Riprese video senza consenso: quando è reato e cosa fare

Francesca Nunziati

26 Settembre 2022 - 16:12

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In alcuni casi, riprendere una persona di nascosto costituisce una violazione delle norme sulla privacy e, dunque, questa condotta integra un reato. In alcuni casi è consentito. Vediamolo insieme.

Riprese video senza consenso: quando è reato e cosa fare

Essere in possesso di dispositivi di registrazione audio e video non è reato e neanche il loro utilizzo in strada o nei luoghi dove ci rechiamo ma le registrazioni devono contenere la persona che le effettua. Installare una telecamera o un registratore audio in un ufficio e lasciarlo in funzione senza la nostra presenza e successivamente andare a riprenderlo per estrarne i file registrati non è consentito, in quanto le registrazioni presenti nei dispositivi non includono la persona responsabile delle registrazioni.

Si può affermare che una ripresa fatta con una microspia video, uno smartphone Android o Apple o altro mezzo è consentita se chi registra è fisicamente presente. Si possono, altresì, fare video di nascosto un luogo aperto al pubblico, con lo scopo di documentare un reato, effettuare una denuncia con prova video o tutelare un proprio diritto. È vietato fare video di nascosto per diffamare qualcuno o commettere altri reati, ma è possibile registrare filmati di nascosto nella propria abitazione, nella propria automobile, nel proprio studio.
Cerchiamo di dare delle linee guida per comprendere meglio la fattispecie.

Il consenso

Nel caso di riprese video, occorre distinguere le varie fattispecie, anche perché non sempre è necessario acquisire il consenso soggetto ripreso.

Iniziamo con il dire che non è mai richiesto il consenso del soggetto ritratto, se maggiorenne, nei seguenti casi:

  • nel caso in cui il protagonista del video sia un personaggio pubblico o un soggetto che riveste un ufficio pubblico;
  • quando la pubblicazione sia connessa a finalità di giustizia, di polizia, scientifiche, culturali o didattiche;
  • quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico.

Al di fuori di queste fattispecie, il soggetto ripreso deve sempre prestare il consenso, il quale può essere prestato sotto forma di rilascio di una liberatoria scritta, sempre revocabile, oppure anche mediante la registrazione, all’inizio della ripresa, della volontà di acconsentire alla pubblicazione e alla divulgazione del video.

Per quanto riguarda la divulgazione di video aventi come soggetti persone minorenni, ovviamente, occorrerà il consenso dei genitori o di colui che esercita la responsabilità genitoriale sul minore. Ovviamente, i video a sfondo sessuale che ritraggono minori sono vietati e la loro divulgazione costituisce reato, anche se vi sia il consenso del minore stesso e dei genitori, o di colui che esercita la responsabilità genitoriale sul minore stesso.

Registrazione e intercettazione

Prima di tutto è doveroso evidenziare la differenza tra registrazione e intercettazione: la legge consente alle persone solamente di registrare una conversazione tra più persone purché, chi registra, sia presente per tutta la durata del colloquio, poiché, in caso di sua assenza, si parla di intercettazione che invece è vietata (è consentita solamente all’Autorità giudiziaria per l’accertamento dei reati).

Pertanto, se una persona intende procurarsi, ad esempio, una confessione di un debito, la prova di un tradimento o quant’altro, la medesima dovrà necessariamente essere presente al momento della registrazione, altrimenti scatta il reato previsto dall’art. 617 bis c.p. (Installazione di apparecchiature atte a intercettare o impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche), che prevede la reclusione da uno a quattro anni per colui che «installa apparati, strumenti, parti di apparati o di strumenti al fine di intercettare o impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche tra altre persone».

Non è possibile filmare di nascosto un professionista nel proprio studio o utilizzare il registratore in un ufficio privato che non sia aperto al pubblico. Ciò significa che non si possono fare video al medico o all’avvocato mentre ricevono i clienti, ma si può utilizzare il registratore audio/video in un centro commerciale, in quanto si tratta di un luogo privato aperto al pubblico.

