Omicron, allarme per i nuovi sintomi: ecco perché chi è stato contagiato rischia infarto e ictus

Rosaria Imparato

6 Agosto 2022 - 11:12

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Omicron, chi è stato contagiato rischia problemi cardiovascolari anche gravi come infarto e ictus: le novità secondo gli ultimi studi fatti negli Stati Uniti sul Long Covid.

Omicron, allarme per i nuovi sintomi: ecco perché chi è stato contagiato rischia infarto e ictus

Chi è stato contagiato con la variante Omicron è a rischio infarto o ictus: ci sono nuovi studi americani sui problemi vascolari e il Long Covid. I ricercatori hanno usato i dati del Dipartimento per gli affari dei veterani (VA) degli Stati Uniti come base per stimare la frequenza con cui il Covid porta a problemi cardiovascolari.

La ricerca ha portato a scoprire che le persone che avevano contratto il virus avevano rischi aumentati per 20 condizioni cardiovascolari nell’anno successivo all’infezione. Non solo: secondo i ricercatori, queste complicazioni, anche le più gravi come l’ictus e l’infarto, possono presentarsi anche nei soggetti che sembrano essersi ripresi completamente da una lieve infezione.

Omicron, ecco perché chi è stato contagiato rischia infarto e ictus secondo nuovi studi americani

Ma come viene danneggiato il cuore dal Long Covid? L’effetto del Covid sul cuore potrebbe essere correlato alla proteina chiave che il virus usa per entrare nelle cellule. Il virus si lega a una proteina chiamata ACE2, che si trova sulla superficie di decine di tipi di cellule umane. Secondo Ziyad Al-Aly, epidemiologo della Washington University di St. Louis, Missouri, questo consente al virus di avere accesso a tutte le cellule del corpo. Probabilmente i problemi cardiovascolari iniziano quando il virus entra nelle cellule endoteliali che rivestono i vasi sanguigni.

Mentre il corpo elimina l’infezione si formano dei coaguli di sangue per curare i danni causati dal virus. Questi coaguli possono ostruire i vasi sanguigni, causando danni lievi come il dolore alle gambe o gravi come un infarto. Uno studio basato su oltre 500.000 casi ha rilevato che le persone che erano state infettate avevano un rischio maggiore del 167% di sviluppare un coagulo sanguigno nelle due settimane successive all’infezione rispetto alle persone che avevano avuto l’influenza.

Robert Harrington, cardiologo della Stanford University in California, dice che anche dopo l’infezione iniziale, le placche possono accumularsi dove la risposta immunitaria ha danneggiato il rivestimento dei vasi sanguigni, causando il restringimento dei vasi stessi. Questo può portare a problemi, anche seri come infarti e ictus, mesi dopo la guarigione della ferita iniziale. Spiega Harrington, le cui parole vengono riprese dal Messaggero: «Quelle prime complicazioni possono sicuramente tradursi in complicazioni successive».

Allarme Omicron, non solo rischio infarto: “i sintomi possono durare tutta la vita”

Durante la pandemia i medici hanno segnalato problemi cardiovascolari legati al Covid, ma le preoccupazioni sono aumentate dopo che i risultati dello studio sui dati del Dipartimento per gli affari dei veterani sono stati pubblicati all’inizio del 2022.

L’analisi di Ziyad Al-Aly si basa sul confronto di più di 150.000 persone guarite dal Covid acuto con i loro coetanei non infetti, oltre a un gruppo di controllo pre-pandemia. Le persone che erano state ricoverate in terapia intensiva con infezioni acute avevano un rischio drasticamente più elevato di problemi cardiovascolari durante l’anno successivo. In particolare, per alcune condizioni, come il gonfiore del cuore e i coaguli di sangue nei polmoni, il rischio è aumentato di almeno 20 volte rispetto a quello dei coetanei non infetti. Ma il rischio era aumentato anche per le persone che non erano state ricoverate in ospedale: da un aumento dell’8% del tasso di attacchi di cuore a un aumento del 247% del tasso di infiammazione cardiaca.

Per continuare a studiare gli effetti del Covid a lungo termine negli Stati Uniti si sta organizzando uno studio chiamato Researching COVID to Enhance Recovery, o RECOVER, project. L’obiettivo è seguire 60.000 persone per un massimo di 4 anni in più di 200 siti negli Usa. Lo studio includerà partecipanti con Long Covid, persone che sono state infettate e si sono riprese e altre che non sono mai state infettate. Saranno compresi nello studio anche bambini e persone incinte. Il cardiologo Stuart Kats, che lavora alla New York University, è il ricercatore principale del progetto e ha detto che «Si sta registrando per tutta la durata della vita».

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