Contratto di espansione per anticipare la pensione: cos’è, come funziona e requisiti

Simone Micocci

25/08/2023

25/08/2023 - 18:03

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Contratto di espansione, come funziona l’accordo tra impresa e dipendenti che consente il pensionamento anticipato fino a un massimo di 5 anni e chi vi può accedere. Ecco una guida completa.

Contratto di espansione per anticipare la pensione: cos’è, come funziona e requisiti

Il contratto di espansione è probabilmente oggi la forma più diffusa di prepensionamento a carico delle aziende. Si tratta di uno strumento che consente alle aziende di favorire l’uscita dei dipendenti più avanti con l’età così da assumere nuove leve e puntare al ricambio generazionale: il tutto, però, facendosi carico del costo necessario al pensionamento anticipato.

Introdotto in forma sperimentale nel 2019 dal decreto Crescita, con il passare degli anni il contratto di espansione sta riscuotendo sempre più successo, merito soprattutto delle novità introdotte con la legge di Bilancio 2022 che oltre a prorogarlo fino all’anno corrente ne ha ampliato la platea dei beneficiari coinvolgendo le aziende con almeno 50 dipendenti.

Nella prossima legge di Bilancio dovrebbe esserci la conferma anche per il 2024, con il contratto di espansione che quindi si candida a entrare in pianta stabile nell’elenco delle misure che consentono il pensionamento anticipato.

Come anticipato, però, condizione essenziale è che l’azienda sia favorevole a farsi carico di tutti i costi dell’operazione, compresa una maggiorazione del 15% per far fronte agli oneri per il pagamento delle indennità di espansione e dei relativi contributi figurativi.

A tal proposito, vista l’importanza di questo strumento, facciamo chiarezza su quali sono le condizioni per poter accedere al contratto di espansione, nonché di quanto è possibile anticipare la data del pensionamento e quali sono i costi da sostenere.

Contratto di espansione, l’accordo tra imprese e sindacati

Il contratto di espansione, che ha sostituito il contratto di solidarietà espansiva, non è altro che un accordo che le aziende sottoscrivono in sede governativa con ministero del Lavoro e i sindacati, con il quale vengono consentite due diverse opzioni:

  • la prima, che non ci interessa in questa sede, prevede la programmazione di riduzioni orarie o sospensione del personale dipendente attraverso il riconoscimento della cassa integrazione guadagni straordinaria per un periodo di massimo 18 mensilità;
  • la seconda rappresenta invece il punto centrale di questa guida, in quanto appunto prevede la risoluzione anticipata del rapporto di lavoro per il personale a cui mancano massimo 5 anni al raggiungimento della pensione.

Un accordo che quindi rappresenta un aiuto importante per le imprese che vogliono riorganizzarsi, le quali possono incentivare gli esodi così da favorire nuovi ingressi.

Cosa deve prevedere l’accordo tra azienda e sindacato?

Come spiegato dall’Inps nella circolare n. 48 del 24 marzo il contratto di espansione deve presentare i seguenti elementi:

  • il numero dei lavoratori da assumere e i relativi profili professionali compatibili con i piani di reindustrializzazione o riorganizzazione;
  • la programmazione temporale delle assunzioni;
  • l’indicazione della durata a tempo indeterminato dei contratti di lavoro, compreso il contratto di apprendistato professionalizzante di cui all’articolo 44 del decreto legislativo n. 81/2015;
  • la riduzione complessiva media dell’orario di lavoro e il numero dei lavoratori interessati (a esclusione delle aziende con un organico tra 250 e 499 unità), relativamente alle professionalità in organico, nonché il numero dei lavoratori che possono accedere al trattamento di indennità mensile previsto dal comma 5-bis (prepensionamento);
  • la stima, ai fini del monitoraggio delle risorse finanziarie, dei costi previsti a copertura del beneficio di cui al citato comma 5-bis dell’articolo 41, per l’intero periodo di spettanza teorica della Naspi al lavoratore.

I costi per l’azienda

Il datore di lavoro che intende approfittare del contratto di espansione deve sapere che per lo scivolo dei propri dipendenti deve farsi carico dei costi necessari per riconoscere loro:

  • un’indennità mensile, pari alla pensione maturata al momento della risoluzione consensuale;
  • la contribuzione figurativa correlata, ma solo per chi deve accedere alla pensione anticipata, in modo tale da consentire loro di raggiungere i requisiti contributivi richiesti per andare in pensione.

Inoltre, sia per chi paga in un’unica soluzione (messaggio Inps n. 2952 del 2023) che in caso di opzione per la fideiussione bancaria, si applica una maggiorazione del 15% delle somme complessivamente dovute all’Inps per il pagamento della sola indennità di espansione.

Riduzione dei costi grazie alla Naspi

Dai costi suddetti bisogna però sottrarre.

  • dal costo necessario per riconoscere l’indennità sostitutiva va sottratto quanto il dipendente avrebbe teoricamente percepito di Naspi (fino a un massimo di 24 mesi appunto);
  • in caso di accompagnamento alla pensione anticipata, invece, il riconoscimento dei contributi figurativi viene ridotto per un importo pari alla contribuzione figurativa che sarebbe stata riconosciuta in caso di percezione della Naspi.

