Passata Petti: perché 4.400 tonnellate di pomodoro sono state ritirate dal mercato

Antonio Cosenza

30 Aprile 2021 - 15:25

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4.400 tonnellate di passata Petti sono state sequestrate dai Carabinieri. L’accusa: “Non è prodotto 100% italiano come invece pubblicizzato”. L’azienda si difende: “Erano prodotti realizzati per conto terzi”.

Passata Petti: perché 4.400 tonnellate di pomodoro sono state ritirate dal mercato

La passata Petti è sotto inchiesta: i Carabinieri del nucleo per la Tutela agroalimentare hanno ritirato dal mercato 4.400 tonnellate di pomodoro, perlopiù sotto forma di conserve pronte per essere vendute.

Niente di dannoso per la salute dell’uomo, ma solo quella che secondo i Carabinieri potrebbe trattarsi di una truffa ai danni degli italiani. Perché le conserve sequestrate dal personale dell’Arma erano vendute con le etichette che vantano l’assoluta italianità del prodotto quando in realtà non sembra essere così.

Nel dettaglio, le passate Petti, nota azienda di Venturina Terme (frazione del comune italiano di Campiglia Marittima, nella provincia di Livorno) pur essendo pubblicizzate come “realizzate con pomodoro 100% italiano” presenterebbero delle “rilevanti percentuali di pomodoro concentrato estero” coltivato al di fuori dell’Unione Europea.

Pomodoro Petti: 4.400 tonnellate di prodotto ritirato, ecco perché

Basta andare sul sito della Petti per scoprire che le proprie passate vengono pubblicizzate come un prodotto a chilometro zero, in quanto per la realizzazione vengono utilizzati i pomodori coltivati dei territori della Val di Cornia, della Val di Chiana, in Maremma e nelle campagne senesi.

Non è così secondo la procura di Livorno, tanto da far scattare un’indagine per frode in commercio. Un’indagine che ha portato al sequestro di 4.400 tonnellate di pomodoro, perlopiù conserve, e ai sigilli allo stabilimento di Italian Food, impianto che in realtà doveva essere già fermo dal 24 marzo scorso visto lo stop imposto dall’Arpat per sforamenti negli scarichi dei reflui.

L’azienda sembra aver comunque trovato un accordo con le istituzioni per far tornare a lavoro i circa 130 dipendenti dello stabilimento, con la ripresa che dovrebbe essere in programma dopo il 4 maggio.

Nel dettaglio, secondo gli inquirenti, la colpa dell’azienda Petti sarebbe quella di aver posto in essere la “sistematica produzione e commercializzazione fraudolenta di conserve di pomodoro falsamente etichettate come pomodoro italiano - o toscano - al 100%, destinate poi alla grande distribuzione”. Secondo la Procura non ci sono dubbi a riguardo: al momento dell’arrivo dei Carabinieri, infatti, i dipendenti dell’azienda sono stati colti in flagranza mentre aggiungevano “percentuali variabili ma rilevanti” di concentrato extra UE al prodotto italiano.

Tant’è che dalla Procura si parla già di quella che potrebbe essere una delle più grandi frodi alimentari scoperte in Italia negli ultimi anni.

La difesa di Petti

Tra gli indagati - sei in totale - c’è anche l’amministratore unico dell’azienda, Pasquale Petti. Questo ci tiene a difendere la sua azienda dalle accuse, specificando che quelli sequestrati sarebbero prodotti “non imbottigliati a marchio Petti” e non destinati alla vendita nei supermercati italiani. Si tratterebbe invece di prodotti realizzati per conto terzi e destinati al mercato estero.

Spetterà alla procura valutare, ma nel frattempo c’è timore da parte di tutti quegli agricoltori del territorio che temono nel blocco della produzione Petti e di conseguenza di restare con il loro prodotto invenduto.

A tal proposito il Presidente di Confagricoltura Toscana, Marco Neri, ha sottolineato l’importanza di una maggiore valorizzazione - anche economica - del pomodoro maremmano e si è detto speranzoso riguardo alla possibilità che quanto successo all’azienda Petti - “se il loro comportamento verrà confermato dalle indagini è sicuramente da stigmatizzare” - non pregiudichi in qualche modo la filiera toscana.

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