Pensione di garanzia: cos’è e perché è necessaria

Redazione Lavoro

10/12/2019

10/12/2019 - 17:23

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Che cos’è la pensione di garanzia, la misura a sostegno dell’assegno pensionistico destinata ai giovani lavoratori assunti dopo il 1996, e perché il governo vuole introdurla al più presto.

Pensione di garanzia: cos’è e perché è necessaria

Pensione di garanzia, la misura che salverebbe il futuro pensionistico dei giovani italiani. Come confermato dall’annuale Pension Adequacy Report 2018 dell’UE, il sistema pensionistico italiano non lascia più spazio a dubbi: in futuro gli importi degli assegni pensionistici saranno sempre più bassi.

Il passaggio al sistema contributivo ha rivoluzionato i criteri di calcolo delle pensioni basando l’importo dell’assegno esclusivamente sui contributi versati, diversamente quindi da quanto previsto dal precedente sistema retributivo che, indipendentemente dai versamenti effettuati nel corso della carriera lavorativa, garantiva una pensione superiore; pari a circa l’80% degli ultimi redditi da lavoro.

A fare le spese di questo sistema sono e saranno i giovani italiani. Il problema, evidente, è che oggi i lavoratori si trovano davanti a carriere sempre più frammentate, fatte di assunzioni a scadenza, interruzioni, precariato e stipendi sempre più bassi.

Dato che, secondo il sistema contributivo più versi più l’assegno sarà alto, l’attuale situazione economica e lavorativa non può che incidere negativamente sulle pensioni future; le generazioni del 1980 saranno costrette a lavorare fino ai 70 anni e con una pensione inferiore fino al 25% rispetto a quella dei genitori.

Il governo però sembra aver preso coscienza di questa allarmante situazione e, se già da tempo era sul tavolo la proposta di una pensione di garanzia a salvataggio del futuro assegno pensionistico dei giovani lavoratori, oggi trova nuove conferme nel governo giallorosso.

La riforma, importante e quanto mai urgente, ha però ancora una strada lunga prima di arrivare all’attuazione. Di seguito spieghiamo che cos’è la pensione di garanzia e perché è importante inserirla nell’attuale sistema pensionistico.

Pensione di garanzia, che cos’è

Secondo le stime l’Italia entrerà nel pieno del regimo contributivo a partire dal 2032. Ma gli effetti sono già visibili e, come anticipato, il rischio di povertà che gli odierni lavoratori corrono nel loro percorso verso l’assegno pensionistico è allarmante.

La pensione di garanzia, si ricorda ancora in fase di ideazione, nasce quindi con l’obiettivo di garantire un adeguamento delle pensioni per tutti, in particolare per i giovani lavoratori afflitti dalla piaga del precariato, assunti dopo il 1996 e che quindi rientrano a pieno nel sistema contributivo senza possibilità di beneficiare dell’integrazione minima.

Ad oggi rimane un progetto sul tavolo politico che sarebbe dovuto decollare con la legislatura gialloverde. Il nuovo esecutivo ha però rimesso in moto la macchina, facendo della pensione di garanzia una priorità all’interno del sistema previdenziale.

Secondo quanto precedentemente ipotizzato sul tavolo gialloverde, la pensione di garanzia avrebbe dovuto basarsi sugli anni di contributi e sull’età, ovvero:

  • 650 euro mensili per chi ha maturato 20 di contributi;
  • 30 euro in più al mese per ogni anno superiore ai 20.

Tutto rimane ipotetico, di certo c’è solo il fatto che il futuro pensionistico degli odierni lavoratori non è roseo e il governo è chiamato a prendere una decisione che possa garantire un futuro più stabile.

Pensioni: sistema contributivo e retributivo cosa cambia?

Per capire meglio l’importanza della pensione di garanzia è necessario capire come funziona l’attuale sistema pensionistico italiano che, nel dettaglio, si basa sui seguenti criteri di calcolo dell’assegno:

  • criterio contributivo: sistema adottato per i lavoratori privi di anzianità contributiva al 31.12.1995;
  • criterio retributivo: sistema adottato per il lavoratori con anzianità contributiva al 31.12.1995.

A partire dal 1°gennaio 2012 è stato però applicato il sistema contributivo a tutti i lavoratori sulla quota di pensione corrispondente alle anzianità versate e maturate dal 1°gennaio 2010. Ma facciamo chiarezza.

Il metodo retributivo calcola l’assegno pensionistico in base alla media tra retribuzioni ( per i lavoratori dipendenti) o redditi (per lavoratori autonomi) maturati negli ultimi 5 anni di lavoro. Il calcolo, nello specifico si compone di due quote:

  • La quota A è determinata sulla base dell’anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 1992 e sulla media delle retribuzioni degli ultimi 5 anni, o meglio, delle 260 settimane di contribuzione immediatamente precedenti la data di pensionamento per i lavoratori dipendenti, e dei 10 anni (520 settimane di contribuzione) immediatamente precedenti la data di pensionamento per i lavoratori autonomi;
  • La quota B è determinata sulla base dell’anzianità contributiva maturata dal 1° gennaio 1993 alla data di decorrenza della pensione e sulla media delle retribuzioni/redditi degli ultimi dieci anni per i lavoratori dipendenti e degli ultimi 15 anni per gli autonomi.

Il metodo contributivo, esteso a tutti i lavoratori con la riforma pensioni del 2011, calcola l’assegno pensionistico in base ai contributi versati che cambiano a seconda dell’età e del momento in cui si raggiunge la possibilità di pensionamento.

I fattori che contribuiscono a stabilire l’ammontare complessivo dell’assegno con sistema contributivo sono:

  • totale dei contributi versati;
  • età raggiunta al momento del pensionamento;
  • PIL del Paese.

Integrazione al trattamento minimo, chi ne ha diritto

L’integrazione al trattamento minimo rappresenta una forma di tutela verso quei pensionati che si trovano al di sotto di un determinato reddito e quindi con un assegno pensionistico insufficiente a garantire una vita dignitosa.

In altre parole nel caso in cui l’assegno pensionistico si trovi al di sotto di un determinato importo, fissato annualmente dalla legge, il pensionato ha diritto ad ottenere l’integrazione.

Per l’anno 2018 l’importo del trattamento minimo è di 507,42 € che viene riconosciuto in misura intera per coloro che hanno un reddito inferiore a 6.596,46 € (se pensionato solo) o 19.789,38 € (se coniugato). Ciò significa che questi percepiscono un assegno di poco più di 500 € anche qualora dal calcolo della pensione risultasse un importo più basso.

Tuttavia, la vera pecca, è che tale forma di tutela è valida solo per coloro che sono andati in pensione con il calcolo retributivo. Questo rappresenta quindi un’ulteriore spinta verso una pensione di garanzia che possa garantire a tutti i lavoratori con sistema contributivo un futuro assegno pensionistico dignitoso.

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