Pensione, requisiti 2023: quanti anni e contributi servono per andarci

Simone Micocci

9 Febbraio 2023 - 11:27

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Guida alla pensione nel 2023: a che età e con quanti anni di contributi è possibile smettere di lavorare quest’anno? Facciamo chiarezza su tutte le opzioni di pensionamento possibili.

Pensione, requisiti 2023: quanti anni e contributi servono per andarci

Andare in pensione nel 2023 potrebbe essere più semplice per alcuni e più complicato per altri. Con l’ultima legge di Bilancio, infatti, sono state introdotte nuove misure di flessibilità - vedi Quota 103 - che consentono di anticipare l’accesso alla pensione di qualche anno, mentre altre misure - come Opzione donna - pagano la decisione del governo di limitarne i costi riducendo la platea dei potenziali beneficiari.

Alla luce delle ultime novità, quindi, bisogna aggiornare il novero delle opzioni per andare in pensione, facendo chiarezza su quanti anni di età e contributi servono per smettere di lavorare già quest’anno.

A tal proposito, in questa guida risponderemo ad alcune delle domande più comuni tra coloro che cominciano a pianificare la loro uscita dal lavoro: ad esempio, a quanti anni si può andare in pensione, oppure qual è il minimo di contributi richiesto.

Ricordiamo che per la maggior parte delle misure bisogna guardare ancora a quanto previsto dalla legge Fornero del 2011, in quanto si tratta della normativa di riferimento per quanto riguarda le regole per il pensionamento. Negli anni sono intervenute altre leggi che hanno reso maggiormente flessibile l’accesso alla pensione, tuttavia la platea dei beneficiari di queste opzioni, come approfondiremo di seguito, è piuttosto ristretta.

Vediamo dunque quali sono i requisiti aggiornati al 2023, anno in cui fortunatamente è stato evitato l’adeguamento con le speranze di vita (visto che la variazione registrata è stata negativa) che ne avrebbe comportato un aumento dell’età pensionabile.

La legge Fornero

Partiamo dall’analizzare i requisiti di accesso alla pensione secondo quanto stabilito dalla riforma Fornero. A tal proposito, ricordiamo che le regole per il pensionamento dipendono anche dal regime di appartenenza: ad esempio, per chi non ha contributi versati prima del 31 dicembre 1995, i cosiddetti contributivi puri, ci sono dei requisiti differenti rispetto a chi invece rientra nel calcolo retributivo o misto.

Requisiti che nel 2023 non cambiano, poiché come anticipato non ci sarà alcun adeguamento con le aspettative di vita, come invece era in programma; questo perché il Covid ha ridotto le aspettative di vita, evitando così il rialzo dell’età pensionabile come era stato inizialmente previsto (si parlava di un incremento di 3 mesi). Per questo motivo, anche nel 2023 per andare in pensione serve soddisfare i seguenti requisiti:

  • 67 anni di età e 20 anni di contributi per la pensione di vecchiaia. I contributivi puri devono soddisfare un altro requisito per accedere alla pensione di vecchiaia, in quanto l’importo della pensione maturato non deve essere inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale. Quindi, dal momento che il suo importo nel 2023 è pari a 503,27 euro al mese, ne risulta che per l’accesso alla pensione di vecchiaia un contributivo puro deve aver maturato un assegno mensile di almeno 754,90 euro (lordi);
  • 64 anni di età, 20 anni di contributi e un assegno pari o superiore a 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale per la pensione anticipata contributiva, anche questa riservata a chi non ha contributi versati prima del 1° gennaio 1996. Per poter accedere a tale opzione, quindi, nel 2023 bisogna aver maturato un importo di pensione non inferiore a 1.409,15 euro;
  • 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne per l’accesso alla pensione anticipata.

Ci sono poi delle misure di flessibilità: ad esempio, a chi rientra in una delle tre deroghe Amato è consentito accedere alla pensione di vecchiaia con 15 anni di contributi anziché 20, mentre ai lavoratori precoci - come vedremo di seguito, sono sufficienti 41 anni di contributi per la pensione anticipata.

