Perché c’è un allarme inflazione (anche) dalla Cina

Violetta Silvestri

10 Marzo 2021 - 14:25

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L’inflazione, con il rischio impennata dei prezzi, è al centro del dibattito economico: ora l’allarme arriva anche dalla Cina. Per quale motivo? La risposta negli ultimi dati da Pechino.

Perché c’è un allarme inflazione (anche) dalla Cina

Inflazione globale: il rischio di una fiammata viene, anche, dalla Cina. E, nello specifico, dal balzo dei prezzi alla produzione nella potenza asiatica.

Non solo Stati Uniti, quindi, nel mirino di osservatori ed economisti, con il piano da 1.900 miliardi di dollari targato Biden a innescare i timori sui prezzi.

Ora l’allarme inflazione viene anche dalla Cina: che succede?

Inflazione: aumento in arrivo anche a causa della Cina?

I prezzi alla produzione della Cina sono aumentati al ritmo più veloce in oltre due anni a febbraio.

Il dato si unisce così al petrolio in rialzo, alla carenza di chip per computer e all’aumento dei costi di spedizione agitando ancora di più il vento favorevole alle pressioni inflazionistiche globali.

Nel dettaglio, l’indice dei prezzi alla produzione cinese è salito dell’1,7% rispetto all’anno precedente, superando le previsioni degli economisti a +1,5% e il precedente risultato di gennaio a 0,3%.

Considerando che Pechino è uno dei maggiori produttori di riferimento per il mondo, i suoi prezzi alla produzione in ripresa aumentano la prospettiva che inizierà a esportare l’inflazione a livello globale, con le fabbriche a incrementare i prezzi delle merci vendute all’estero.

Da sottolineare, che i mercati obbligazionari sono già stati turbati dalle aspettative di una crescita globale più rapida e di un massiccio stimolo fiscale negli Stati Uniti che spingerà verso l’alto l’inflazione.

Tutte le spinte sull’inflazione: cosa aspettarsi?

Sono diverse, quindi, le spinte che stanno spostando verso l’alto l’inflazione.

I prezzi alla produzione cinesi hanno contribuito notevolmente all’inflazione globale negli ultimi decenni, poiché le catene di approvvigionamento sono diventate più integrate. Il calo dei prezzi della Cina, per esempio, è stato un fattore chiave della disinflazione nel 2012-2016 e ha reso difficile per le banche centrali altrove raggiungere i propri obiettivi di inflazione sostenuta.

Inoltre, il petrolio ha raggiunto i 70 dollari al barile, mentre i prezzi del rame e dei prodotti agricoli sono aumentati.

Le tariffe di spedizione sono aumentate e una carenza globale di chip per computer potrebbe far salire i prezzi.

Iris Pang, capo economista per la Grande Cina presso ING Groep NV a Hong Kong ha commentato:

“I prezzi dei metalli erano in aumento a causa dello stimolo fiscale globale da spendere in progetti infrastrutturali..Se il prezzo del greggio continua ad aumentare, spingerà verso l’alto altri prezzi, come il trasporto, e quindi i costi di produzione, allora potrebbe generare inflazione”

In più, la Cina ha visto anche un incremento dei prezzi delle materie prime. Tuttavia, Pechino potrebbe svolgere un ruolo meno dominante nell’esportazione dell’inflazione globale, dato che il Governo è sulla buona strada per inasprire gli stimoli fiscali e le misure sulla proprietà, con un target di crescita “sotto tono”.

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