Non si può riprendere il collega o il datore di lavoro, come pure non è ammesso filmare di nascosto una persona qualora lo scopo sia quello di deriderla, ad esempio, pubblicando il file sui social network in modo che lo stesso sia condiviso da altre persone.

Infine, non è consentito filmare la strada pubblica dove passano le persone, neppure se il fine è una videosorveglianza per proteggersi dai ladri.

Sono invece sempre consentiti i video fatti di nascosto a una persona con il solo fine di acquisire la prova di una conversazione. Ciò significa che è possibile usare il registratore audio/video in strada, al bar, al ristorante, ecc., purché i file non vengano inoltrati a terze persone.

Dunque, il fine della registrazione deve essere esclusivamente la tutela di un diritto e non diffamare in pubblico una persona. Ad esempio, è vietato riprendere di nascosto una persona per strada mentre sta commettendo un reato soltanto allo scopo di inoltrare il file ai propri contatti social. Si potrà invece utilizzare la documentazione per presentare un esposto alle forze dell’ordine.

Inoltre, chi fa il video deve essere sempre fisicamente presente all’atto della registrazione: dunque, non è consentito lasciare una videocamera aperta e raggiungere un altro luogo, suscitando nei presenti la convinzione di non essere sentiti per indurli a rivelare dei segreti.

La giurisprudenza

L’art. 615-bis del Codice Penale punisce con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procuri indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolta presso un’abitazione o presso altro luogo di privata dimora.

Secondo l’interpretazione tradizionale della Cassazione, non occorre il consenso della persona ripresa, purché il soggetto che effettua la registrazione sia lecitamente presente nella privata dimora e “partecipi” a tali momenti di vita privata (si veda la sentenza di Cassazione penale Sez. V del 28/11/2007, n. 1766 e la sentenza di Cassazione Penale Sez. 5, n. 36109 del 14/05/2018). In quest’ultimo caso veniva ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 615-bis c.p. il marito che aveva ripreso di nascosto la moglie nuda in bagno e in camera da letto senza essere presente; il mero fatto di abitare insieme non escludeva il diritto alla riservatezza della moglie, che non aveva voluto “condividere” tali momenti con il marito.

Con una pronuncia del 2018, la Sezione Quinta Penale ha inaugurato un nuovo filone interpretativo, giungendo a conclusioni diametralmente opposte (Cass. pen. Sez. V, Sent., ud. 20-12-2018, dep. 27-03-2019).

Nel caso esaminato l’imputato era accusato di intrusione illecita nella vita privata nei confronti dell’allora fidanzata quindicenne per aver ripreso a insaputa della stessa i loro rapporti intimi e divulgato i video in seguito all’interruzione della relazione.

I Giudici hanno rigettato il ricorso del ragazzo, ritenendo che l’aver realizzato le riprese all’insaputa della compagna fosse sufficiente a qualificare il fatto come “indebito” e sanzionabile ai sensi dell’art. 615-bis c.p.

Secondo i giudici di legittimità la norma mira a tutelare la privacy da indebite intrusioni nella vita privata e la mera compresenza all’atto di vita privata del soggetto che effettua la registrazione non sarebbe sufficiente a renderla lecita in assenza di un consenso espresso o implicito da parte del soggetto ripreso.

L’opportunità di una simile estensione del perimetro della norma è quantomeno dubbia, trattandosi di una figura di reato evidentemente finalizzata a tutelare contro l’intrusione da parte di estranei in uno spazio dedicato alla propria vita privata, e non da chi venga lecitamente ammesso a prendervi parte.
La pronuncia sino a ora è rimasta isolata e forse, per via delle particolarità del caso specifico, sarà destinata a rimanere tale.

Ad ogni modo, in attesa di un intervento risolutivo da parte delle Sezioni Unite queste ultime nel 2017 hanno poi chiarito che un luogo può essere ritenuto di privata dimora alle seguenti condizioni:

  • utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata (riposo, svago, alimentazione, studio, attività professionale e di lavoro in genere), in modo riservato e al riparo da intrusioni esterne;
  • durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona, in modo che tale rapporto sia caratterizzato da una certa stabilità e non da mera occasionalità;
  • non accessibilità del luogo, da parte di terzi, senza il consenso del titolare.

