Pensioni: vi spieghiamo perché la legge Fornero non si può ancora cancellare

Simone Micocci

5 Ottobre 2022 - 13:59

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La riforma Fornero non si può cancellare, almeno per il momento. Vi spieghiamo le ragioni.

 Pensioni: vi spieghiamo perché la legge Fornero non si può ancora cancellare

Spesso negli ultimi anni abbiamo sentito parlare di cancellazione, o perlomeno di superamento, della legge Fornero. Eppure, ancora oggi per le pensioni si continua ad applicare quanto disposto nel lontano 2011, con alcune eccezioni che tuttavia si rivolgono a una platea ristretta di persone.

Di possibile cancellazione della legge Fornero si è tornati a parlare con la vittoria del centrodestra alle elezioni, in quanto il superamento della riforma del 2011 rappresenta un punto cardine del programma di Matteo Salvini.

Tuttavia, Giorgia Meloni - che la riforma Fornero l’ha votata - sembra essere più prudente a riguardo, consapevole che ci sono “miliardi” di ragioni che impediscono di cancellare la legge Fornero.

Riforma delle pensioni: la Legge Fornero non può essere ancora superata

Grazie alla riforma delle pensioni attuata nel 2011 dal Governo Monti, quando al Ministero del Lavoro c’era Elsa Fornero, è stato possibile risparmiare 80 miliardi di euro in meno di dieci anni.

Come ha avuto modo di spiegare la Ragioneria di Stato, questa riforma da sola vale un terzo dei risparmi che verranno accumulati fino al 2060; la Legge 201/2011, quindi, ha dato un enorme contributo alla sostenibilità del sistema pensionistico.

Nel 2020 i risparmi della riforma Fornero sono arrivati a 22 miliardi (più dell’1,4% del PIL) di euro; adesso la curva scenderà progressivamente, fino ad attestarsi allo 0,8% del PIL nel 2030 e poi azzerarsi nel 2045.

Ad oggi siamo ancora nel pieno dei vantaggi generati dalla riforma Fornero; cancellando la Legge, quindi, si andrebbe a depotenziare l’intero impianto in quello che è il momento di maggiore efficacia. Rimettere in discussione adesso la Fornero vorrebbe dire che i sacrifici fatti in questi ultimi dieci anni (la riforma è entrata in vigore nel 2012) sono stati vani; ecco perché un ritorno alle vecchie regole non sembra essere un progetto fattibile al momento.

Spesa per le pensioni: il bilancio è terrificante

Anche perché la legge Fornero è servita solamente per contenere i costi di una spesa che negli anni ha continuato a salire. Basti pensare che nel 2012, quindi appena dopo l’approvazione della riforma, la spesa per le pensioni si attestava a 249,5 miliardi di euro, il 15,9% del Pil. Quest’anno, almeno stando ai dati contenuti nell’ultima Nadef, la spesa sarà di 297,4 miliardi, il 15,7% del Pil. Ed è destinata a crescere, visto che alla fine del prossimo triennio sarà pari a 349,8 miliardi, ben 100,3 miliardi in più rispetto al 2011.

In questa situazione, con la spesa per le pensioni che salirà a più del 17% del Pil (sempre che questo nel frattempo non si contragga a causa delle conseguenze della guerra in Ucraina) è impossibile pensare al superamento della legge Fornero, il quale richiederebbe misure ben più costose rispetto a quelle attuate negli anni scorsi, da Quota 100 all’Ape Sociale.

Nessuna misura flessibilità è stata in grado di cancellare o superare la legge Fornero

Secondo Matteo Salvini l’introduzione di Quota 100 è stato un primo passo verso l’eliminazione della Legge Fornero. Tuttavia, i numeri ci dicono il contrario: alla fine del triennio, infatti, poco più di 379 mila italiani ne hanno approfittato per anticipare l’accesso alla pensione; troppo pochi per pensare a un superamento delle attuali regole.

A tal proposito, ricordiamo che questa riforma, oltre a blindare il sistema di calcolo contributivo della pensione, sul quale di recente si è espresso favorevolmente lo stesso Mario Draghi, ha rivisto al rialzo i requisiti per l’accesso alla pensione, stabilendo inoltre che ogni due anni questi debbano essere adeguati alle variazioni delle aspettative di vita.

Ne risulta che oggi per andare in pensione bisogna aver compiuto almeno 67 anni (con 20 di contributi), come previsto dalla pensione di vecchiaia, oppure raggiungere i 42 anni e 10 mesi di contributi (indipendentemente dall’età) richiesti dalla pensione anticipata.

Non bastano dunque misure di flessibilità come l’Ape Sociale - che si rivolge a un numero ridotto di persone, i cosiddetti fragili - per parlare di superamento della legge Fornero.

Semmai, un passo in tale direzione si potrebbe fare con l’introduzione di Quota 41 per tutti, misura che andrebbe a rivedere completamente i requisiti della pensione anticipata visto che il requisito contributivo scenderebbe a 41 anni. Tuttavia, da sola questa misura ha un costo di circa 5 miliardi l’anno, senza trascurare l’impatto a lungo termine. Quota 41 per tutti, quindi, andrebbe ad appesantire ancora di più la spesa per le pensioni, in un momento storico dove tra l’altro è priorità assoluta limitare le risorse a provvedimenti di maggiore urgenza.

Semmai nel frattempo si potranno rinnovare quelle misure che negli anni hanno contribuito a rendere più flessibile il sistema pensionistico italiano, consentendo di andare in pensione in anticipo ad alcune categorie di persone. Si pensi ad esempio alla suddetta Ape Sociale, o anche all’Opzione donna. Misure che però non hanno eliminato la legge Fornero, la quale resterà al proprio posto ancora per molto tempo, probabilmente almeno fino a dopo il 2030, quando il passaggio completo al sistema contributivo permetterà di riflettere su nuove misure di pensionamento anticipato che possano coinvolgere un maggior numero di persone.

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