Pensioni: perché anticipando l’uscita dal lavoro si perde sull’assegno

Antonio Cosenza

01/03/2021

12/04/2021 - 17:58

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Chi va in pensione in anticipo deve accontentarsi di un assegno più basso rispetto a quello che avrebbe ottenuto continuando a lavorare per più anni; vediamo perché.

Pensioni: perché anticipando l’uscita dal lavoro si perde sull’assegno

Andare in pensione in anticipo ha delle ripercussioni sull’assegno previdenziale in quanto ne va a ridurre l’importo.

Chi va in pensione prima dei 67 anni, infatti, andrà a prendere una pensione più bassa rispetto a quella che avrebbe maturato qualora fosse rimasto a lavoro almeno fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia.

E più si andrà avanti con gli anni e maggiore sarà l’impatto del pensionamento anticipato sull’assegno di pensione. Ciò dipende da quanto deciso dalla cosiddetta riforma Dini, con la quale è stato modificato il criterio per il calcolo delle pensioni, passando dal retributivo al contributivo.

Quest’ultimo, utilizzato per i contributi maturati dopo il 1° gennaio 1996, premia coloro che hanno più anni di lavoro ed è per questo che andare anticipatamente in pensione comporta una riduzione dell’assegno. E dal momento che con l’avanzare degli anni la quota della pensione calcolata con il sistema contributivo sarà sempre più elevata, in futuro sarà maggiore l’impatto che un’uscita anticipata dal mercato del lavoro avrà sull’assegno di pensione.

Perché chi va in anticipo in pensione perde parte dell’assegno

Tolta Opzione Donna, della quale parleremo di seguito, oggi non ci sono misure che prevedono una penalizzazione sull’assegno per coloro che decidono di anticipare la data del pensionamento. Il motivo per cui si perde una parte dell’assegno andando in pensione in anticipo, quindi, dipende esclusivamente da come l’assegno viene calcolato.

Come anticipato, la quota di contributi versati dopo il 1° gennaio 1996 viene trasformata in pensione secondo le regole del calcolo contributivo. Si tratta di un sistema introdotto appositamente per rendere più sostenibile il sistema previdenziale ed è per questo motivo che viene dato maggior peso ai contributi effettivamente versati dal lavoratore.

Con questo tipo di calcolo si tiene conto di un montante contributivo, il quale rappresenta la somma di tutti i contributi versati dall’interessato alla data del pensionamento. Più sono gli anni di lavoro, e maggiori sono le retribuzioni percepite, e più il montante contributivo sarà elevato.

Per questo motivo, uscire anticipatamente dal mercato del lavoro vuol dire “rinunciare” a quella parte di contributi che sarebbero stati versati continuando a lavorare. Di conseguenza, la pensione sarà più bassa rispetto a quella che sarebbe stata maturata al raggiungimento dei 67 anni.

Ma non è questo il solo motivo. Con questo sistema di calcolo, infatti, il montante contributivo viene trasformato in assegno di pensione tramite l’applicazione di un determinato coefficiente, cosiddetto “di trasformazione”, che è tanto più elevato quanto più si ritarda l’uscita dal mercato del lavoro.

Ad esempio, per chi va in pensione a 60 anni il coefficiente di trasformazione è pari a 4,515%, mentre a 67 anni è del 5,575%. E se consideriamo che i coefficienti di trasformazione vengono aggiornati ogni due anni e che ogni volta questi sono più svantaggiosi, ne consegue che andando avanti con il tempo andare in pensione prima sarà sempre meno conveniente.

Pensione anticipata con Opzione Donna: perché è più sconveniente

Come anticipato, l’unica misura di flessibilità che oggi prevede una penalizzazione per chi vi ricorre è l’Opzione Donna. Questa consente alle lavoratrici di anticipare la data del pensionamento al compimento dei 58 anni di età (59 per le lavoratrici autonome) e il raggiungimento dei 35 anni di contributi.

Chi accede ad Opzione Donna, però, avrà la pensione calcolata interamente con il regime contributivo, anche per la parte che altrimenti sarebbe sottostata alle regole del retributivo (ben più vantaggioso).

In questo modo si ha un assegno di pensione più basso sia perché smettendo di lavorare in anticipo si perde sul montante contributivo e sul coefficiente di trasformazione, che a causa del calcolo interamente contributivo dell’assegno.

La penalizzazione varia a seconda della posizione contributiva dell’interessata: solitamente, più è ampia la quota di retributivo e maggiore sarà l’impatto del ricalcolo interamente con il contributivo.

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