Quota 41 precoci

A poter anticipare il pensionamento sono i lavoratori precoci, ossia coloro che entro il compimento dei 19 anni potevano vantare già 12 mesi di contributi. Questi, infatti, possono andare in pensione grazie alla cosiddetta Quota 41 (o anche pensione anticipata precoci) per la quale non si guarda all’età ma solo ai contributi: nel dettaglio, indipendentemente dall’età anagrafica, si può andare in pensione una volta maturati 41 anni di contributi.

Tuttavia, tale opzione non è per tutti. Come prima cosa ne sono esclusi coloro che non hanno contributi maturati prima del 31 dicembre 1995, ossia tutti i contributivi puri. Inoltre, l’accesso a Quota 41 è limitato ai cosiddetti fragili, ossia a chi fa parte di una delle seguenti categorie:

  • disoccupati di lungo periodo;
  • invalidi almeno al 74%;
  • caregivers;
  • addetti a mansioni usuranti.

Da tempo si parla della possibilità di estendere a tutti l’accesso a Quota 41, così da superare quanto stabilito dalla legge Fornero per la pensione anticipata, ma a oggi non ci sono novità in merito in quanto il confronto per la riforma delle pensioni 2024 è ancora in corso.

Ape sociale e Opzione donna

Due misure confermate dalla legge di Bilancio 2023 sono l’Ape Sociale e Opzione Donna.

La prima, in scadenza il 31 dicembre 2022, viene prorogata per tutto il 2023. Ciò significa che i fragili - categoria di cui fanno parte i disoccupati, gli invalidi, i caregiver e i lavoratori addetti a mansioni usuranti - potranno continuare ad andare in pensione a 63 anni, a fronte di almeno 30 anni di contributi (36 anni nel caso degli usuranti, 32 per i lavoratori dell’edilizia).

Va detto che non si tratta di una vera e propria “pensione”: con l’Ape sociale, infatti, si percepisce un’indennità sostitutiva della pensione, la quale viene finanziata direttamente dallo Stato. Per chi decide di aderire al cosiddetto anticipo pensionistico, quindi, non ci sono penalizzazioni sull’assegno.

Diverso il caso di Opzione donna, che invece è una vera e propria forma di pensionamento. Per Opzione donna la legge di Bilancio 2023 sposta la scadenza entro cui bisogna soddisfare i requisiti per accedervi, portandola dal 31 dicembre 2021 al 31 dicembre 2022. Tuttavia, viene apportato anche un cambio dei requisiti, in quanto viene stabilito che tanto le lavoratrici dipendenti quanto le autonome possono andare in pensione a 60 anni (mentre prima il limite era di 58 anni per le dipendenti e 59 anni per le autonome).

Il limite si riduce di un anno, fino al raggiungimento dei 58 anni, per ciascun figlio. Quindi, possono accedere a Opzione donna a 58 anni solamente le nate entro il 1964 che hanno almeno due figli.

E non è tutto, perché la manovra introduce ulteriori paletti stabilendo che Opzione donna è riservata solamente ad alcune categorie. Nel dettaglio, vi possono accedere le lavoratrici che oltre a soddisfare il requisito anagrafico (60 anni, ridotti fino a 58 anni) e contributivo (35 anni) rientrano in una delle seguenti categorie:

  • caregivers, ossia chi assiste una persona con grave disabilità da almeno 6 mesi;
  • invalide civili almeno al 74%;
  • licenziate da aziende in crisi, per le quali il diritto a Opzione donna si matura comunque all’età di 58 anni, indipendentemente dalla presenza di figli.

Quota 103

Novità assoluta per il 2023 è Quota 103, misura dove il diritto alla pensione si matura a 62 anni, a fronte però di almeno 41 anni di contributi. Tuttavia, per chi sceglie di aderire a tale misura la pensione liquidata non potrà superare di 5 volte il trattamento minimo, quindi poco meno di 2.700 euro.

Semmai dovesse essere più alta, l’importo restante verrà liquidato solo una volta raggiunti i requisiti per la pensione anticipata o di vecchiaia. Fino al compimento dei 67 anni, inoltre, vi è il divieto di cumulare i redditi da pensione con quelli provenienti da attività lavorativa, con l’eccezione dell’attività di lavoro occasionale entro il limite dei 5.000 euro l’anno.

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