Reddito di cittadinanza, attenzione alle dimissioni: ecco cosa si rischia

Antonio Cosenza

18 Dicembre 2019 - 12:00

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Reddito di cittadinanza: le dimissioni dal posto di lavoro possono portare a conseguenze molto gravi. Se non comunicate correttamente all’Inps si rischia persino il carcere.

Reddito di cittadinanza, attenzione alle dimissioni: ecco cosa si rischia

Ai fini del reddito di cittadinanza la legge punisce - forse anche troppo - coloro che presentano dimissioni dal posto di lavoro, eccetto il caso di dimissioni per giusta causa.

Il decreto 4/2019 originariamente escludeva dalla possibilità di beneficiare del reddito di cittadinanza tutti quei nuclei familiari con uno o più componenti disoccupati a seguito di dimissioni volontarie nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni.

Questa disposizione è stata resa poi meno severa con la conversione in legge del decreto, poiché - come spiegato dall’Inps nella circolare 100/2019 - è stato deciso che nel caso in cui ci siano componenti soggetti disoccupati a seguito di dimissioni volontarie questi vengono esclusi dal parametro di scala di equivalenza, con la possibilità per il nucleo familiare di richiedere comunque il beneficio.

Prendiamo come esempio un nucleo familiare composto da due adulti e due minori, dove uno dei maggiorenni ha presentato dimissioni dal lavoro negli ultimi dodici mesi antecedenti alla data della domanda. In questo caso il parametro di scala di equivalenza - utile ai fini del calcolo dell’importo - sarà pari a 1,4 (anziché a 1,8). Anche il sostegno economico, quindi, sarà più basso.

La stessa sanzione si applica per i nuclei familiari dove uno o più componenti presentano dimissioni durante il periodo di fruizione del reddito di cittadinanza.

Il problema è che molti beneficiari del reddito di cittadinanza spesso dimenticano di comunicare all’Inps le dimissioni (di seguito vi spiegheremo come fare), con il rischio di incorrere in sanzioni molto severe. A tal proposito è importante fare chiarezza su un fattore determinante: tutte le dimissioni sono punite con l’esclusione dal parametro di scala di equivalenza, eccetto quelle per giusta causa.

Dimissioni e reddito di cittadinanza: facciamo chiarezza

Il consiglio che diamo a tutti i beneficiari del reddito di cittadinanza - così come alla generalità dei lavoratori - è di ricorrere alle dimissioni volontarie solo per extrema ratio. Anche perché - ricordiamo - queste non solo abbassano l’importo del reddito di cittadinanza ma precludono anche la possibilità di richiedere l’indennità di disoccupazione Naspi.

La legge considera le dimissioni tutte allo stesso modo, eccetto quelle per giusta causa che invece non hanno conseguenze negative per il lavoratore.

Ciò significa che non vi è alcuna eccezione per coloro che si dimettono per cambio lavoro: ad oggi, anche la riassunzione immediata, infatti, viene punita con l’esclusione del componente del nucleo familiare dal calcolo del beneficio.

Lo stesso vale per le dimissioni continue, ossia quando un lavoratore viene “costretto” a dimettersi da un’azienda per essere assunto sostanzialmente dalla stessa ma con un’altra intestazione. Magari questo non dà peso alle dimissioni perché nella sostanza non ha mai cessato di andare a lavoro, ma ai sensi della normativa le dimissioni si considerano come tali e quindi danno luogo alle “sanzioni” previste ai fini del RdC.

All’inizio di questo articolo abbiamo detto che la normativa vigente forse punisce “troppo severamente” coloro che presentano le dimissioni; questo proprio perché non viene fatta un’analisi della motivazione che ha portato il lavoratore a dare le dimissioni, non contemplando la possibilità che questo l’abbia fatto semplicemente per poter accettare una nuova offerta di lavoro (che può essere persino più vantaggiosa economicamente).

Ad oggi la riassunzione subito dopo le dimissioni non ha alcun valore: le dimissioni, infatti, vengono considerate comunque escludendo - per i dodici mesi successivi - il lavoratore dimissionario dal calcolo del reddito di cittadinanza.

Dimissioni dal lavoro: cosa fare?

Visto quanto appena detto, qualsiasi dimissione (eccetto quelle per giusta causa) va comunicata all’Inps. Ci sono due modi differenti per farlo a seconda del periodo a cui queste risalgono:

  • se le dimissioni sono antecedenti alla domanda - tenendo conto di un arco temporale di dodici mesi - bisogna comunicarle nel modello con cui si fa richiesta del beneficio (SR180), precisamente nel Quadro F;
  • se le dimissioni sono successive alla domanda va presentato - entro 30 giorni dall’evento - il modulo RdC Com-Esteso, ricorrendo ai servizi offerti da CAF e patronati.

Attenzione a non dimenticare di farlo: la legge, infatti, prevede che l’omessa comunicazione di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio è punita con la reclusione da uno a tre anni, oltre alla decadenza del reddito di cittadinanza e alla restituzione degli importi percepiti indebitamente.

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