Stalking: anche le molestie indirette costituiscono reato

Antonella Ciaccia

20/07/2022

20/07/2022 - 11:00

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Anche le condotte moleste che il persecutore mette in atto tramite persone vicine alla vittima integrano il reato di stalking. Per la Cassazione si crea «un grave e perdurante stato di paura».

Stalking: anche le molestie indirette costituiscono reato

Anche le molestie indirette integrano il reato di stalking. Nel caso affrontato dalla Corte Suprema si rileva che anche le molestie messe in atto tramite altre persone fanno scattare il reato ex articolo 612 bis del Codice penale. Il pressing insostenibile, esercitato dall’oppressore sulle persone vicine alla vittima, integra comunque il delitto di atti persecutori.

Nella sentenza 26456/22, pubblicata dalla quinta sezione penale della Cassazione, viene affrontato il tema del cosiddetto stalking indiretto o per interposta persona.

Ricordiamo che per configurarsi il reato di stalking sono sufficienti anche soltanto due condotte moleste o minacciose, purché siano reiterate e in grado, alternativamente, di creare un grave e perdurante stato d’ansia nella vittima e provocare timore per l’incolumità propria o dei propri familiari, o costringere la vittima a cambiare le proprie abitudini di vita.

Nel caso in esame, la vicenda processuale si muove intorno agli atti persecutori e alle insistenze oppressorie che un uomo ha esercitato sulla migliore amica della ragazza individuata da questo come oggetto del suo desiderio.

Approfondiamo il caso e le motivazioni che hanno portato la Cassazione ad accogliere il ricorso della parte civile.

Il reato di stalking cos’è?

Il reato di stalking, previsto dall’articolo 612-bis del Codice penale, punisce con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chi attui condotte reiterate di minaccia o molestia su qualcuno, in modo da generare in esso un continuo e grave stato di ansia o paura, o un fondato timore per l’incolumità propria o dei suoi cari tanto da fargli cambiare abitudini di vita.

Pena più alta se si bersaglia il coniuge, anche separato o divorziato, una persona con cui si è o si è stati legati sentimentalmente, minori, donne incinte, disabili o se si usino mezzi informatici, telematici, oppure armi o travisamenti.

A segnare i confini del reato di stalking è la giurisprudenza. Il punto chiave è la prova di uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma.

Stalking indiretto o per “interposta persona”

Si parla di “stalking per interposta persona” o di “stalking indiretto” quando il reo opera con molestie su una persona diversa dalla vittima, avendo però questa come obiettivo ultimo.

Un classico esempio può essere quello di un uomo che perseguiti una donna senza avere contatti diretti con lei, ma con persone a essa vicine.

Lo stalking per interposta persona è caratterizzato dal fatto dunque che le molestie vessatorie non vengono rivolte direttamente alla vittima ma ad altri soggetti, con l’intento però di perseguitare essa stessa.

La vicenda processuale

Su questo argomento è intervenuta la Cassazione: nel caso qui approfondito, il ricorso proposto dalla vittima è stato accolto contro le conclusioni del sostituto procuratore. Il giudizio prosegue in sede civile, perché viene annullata l’assoluzione pronunciata sul punto dalla Corte d’appello.

La Corte di Appello difatti conferma la condanna dell’imputato per il reato di atti persecutori, ma in riforma della decisione di condanna di primo grado lo assolve dal reato di atti persecutori commessi nei confronti di un altro soggetto, revocando le statuizioni civili. L’assoluzione si basava sulla assenza del requisito della reiterazione della condotta.

Nello specifico, l’uomo, in secondo grado è stato condannato soltanto per gli asfissianti messaggini e vocali WhatsApp all’amica del cuore della parte civile e a un’altra ragazza.

L’imputato ricorre in Cassazione invocando le attenuanti generiche.

La parte civile invece denuncia l’erronea applicazione della norma che contempla il reato di atti persecutori e contesta il mancato riconoscimento del requisito della reiterazione, perché dalla motivazione della sentenza in realtà tale requisito emerge eccome.

Con messaggini, telefonate, ritorno sulla pagina Facebook della vittima e continue richieste di amicizia, oltre a contatti indiretti anche tramite l’amica intima di questa e continue molestie e minacce in più episodi, anche oggetto di denunce, si evidenziano, secondo la parte civile, ovvi episodi reiterati.

La pronuncia della Cassazione: stalking anche per le condotte “indirette”

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso dell’imputato, mentre ritiene fondato il ricorso presentato della parte civile in relazione all’assoluzione del persecutore.

Nella persona offesa le continue molestie avevano causato «un grave e perdurante stato di paura», che è uno dei presupposti alternativi richiesti dalla norma incriminatrice per la configurabilità del reato, accanto all’alterazione delle abitudini di vita della vittima.

Pertanto possono considerarsi rilevanti anche comportamenti indirizzati soltanto in modo indiretto contro la persona offesa. Questo perché il persecutore agisce nella convinzione che la vittima ne sia poi informata

Alla luce di questa sentenza, deve ritenersi che lo stalking indiretto costituisca reato se è in grado di produrre concretamente i suoi effetti negativi sulla vittima.

Dunque, le conseguenze tipiche dello stalking, come il grave e perdurante stato d’ansia, o il timore per l’incolumità propria o altrui e l’alterazione forzata delle abitudini di vita devono sussistere anche quando le molestie sono indirette.

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