Perché Giorgia Meloni vuole abolire il reddito di cittadinanza

Vincenzo Caccioppoli

20/09/2022

25/10/2022 - 09:23

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Uno dei punti della campagna elettorale di Fratelli d’Italia è l’abolizione del reddito di cittadinanza. Ecco perché.

Perché Giorgia Meloni vuole abolire il reddito di cittadinanza

Mentre il suo tour tocca le piazze del Sud, Giorgia Meloni torna ad affrontare una misura che è diventata uno dei punti focali delle differenti campagne elettorali, in vista delle prossime elezioni del 25 settembre: il reddito di cittadinanza.

A più riprese la leader di Fratelli d’Italia si è dichiarata contro il Rdc, che secondo i proponenti avrebbe dovuto sconfiggere la povertà. La misura, come sostiene da tempo Giorgia Meloni, è stata mal concepita e male attuata, in quanto una misura di sostegno alla povertà avrebbe dovuto beneficiare solo quelli che effettivamente non possono lavorare, e non chi, nel pieno della propria attività e in possesso di tutte le capacità psicofisiche, potrebbe cercare lavoro.

Al netto di tutte le distorsioni verificatesi, la legge manca di un punto focale: quello delle politiche attive. Il reddito di cittadinanza partiva, infatti, come misura per creare condizioni dignitose di vita ai disoccupati nel breve periodo, in attesa di una nuova offerta lavorativa.

Secondo i dati del sito lavoce.info, solo una parte minoritaria degli individui che percepiscono il Rdc – il 35% – viene inviata ai centri per l’impiego, titolari dell’inserimento lavorativo; il 41% è indirizzato ai servizi sociali dei comuni e il 26% riceve unicamente il contributo monetario.

È proprio contro questo fallimento che la leader di Fratelli d’Italia punta il dito per ribadire che il reddito, cosi come è stato concepito, è una misura sbagliata, che va abolita per lasciare spazio ad altre più efficaci.

«Sappiamo cosa sia la povertà e per questo vogliamo combatterla. Sappiamo cosa sia la povertà e per questo diciamo che il reddito di cittadinanza è una misura sbagliata e ingiusta perché mette sullo stesso piano chi può lavorare da chi non può farlo, chi ha bisogno di assistenza da chi ha bisogno di un posto di lavoro. E sì, pensiamo che i 9 miliardi di euro di risorse pubbliche ogni anno destinate al reddito di cittadinanza possano essere spesi molto meglio, anche tralasciando gli scandali, le truffe, i mancati controlli che hanno caratterizzato la misura in questi anni. Cosa vogliamo fare? Proteggere i più fragili. A loro manterremo l’attuale sistema di tutela del reddito di cittadinanza e proveremo anche ad aumentarlo. Di chi sto parlando? Dei pensionati in difficoltà, degli over 60 privi di reddito, degli invalidi, e anche delle famiglie in difficoltà con figli minori a carico. Anziani, invalidi, bambini, da parte nostra avranno ogni sostegno, come abbiamo sempre fatto in passato», ha detto in un lungo video Meloni, che da sempre pone la questione dell’importanza di creare le condizioni per trovare un posto di lavoro a chi è in grado di svolgerlo e non solo quello di continuare con politiche puramente assistenzialiste senza costrutto e prospettiva alcuna.

Secondo i dati del Comitato scientifico di valutazione del Pnrr del ministro del Lavoro, le persone dai 18 ai 59 anni in grado di lavorare, sono circa il 50% dei percettori del reddito di cittadinanza e praticamente nessuno di loro ha trovato lavoro grazie ai Navigator voluti dal Movimento 5 Stelle.

«Queste persone con noi perderanno il reddito di cittadinanza e saranno aiutate veramente nel trovare un lavoro. Perché chi conosce la povertà sa che l’unico modo per superarla è sconfiggere le cause di quella povertà», afferma Giorgia Meloni.

Secondo il programma di FdI, va implementato il funzionamento di centri per l’impiego preposti a preparare le persone all’ingresso nel mondo del lavoro, anche indirizzando chi è in cerca di impiego a un centro di formazione adeguato. Tutto questo sarebbe poi accompagnato da reali misure di sostegno alle aziende, dal taglio del cuneo fiscale a una tassazione di vantaggio con la formula del più assumi meno paghi, che possano così incentivare ad assumere di più e con salari più alti. Sulla carta, sembrano provvedimenti per combattere non solo la povertà, rilanciando il mercato del lavoro, ma anche stimolanti la crescita economica delle aziende produttive.

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