Naspi, cosa bisogna fare per non perderla in anticipo: il calendario delle scadenze

Simone Micocci

31/01/2023

31/01/2023 - 12:48

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Indennità di disoccupazione, attenzione alle prossime scadenze: chi rischia di perderla in anticipo e perché.

Naspi, cosa bisogna fare per non perderla in anticipo: il calendario delle scadenze

Chi prende la Naspi deve tener conto di regole e scadenze valide per il 2023 se non vuole incorrere nella perdita anticipata della prestazione.

Ad esempio, una scadenza molto importante riguarda coloro che sono iscritti alla Gestione Separata e nel frattempo percepiscono la Naspi, anche laddove da anni non svolgano alcuna attività di collaborazione o da liberi professionisti e quindi non hanno versato alcun contributo nell’ultimo periodo. Questi, infatti, devono sapere che anche se il reddito che si presume di percepire nel 2023 è pari a zero, bisogna darne comunque comunicazione all’Inps entro il termine del 31 gennaio.

Diversamente, il pagamento della Naspi viene sospeso fino a quando non verranno fornite le informazioni richieste affinché l’Inps possa effettuare un corretto calcolo della disoccupazione. Ricordiamo, infatti, che avviare un’attività lavorativa non comporta di per sé la perdita della Naspi: laddove l’importo percepito sia talmente basso da far mantenere lo stato di disoccupazione, allora si potrà continuare a beneficiare della Naspi, il cui valore si riduce di un importo pari all’80% del reddito presunto, il quale va quindi prontamente comunicato all’Istituto.

Naspi, cosa fare entro il 31 gennaio 2023

Come indicato nella circolare Inps n. 94 del 1995 i lavoratori autonomi che nel contempo percepiscono la Naspi devono osservare una serie di regole se vogliono continuare a beneficiare dell’indennità.

Qui, infatti, si legge che lo svolgimento dell’attività lavorativa in forma autonoma, d’impresa, individuale o parasubordinata, è compatibile con la Naspi nel caso in cui ne derivi un reddito inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione, ossia 5.500 euro nel 2023.

Tuttavia, al lavoratore autonomo viene chiesto di rispettare una serie di scadenze. Ad esempio, utilizzando il modello Naspi Com, va comunicato il reddito annuo che si prevede di percepire da tale attività. La comunicazione va inviata:

  • entro 1 mese dall’inizio dell’attività;
  • entro 1 mese dalla domanda Naspi laddove l’attività in oggetto risulti già avviata.

Senza comunicazione il diritto all’indennità di disoccupazione decade.

In questo modo l’importo della Naspi - così calcolato - viene ridotto per l’80% del reddito previsto, rapportato al periodo di tempo intercorrente tra la data d’inizio dell’attività e la data di fine dell’indennità o, se antecedente, la fine dell’anno.

Come appena visto, il reddito dichiarato fa riferimento all’anno precedente, quindi laddove una delle attività suddette dovesse protrarsi anche nell’anno successivo bisognerà darne nuova comunicazione. La scadenza è la fine del mese dell’anno successivo, quindi il 31 gennaio 2023 per coloro che hanno avviato un’attività di lavoro autonomo negli anni scorsi. Ricordiamo che non è necessario che ci sia un certo reddito da dover comunicare: basta l’iscrizione alla Gestione separata per dover assolvere al suddetto obbligo, anche nel caso in cui si presuma di percepire un reddito pari a zero.

Tale comunicazione va data, quindi, entro oggi: per chi non lo fa scatta la sospensione dei pagamenti, i quali riprenderanno solo quando l’Inps riceverà le informazioni richieste. A tal proposito, fermo restando che è il titolare di Naspi a doversi informare in merito ai propri obblighi, sarà cura delle strutture territoriali dell’Inps sollecitarne l’adempimento.

Cosa fare entro il 31 marzo 2023

Ma c’è una seconda scadenza da tenere ben in mente. Come visto sopra, infatti, all’Inps va comunicato il reddito presunto: ma in che modo l’Istituto può valutare se la somma dichiarata è stata quella effettivamente percepita? Una volta terminato l’anno, infatti, l’Inps ha bisogno di capire se effettivamente il ricalcolo della Naspi è stato effettuato correttamente, oppure se il reddito percepito è stato maggiore di quello presunto e quindi sia necessario procedere con un ulteriore taglio e con il recupero delle somme precedentemente erogate.

Nel dettaglio, il ricalcolo avviene d’ufficio una volta che il titolare della Naspi presenterà dichiarazione dei redditi.

Tuttavia, nel caso di coloro che sono esenti dall’obbligo di dichiarazione dei redditi, l’Inps prevede che sia il beneficiario a comunicare all’Inps - autodichiarandolo - il reddito ricavato dall’attività lavorativa. Tale comunicazione va data entro il 31 marzo dell’anno successivo. Di fatto, chi quest’anno non ritiene di presentare dichiarazione dei redditi, avrà tempo fino al 31 marzo 2023 per inviare la suddetta autodichiarazione.

E per chi non lo fa c’è una sanzione molto più severa rispetto a coloro che non osservano la scadenza del 31 gennaio: infatti, il lavoratore sarà obbligato a restituire tutta la Naspi percepita a partire dalla data d’inizio dell’attività lavorativa.

E in caso di nuovo lavoro subordinato?

Mettiamo invece il caso che l’interessato anziché avviare un’attività di lavoro autonomo venga assunto come dipendente. Cosa deve fare per mantenere il diritto alla Naspi, fermo restando che l’importo viene comunque ridotto dell’80% del valore percepito?

Ebbene, in caso di nuova occupazione con contratto di lavoro subordinato del soggetto percettore di Naspi, con reddito annuale talmente basso da far mantenere lo stato di disoccupazione (quindi non superiore a 8.174 euro), il titolare dell’indennità deve comunicare il reddito annuo previsto entro 1 mese dell’inizio dell’attività.

Per il calcolo della riduzione effettiva si prenderà sempre come riferimento la dichiarazione dei redditi, obbligatoria quindi per coloro che lavorano come dipendenti e nel contempo percepiscono l’indennità di disoccupazione.

Laddove il reddito non venga comunicato, allora:

  • la Naspi viene sospesa qualora il rapporto di lavoro sia di durata inferiore a 6 mesi;
  • la Naspi decade qualora il rapporto di lavoro sia di durata superiore a 6 mesi (o a tempo indeterminato).

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