A titolo di esempio, quindi costituisce luogo di privata dimora un retrobottega, dei bagni privati o degli spogliatoi, un’area riservata di uno studio professionale o di uno stabilimento, una barca, una roulotte o un camper adibito anche in via temporanea ad abitazione, la cabina del camion per l’autista che si fermi a riposare, oppure l’autovettura in cui una persona stia trascorrendo la notte.

In tutti questi luoghi, quindi, sarebbe consigliabile evitare di filmare altri soggetti in modo occulto e senza il loro consenso, salvo che ciò risulti strettamente necessario per la tutela di un proprio diritto.

Quando è lecito e quando non è consentito

Per concludere si può affermare che è sempre lecito fotografare ed eseguire riprese video:

  • a fini giornalistici e di informazione in generale (GDPR art.85 c.1d), in questi casi tuttavia pur non essendo previsto il consenso per la ripresa e persino per la diffusione l’informazione e l’uso che se ne fa non deve essere diffamatorio;
  • per scopi accademici (Gdpr art.85 c.1 cit. e l.633/1941 art.97 c.1e), di studio, di formazione, quindi sono lecite le riprese delle lezioni e delle conferenze, però l’immagine del soggetto coinvolto non può essere mostrata se gli rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione o al decoro (l.633/1941 art.97 c.2f );
  • per arte e letteratura (Gdpr art.85 c.1), quindi sono lecite tutte le foto in pubblico che siano finalizzate non specificatamente a riprendere un singolo soggetto, poiché il fine artistico sarebbe sempre giustificato dal panorama, dal monumento, dal luogo ripreso; anche in questo caso l’immagine del soggetto coinvolto non può essere mostrata se gli rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione o al decoro (l.633/1941 art.97 c.2 cit.);
  • in occasione di eventi, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico, in questi casi non serve il consenso delle persone riprese, ma ognuno di essi non deve essere il vero e proprio soggetto dello scatto (art.97 l.633/1941 cit);
  • in tutti i casi in cui vi sia il consenso dell’interessato, anche in maniera implicita e questo deriva anche dalla mancanza di opposizione. Ad esempio il selfie di gruppo, dove chi non vuole può comunque sottrarvisi, oppure chi appare fotografato evidentemente in posa;
  • le foto nella privata dimora del soggetto che si espone evidentemente, dando un consenso implicito, e che può essere liberamente osservato dall’esterno. Ad esempio che si spoglia mettendosi in bella mostra davanti alla finestra spalancata.

Invece non è consentito riprendere, diffondere e/o commercializzare:

  • il ritratto di una persona singolarmente senza il suo consenso, fuori dal contesto dei casi indicati sopra (l.633/1941 art.96 h), ciò non vale per le persone famose, i personaggi pubblici, i personaggi dello spettacolo che godono di una privacy attenuata (l.633/1941 art.97 c.1 cit.). Ad esempio una persona ripresa con il teleobiettivo in volto;
  • foto di situazioni imbarazzanti, dove ovviamente sia visibile il soggetto o comunque riconoscibile (l.633/1941 art.97 c.2 cit.), senza il suo consenso. Ciò vale anche se lo scopo dell’immagine è generale e non rivolta al soggetto, ad es. pubblicare a corredo di un articolo giornalistico sull’accattonaggio una foto di un questuante senza coprire o sgranare l’immagine del viso della persona ritratta integra il reato di diffamazione;
  • foto illecitamente riprese relative alla vita privata all’interno della propria abitazione, questa situazione è tutelata a livello Costituzionale (Costituzione art.14) e inoltre costituisce reato penale (art.615bis c.p. k). È vietata sia la ripresa che la diffusione, anche se i due comportamenti sono attuati da persone differenti. Ad esempio foto di persone nel proprio giardino oppure dentro la propria abitazione. Tuttavia non è vietato fotografare l’immobile ovvero ciò che è liberamente osservabile dall’esterno come ad esempio delle persone intente a realizzare un murale;
  • foto di minori coinvolti in procedimenti penali (dpr 448/1988 art.13m). Ad esempio foto di ragazzi arrestati, immagini di minori indagati o imputati.

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