Lockdown: perché se ne torna a parlare con maggiore insistenza

Antonio Cosenza

20 Febbraio 2021 - 09:37

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Nelle ultime ore è aumentato il gruppo di coloro che chiedono al Governo di prendere in considerazione l’idea di un lockdown. Quali sono i fattori di rischio? Scopriamolo.

Lockdown: perché se ne torna a parlare con maggiore insistenza

Il lockdown in Italia è tornato argomento di discussione negli ultimi giorni, a differenza di qualche settimana fa quando sembrava che la situazione sanitaria fosse ormai in via di miglioramento.

Basti pensare che qualche settimana fa tutta Italia, eccetto qualche eccezione come la Puglia, era in zona gialla, mentre da questa domenica la penisola si colorerà sempre più di arancione: ad Abruzzo, Liguria, Toscana e Umbria, infatti, si aggiungeranno anche Emilia Romagna, Campania e Molise.

E non è escluso che, al fine di limitare ancora gli spostamenti tra Regioni, non venga deciso che tutta Italia diventi arancione per qualche settimana (idea sulla quale oggi discuteranno le Regioni).

Gli esperti chiedono prudenza, così come i Governatori delle Regioni: e molti in queste ore hanno sdoganato il termine “lockdown”, non escludendo quindi una nuova chiusura generale per l’Italia. L’ultimo, in ordine cronologico, è stato il Governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, il quale ha chiesto al Governo Draghi di “valutare un lockdown”.

Ma per quale motivo in Italia si è tornati a parlare di lockdown? Quali sono gli elementi di rischio? Facciamo chiarezza.

Perché in Italia si è tornati a parlare di lockdown

L’Istituto Superiore di Sanità nel consueto monitoraggio settimanale non ha utilizzato mezzi termini per descrivere la situazione in Italia: l’indice Rt è salito a 0,99 ed è per questo che viene chiesto al Governo di rafforzare le misure come negli altri Paesi UE.

Ogni decisione a riguardo spetterà alla politica, ma gli esperti hanno le idee chiare a riguardo: urgono nuove restrizioni per evitare l’esplosione dei contagi.

La curva è in salita da ormai tre settimane: aumentano i casi (ieri 15.500 e 353 decessi), mentre i ricoveri in terapia intensiva sono ormai da giorni stabilizzati intorno alle 2.000 unità e non sembrano avere intenzione di scendere.

L’incidenza è cresciuta: siamo ormai a 135,46 casi per 100 mila abitanti, molto lontani dalla soglia dei 50 casi che permetterebbe il completo ripristino del sistema di tracciamento.

A preoccupare c’è anche il fattore stagionalità: lo scorso anno di questo periodo cominciava l’incubo dei contagi, i quali esplosero nel mese di marzo. Il timore degli esperti è che proprio il prossimo mese possa arrivare la tanto temuta terza ondata.

È vero che oggi ci sono i vaccini che riducono l’impatto della pandemia, ma allo stesso tempo preoccupa la questione varianti. Secondo le stime dei tecnici del Ministero della Salute e del CTS, la variante inglese è già in un caso su tre e presto potrebbe essere dominante con il rischio che i contagi possano aumentare ancora.

Il meccanismo della divisione per fasce non piace più

Ma c’è un altro fattore per cui si torna a parlare di lockdown e riguarda il meccanismo della divisione per fasce. Gli esperti, infatti, cominciano ad avere i loro dubbi sulla sua efficacia: nelle zone gialle le restrizioni non sono sufficienti per limitare i contagi, anzi è proprio qui che aumentano. Nelle zone arancioni si riesce a contenere i contagi, mentre solo nelle zone rosse questi si riducono.

E non solo: anche le Regioni cominciano ad essere diffidenti a riguardo. Queste ritengono che il passaggio continuo tra giallo e arancione - e viceversa - non faccia altro che destare confusione ed è per questo motivo che potrebbero chiedere al Governo di rendere tutta Italia “arancione” per qualche settimana così da prevedere restrizioni uniforme su tutto il territorio.

La situazione sanitaria, quindi, impone prudenza e il meccanismo oggi utilizzato non sembra essere funzionale come si pensava fino a qualche settimana fa. Ed è per questo che si comincia a discutere di alternative, nel rispetto delle linee guida dell’UE che impongono la massima prudenza. E un’alternativa - che tuttavia verrà presa in considerazione solo a fronte di un repentino peggioramento - potrebbe essere appunto quella di un nuovo lockdown.

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