiesta di rimborso viene concordato in anticipo con l’azienda o il datore di lavoro.
Alcune possibili opzioni sono, per esempio:

  • fisicamente per iscritto, in questo caso diventa necessario preparare una richiesta scritta, possibilmente in duplice copia, così da poterne tenere una per sé;
  • attraverso i sistemi gestionali dell’azienda, se disponibili. Questa modalità è quella utilizzata più di frequente e ha reso obsolete le altre;
  • attraverso l’invio di una raccomandata A/R.

Ormai la maggior parte delle aziende si appoggiano ai sistemi gestionali, proprio per semplificare questo processo e renderlo più agile e veloce, evitando ritardi.

Come avviene il rimborso

Salvo accordi differenti, il rimborso avviene direttamente nella prima busta paga utile. Questo significa che un rimborso richiesto a metà gennaio probabilmente sarà incluso direttamente nella busta paga successiva.
Se i limiti previsti dall’azienda per il rimborso spese forfettario non superano quelli precedentemente citati, inoltre, la quota ricevuta non concorre alla determinazione del reddito ai fini Irpef, essendo quindi esentati dalla tassazione ordinaria che viene invece applicata alle altre voci della busta paga.

L’utilizzo di questa tipologia non comporta alcun svantaggio fiscale per il dipendente, mentre l’azienda dovrà scegliere quale tipologia di rimborso utilizzare anche valutando gli importi effettivi delle spese. Potrebbe essere più conveniente, a seconda del tipo di trasferta, preferire una modalità invece che un’altra.

Iscriviti a Money.it