Sentenze di assoluzione, quali sono, differenze e significato

Ilena D’Errico

29 Gennaio 2024 - 23:14

condividi

Ecco quali sono le sentenze di assoluzione nel processo penale, quali differenze presentano e cosa significano.

Sentenze di assoluzione, quali sono, differenze e significato

Al termine del processo penale, sulla base delle prove acquisite il giudice può formulare una sentenza di condanna o di assoluzione. Spesso si parla della sentenza di assoluzione in riferimento all’innocenza dell’imputato, dimenticando che nell’ordinamento penale italiano esistono varie tipologie di assoluzione.

In tutti i casi, non è stato possibile riconoscere nell’ambito del processo la colpevolezza dell’imputato in merito al reato contestato. Ci sono varie ragioni per cui ciò può accadere, tra cui ovviamente l’innocenza del soggetto, ma non solo. La legge penale si basa infatti sulla presunzione di non colpevolezza, secondo cui ognuno è innocente fino a prova contraria.

Le formule di assoluzione liberano in ogni caso l’imputato dalle accuse, lasciando la sua fedina penale immacolata a prescindere dalla formula utilizzata. In alcuni casi, tuttavia, l’assoluzione non comporta l’estraneità dell’accusato rispetto all’illecito, sebbene non sia stato ritenuto colpevole del reato. Ecco che possono comunque presentarsi effetti pregiudizievoli, nonostante l’assoluzione, tanto che l’imputato può perfino impugnare la sentenza.

Ecco quali sono le formule di assoluzione nel processo penale, cosa significano e quali differenze ci sono.

Il fatto non sussiste

L’imputato può essere assolto perché il fatto non sussiste. Si usa questa formula quando il fatto contestato in realtà non è mai avvenuto e dunque non è nemmeno stato compiuto da altri. Per esempio:

  • Un oggetto non è stato rubato ma si è smarrito;
  • la presunta vittima di omicidio è in realtà deceduta per cause naturali;
  • il paziente non è morto per colpa del medico ma per altri motivi.

Con questa formula si nega in tutto e per tutto l’accusa: l’imputato non ha commesso alcun reato proprio perché quest’ultimo non è mai avvenuto. È evidente che si tratta di una formula liberatoria, che scagiona completamente il soggetto accusato, infatti si parla in proposito di formula piena.

L’assoluzione con formula piena comporta la condanna del querelante al pagamento delle spese processuali e delle spese sostenute dall’imputato, nonché di quelle sostenute dal responsabile civile se il querelante si è costituito parte civile.

L’imputato non ha commesso il fatto

Esiste un’altra formula di assoluzione piena che sancisce l’estraneità dell’imputato rispetto al reato, stabilendone l’innocenza e producendo gli stessi effetti dell’assoluzione per fatto non sussistente. Si tratta della formula che dichiara che l’imputato non ha commesso il fatto.

Significa che è effettivamente avvenuto il fatto contestato all’imputato e che costituisce reato, ma è stato qualcun altro a commetterlo.

Il fatto non costituisce reato

È possibile essere assolti nonostante sia stata provata la relazione rispetto al fatto commesso. Ciò accade quando il tribunale rileva che il fatto non costituisce reato. In questo caso, è avvenuto il fatto di cui è accusato l’imputato e quest’ultimo lo ha commesso, ma non è un reato e dunque non ha rilevanza penale.

Ciò può avvenire per svariate motivazioni, per esempio quando si applica una condizione di non punibilità come la legittima difesa, ma anche quando mancano gli elementi richiesti dalla legge per quella fattispecie. Alcuni reati si configurano soltanto quando c’è dolo, cioè intenzionalità, come il furto.

Il soggetto può comunque avere conseguenze civili per il fatto commesso.

Il fatto non è previsto dalla legge come reato

L’assoluzione si ha anche quando il fatto commesso dall’imputato non è da considerarsi un reato, non per via della mancanza di requisiti, bensì perché la legge non lo considera tale. Si usa quindi questa formula per i reati abrogati o depenalizzati.

L’imputato non è imputabile o punibile

L’imputato viene assolto anche quando non è imputabile (perché minore di 14 anni) o non punibile per via di un vizio di mente. In questi casi è stato comprovato che il soggetto ha commesso il fatto e che quest’ultimo costituisce un reato, ma l’autore non può subire la condanna penale.

Le formule dubitative

L’assunzione con formula dubitativa non certifica la completa estraneità dell’imputato rispetto al fatto contestato, tantoché non ha diritto al rimborso delle spese legali sostenute e il giudice può comunque applicare misure di sicurezza. Questo tipo di assoluzione si ha quando le prove mancano, sono insufficienti o contraddittorie.

Ciò accade in virtù della presunzione di non colpevolezza, per la quale la condanna può avvenire soltanto al di là di ogni ragionevole dubbio. Sono queste le sentenze di assoluzione contro cui è possibile presentare appello, dato che sono comunque pregiudizievoli.

Per quanto riguarda la sfera puramente giuridica, tuttavia, l’assoluzione è sempre piena, al di là della formula impiegata, come esplicitato anche dalla Corte di Cassazione.

Argomenti

# Legge
# Reato

Iscriviti a Money.it