Nel 2023, ma solo per i datori di lavoro con più di 1.000 dipendenti che si impegnano ad assumere con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, il bonus è incrementato in proporzione di 1 a 3 rispetto ai lavoratori prepensionati, mentre sarà riconosciuta anche un’ulteriore riduzione dei costi per altri 12 mesi di Naspi secondo un valore calcolato sull’ultima mensilità spettante di indennità di disoccupazione.

Requisiti per il dipendente

L’indennità mensile è riconosciuta in favore dei:

  • lavoratori dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato che risultino iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD) o alle forme sostitutive o esclusive dell’Assicurazione generale obbligatoria, gestite dall’INPS, e abbiano risolto consensualmente il rapporto di lavoro entro il 30 novembre 2023.
  • dirigenti e dei lavoratori assunti con contratto di apprendistato di cui all’articolo 41, lett. b) e c), del decreto legislativo n. 81/2015.

Condizione essenziale è che questi siano a meno di 60 mesi dal raggiungere i requisiti per andare in pensione con:

Non si può invece ricorrere al contratto di espansione per far sì che questi possano acquisire altre prestazioni previdenziali, come ad esempio l’Ape sociale, l’Opzione donna, Quota 103 o Quota 41 per i precoci.

Cosa spetta al dipendente?

Nei 60 mesi che mancano al raggiungimento dei requisiti necessari per il pensionamento questi andrebbero a percepire un’indennità mensile pari alla pensione maturata fino a qual momento, oltre alla garanzia che attraverso il riconoscimento di una contribuzione figurativa si raggiungerà il diritto alla pensione anticipata entro i termini previsti.

Nel dettaglio, l’indennità di accompagnamento alla pensione spetta per 13 mensilità. Non va però considerata al pari di una vera e propria pensione e per questo motivo:

  • non è possibile utilizzarla come forma, attraverso trattenute, di eventuali oneri da riscatto, ricongiunzioni e cessione del quinto;
  • non viene rivalutata ogni anno in base all’indice di inflazione;
  • non è reversibile;
  • non vi spettano trattamenti di famiglia (assegni familiari);
  • non si applicano le maggiorazioni sociali, come nel caso della quattordicesima annua.

Per quanto riguarda la tassazione, questa viene considerata al pari di un reddito da lavoro subordinato.

Così come la pensione, invece, la prestazione è cumulabile con i redditi da lavoro, sia dipendente che autonomo. È quindi possibile per il dipendente avviare una seconda attività così da incrementare l’entrata mensile.

È conveniente per il lavoratore?

È vero inoltre che con il contratto di espansione si può andare in pensione già a 62 anni, ma lato economico questo richiede un grande sacrificio.

Come calcolato dagli esperti di Progetica, andare in pensione a 62 anni comporta una decurtazione di circa un quarto dell’assegno nell’immediato, il 22% per essere precisi. Questo per i primi 5 anni, mentre al raggiungimento dei requisiti per la pensione le perdite si attesteranno tra il 10% e il 15%.

Ciò significa che, ad esempio, a vita media di 82 anni, un lavoratore con stipendio netto da 2 mila euro mensili andrà a rinunciare a circa 80.000 euro netti di pensione (secondo quanto lamentato dalla CGIL).

Il problema è che negli anni in cui il lavoratore esce dall’azienda ma non ha ancora raggiunto i requisiti per la pensione di vecchiaia a 67 anni, questo non gode del versamento dei contributi. Meno contributi, quindi, significano pensione più bassa.

Non è così per coloro che invece accedono al contratto di espansione avendo come obiettivo quello di raggiungere il requisito contributivo per la pensione anticipata (quindi 42 anni e 10 mesi per gli uomini, uno in meno per le donne): dunque, per chi accede al contratto di espansione a 37 anni e 10 mesi di contributi, o 36 anni e 10 mesi per le donne, l’impresa dovrà comunque farsi carico della contribuzione e quindi non ci sono grandi penalizzazioni.

Penalizzati, quindi, sono perlopiù coloro che vi accedono a 62 anni, per i quali - come anticipato - la CGIL stima un “costo” di 80.000 euro netti che rende il contratto di espansione davvero poco conveniente.

Come presentare la domanda

Come si legge nella circolare n. 48 del 2021, il datore di lavoro interessato presenta all’Istituto le domande telematiche di prestazione per ciascun lavoratore.

Nella domanda per l’indennità mensile in luogo della pensione riporta i dati identificativi dell’impresa e del lavoratore, nonché gli elementi utili alla liquidazione della prestazione.

Le Strutture territoriali competenti per la liquidazione dell’indennità mensile in parola sono:

  • quelle individuate sulla base della residenza del lavoratore;
  • per alcuni fondi speciali, le cosiddette Sedi Polo;
  • quelle del datore di lavoro al solo fine del calcolo dell’indennità mensile in caso di lavoratori iscritti alle Gestioni previdenziali dei dipendenti pubblici.

Alla domanda per l’indennità mensile con contratto di espansione deve essere anche associata:

  • la fideiussione bancaria a garanzia di solvibilità;
  • inoltre il datore di lavoro deve versare la contribuzione quando e se dovuta.

Dopodiché, come specificato dall’Inps, “a seguito della liquidazione della prestazione viene inviata al lavoratore una comunicazione con le informazioni relative all’importo e alla data di scadenza della prestazione medesima, nonché l’avviso che, per accedere al trattamento pensionistico alla scadenza dell’indennità, occorre presentare tempestivamente la relativa domanda”.

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