L’oltraggio a pubblico ufficiale è sempre reato: la novità del Decreto Sicurezza Bis

Simone Micocci

22 Luglio 2019 - 15:49

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Reato di oltraggio a pubblico ufficiale, regole più severe con il Decreto Sicurezza Bis: per chi offende le Forze dell’Ordine non esistono giustificazioni.

L’oltraggio a pubblico ufficiale è sempre reato: la novità del Decreto Sicurezza Bis

Oltraggio a pubblico ufficiale, norme più severe con l’approvazione del Decreto Sicurezza Bis.

Nel testo del decreto legge licenziato dalla Commissione Affari Costituzionali e Giustizia della Camera dei deputati è presente un emendamento - a firma dell’ex segretario generale del SAP (sindacato autonomo Polizia di Stato) Gianni Tonelli - con cui viene impedita l’archiviazione per lieve tenuità del fatto nei confronti di coloro che commettono oltraggio - ma anche violenza o resistenza - al pubblico ufficiale.

L’oltraggio a Pubblico Ufficiale è il reato previsto dalla legge 94/2009 che ha introdotto il nuovo articolo 341bis del Codice Penale. Nel dettaglio, si definisce oltraggio la condotta di una persona che offende l’onore e il prestigio di un Pubblico Ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni.

Sono pubblici ufficiali tutti i dipendenti dell’amministrazione pubblica, come ad esempio i vigili, gli ufficiali giudiziari e le forze dell’ordine.

Non sempre però l’offesa rivolta al pubblico ufficiale che compie un’atto di ufficio si identifica come “oltraggio”. Per far scattare il reato di oltraggio a Pubblico Ufficiale, infatti, è necessario che sussistano determinate condizioni.

Tuttavia, anche nel caso in cui queste sussistano, non è raro che il giudice decida di archiviare il fatto dal momento che le accuse rivolte al pubblico ufficiale sono troppo lievi e occasionali per costituire reato. È proprio su questo punto che interviene l’emendamento al Decreto Sicurezza Bis (che già questa settimana verrà discusso alla Camera), poiché questo vieta al giudice di applicare qualsiasi tipo di giustificazione all’oltraggio.

Qualora sussistano i criteri affinché si possa parlare di oltraggio a pubblico ufficiale, l’offesa - indipendentemente dalla sua tenuità - costituirà sempre reato e il giudice non potrà far altro che stabilire la pena prevista. “Finalmente si penalizza il partito dell’anti-polizia e si dà il giusto valore alla legalità che, negli ultimi anni, si era perduta”, ha dichiarato Tonelli, soddisfatto per il fatto che finalmente il personale in divisa sarà tutelato nello svolgimento del suo lavoro.

Non vengono apportate però altre modifiche al reato di oltraggio, aggressione o resistenza a pubblico ufficiale: condizioni e pene, quindi, rimangono quelle descritte dalle disposizioni vigenti.

Ma quando si può parlare davvero di oltraggio a pubblico ufficiale? Negli ultimi anni si sono susseguite molte sentenze della Corte di Cassazione con le quali è stata fatta chiarezza su quali sono i presupposti per cui un’offesa nei confronti di un vigile o di un dipendente delle Forze di Polizia fa scattare un procedimento penale a carico di chi insulta.

Offesa nei confronti di un Pubblico Ufficiale: quando è reato?

La finalità dell’articolo 341bis del Codice Penale è di tutelare l’onore e il prestigio di un Pubblico Ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni. Visti questi presupposti, il reato di oltraggio a PU sussiste solamente in presenza di determinate condizioni:

  • l’offesa viene posta in luogo pubblico o aperto al pubblico (come ad esempio in cinema e teatri);
  • la condotta offensiva viene messa in atto in presenza di più persone;
  • la frase rivolta nei confronti del PU deve contenere parole o frasi volgari e offensive che assumono una valenza oggettivamente denigratoria;
  • non c’è oltraggio nel caso in cui l’offesa al Pubblico Ufficiale avvenga per via telegrafica o telefonica;
  • l’offesa avviene nel momento in cui il Pubblico Ufficiale sta compiendo “un atto di ufficio”.

Quest’ultimo presupposto è molto importante, perché distingue l’offesa al Pubblico Ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni (che non costituisce reato) da quella rivolta verso chi compie un atto d’ufficio.

Prendiamo come esempio una persona che offende un vigile urbano: qualora l’ingiuria non sia causata dall’atto d’ufficio questa non si identifica come reato, mentre nel caso contrario sì (quindi se il vigile viene insultato per aver inflitto una multa).

In questo modo non si considerano offese tutte le frasi ingiuriose rivolte al Pubblico Ufficiale ma circoscritte alla sfera privata.

Oltraggio a Pubblico Ufficiale solo se c’è turbamento

Una recente sentenza del Tribunale di Campobasso ha stabilito che il reato di oltraggio a Pubblico Ufficiale non scatta in caso di:

  • reazione genericamente minatoria;
  • espressione di sentimenti ostili in mancanza di una specifica prospettazione di un danno ingiusto.

In sostanza, il Tribunale ha specificato che l’ingiuria si identifica come reato solo se è tale da turbare il PU dall’assolvimento dei suoi compiti istituzionali. In mancanza di questo presupposto non ci sono conseguenze né penali né amministrative per l’accusatore.

A tal proposito la Corte di Cassazione successivamente ha aggiunto che si ha oltraggio solo se la violenza o la minaccia messa in atto costringe il Pubblico Ufficiale a non adempiere alle proprie funzioni.

Oltraggio a Pubblico Ufficiale: sanzioni e cause di estinzione del reato

Il reato è punibile con la reclusione, per un massimo di tre anni.

La legge però prevede l’estinzione del reato di oltraggio a Pubblico Ufficiale nel caso in cui l’imputato, prima del giudizio, decida di risarcire il danno arrecato sia alla persona offesa che al suo ente di appartenenza.

Infine, la legge identifica alcune cause di non punibilità per il reato: nel dettaglio, non possono essere punite quelle offese provocate dal pubblico ufficiale che ha ecceduto con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni.

Quindi, non c’è reato qualora la reazione sia successiva ad un abuso di potere da parte del Pubblico Ufficiale.

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