Quali sono i diritti dei padri lavoratori?

Isabella Policarpio

19/03/2021

17/08/2021 - 23:55

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Ecco una panoramica dei diritti dei padri lavoratori. Rispetto ai Paesi europei, a che punto è l’Italia in merito alla tutela della paternità?

Quali sono i diritti dei padri lavoratori?

I padri lavoratori - e non soltanto le madri - hanno diritto ad una serie di aiuti, congedi e permessi per agevolare l’esercizio della genitorialità e il benessere dei figli piccoli, alcuni retribuiti (in tutto o in parte) ed altri no.

E per via dell’emergenza Covid e del largo utilizzo della DAD, sono allo studio del governo nuove misure assistenziali per madri e padri lavoratori, come lo smart working obbligatorio, il bonus baby sitter e la proroga del congedo.

Per agevolare i neo-papà, ecco una guida su tutti i diritti garantiti dalla legge.

Congedo di paternità obbligatorio

Tutti i padri lavoratori dipendenti hanno diritto ad un periodo di astensione dal lavoro da usufruire entro e non oltre il 5° mese dalla nascita, adozione o affidamento del bambino. Si tratta di un diritto autonomo dei papà, che si aggiunge e non si sostituisce a quello della madre.

Precisamente la legge n. 92/2012 stabilisce quanto segue:

  • 5 giorni di congedo obbligatorio, anche non continuativi, per gli eventi parto, adozione o affidamento avvenuti dal 1° gennaio 2019 e fino al 31 dicembre 2019;
  • 7 giorni di congedo obbligatorio, anche non continuativi, per gli eventi parto, adozione o affidamento avvenuti dal 1° gennaio 2020 e fino al 31 dicembre 2020.

Per queste assenze l’INPS garantisce un’indennità giornaliera pari al 100% della retribuzione ordinaria.

Congedo facoltativo

Tra i diritti dei neo-papà c’è anche il congedo “facoltativo” della durata di 1 o 2 giorni (non necessariamente continuativi) dalla nascita, adozione o affidamento del bambino. Ma in questo caso vi è una condizione: la madre non deve aver fruito di altrettanti giorni del proprio congedo di maternità.

A questa richiesta consegue l’anticipazione del termine finale del congedo post partum della madre di uno o due giorni, in base alle esigenze del padre.

Si precisa, inoltre, che il congedo facoltativo può essere chiesto entro e non oltre il 5° mese dalla nascita del bambino.

Come per il congedo obbligatorio, anche in questo caso il padre lavoratore ha diritto ad un’indennità giornaliera a carico dell’INPS pari al 100% della retribuzione ordinaria.

Permessi per “allattamento” anche ai papà

I permessi o riposi per allattamento sono delle astensioni dal lavoro concessi a madri e padri per prendersi cura del bambino durante i primi 5 mesi di vita, e non servono unicamente a soddisfare le esigenze alimentari, per questo possono essere fruiti sia dalla madre che non allatta che dal padre, fino ad un massimo di 2 ore al giorno.

Tuttavia i papà hanno diritto a questi permessi soltanto in presenza di una delle condizioni seguenti:

  • affidamento esclusivo del figlio;
  • in alternativa alla madre lavoratrice che sceglie di non avvalersene;
  • se la madre è una lavoratrice autonoma o non lavora e quindi non ha diritto ai permessi;
  • decesso o grave infermità della madre.

Congedo parentale

Sia padre che madre lavoratori dipendenti possono assentarsi dal lavoro per un periodo massimo di 6 mesi per i primi 12 anni del figlio. In ogni caso, la somma complessiva del periodo di congedo non può mai superare i 10 mesi (tra padre e madre) e può essere elevato a 11 mesi nel caso in cui il papà non ne abbia beneficiato per più di 3 mesi complessivi.

Il congedo parentale è retribuito in misura ridotta come segue:

  • al 30% della retribuzione media giornaliera entro i primi 6 anni di età del bambino e per un periodo massimo complessivo (madre e/o padre) di 6 mesi;
  • al 30% della retribuzione media giornaliera, dai 6 anni agli 8 anni di età del bambino, ma solo se il reddito individuale del richiedente è inferiore a 2,5 volte l’importo annuo del trattamento minimo di pensione e se nessun genitore non ha usufruito nei primi 6 anni o per la parte non fruita anche eccedente il periodo massimo complessivo di 6 mesi;
  • nessuna indennità dagli 8 anni ai 12 anni di età del bambino.

Quindi, ricapitolando, il congedo parentale spetta al padre lavoratore dipendente:

  • per un periodo continuativo o frazionato di massimo 6 mesi, che possono diventare 7 in caso di astensione dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato di almeno 3 mesi;
  • anche durante il periodo di astensione obbligatoria della madre (a partire dal giorno successivo al parto) e anche se la stessa non lavora;
  • se unico genitore per un periodo continuativo o frazionato di massimo 10 mesi.

Le stesse regole si applicano anche in caso di figlio adottato o in affidamento.

Congedo per malattia del figlio

L’art. 47 del D.Lgs. n. 151/2001 prevede che padre e madre possano fruire alternativamente del congedo dal lavoro fino alla completa guarigione del figlio, sempre che il bambino non abbia ancora compiuto gli 8 anni.

La legge ne impone durata e modalità di fruizione:

  • senza alcun limite, fino a 3 anni del bambino;
  • per massimo 5 giorni lavorativi all’anno (esclusi non lavorativi e festivi), per ciascun genitore, dai 3 agli 8 anni del figlio.

Per questa tipologia di congedo l’assenza dal lavoro è sempre giustificata ma non viene retribuita.

Per tirare le somme

I diritti dei padri lavoratori - rispetto alle madri - sono abbastanza? E cosa prevedono gli altri Paesi europei?

Come è facile immaginare, i «nordici» si confermano ancora una volta all’avanguardia: in Norvegia, Danimarca, Svezia e Finlandia il congedo di madre e padre è quasi equiparato ed è una pratica molto comune che i papà usufruiscano dell’intero periodo di astensione concesso loro dalla legge (complice il fatto che si tratta, perlopiù, di assenze retribuite al 100 o all’80% dello stipendio percepito).

Bene anche la Germania, dove tuttavia i padri che sfruttano a pieno benefici e agevolazioni previsti sono una percentuale poco significativa; e la cura della prole in tenera età è comunque appannaggio della madre.

L’Italia non rientra neanche lontanamente tra i Paesi virtuosi (basti pensare che il congedo di paternità è stato introdotto per la prima volta soltanto del 2013). Ma il vero problema è di natura culturale e non tanto «legislativo»: le tutele ci sono - anche se meno che in altri Paesi - ma pochi padri ne usufruiscono, per paura di essere mal visti sul luogo di lavoro o perché ancorati ad una concezione della famiglia che vuole la donna come principale responsabile della casa e della prole.

Fortunatamente, soprattutto nelle giovani coppie, sta crescendo una nuova consapevolezza dei ruoli genitoriali e, con essa, il bisogno informativo circa gli strumenti che si possono richiedere: per consultarli tutti basta collegarsi alla piattaforma dell’INPS o chiedere informazioni dettagliate al responsabile delle risorse umane della propria azienda.

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