Una manovra da 30 miliardi per mantenere le promesse: possibile solo sforando il 3%

Alessandro Cipolla

3 Settembre 2018 - 13:24

condividi

Stimando al ribasso le spese per le riforme, al governo serviranno almeno 30 miliardi per la legge di Bilancio: necessario lo sforamento del tetto del 3%.

Una manovra da 30 miliardi per mantenere le promesse: possibile solo sforando il 3%

Le alternative sono due: o il governo abbassa le pretese e accetta di non poter mantenere da subito fede a tutte le promesse elettorali fatte, oppure la legge di Bilancio 2019 dovrà essere segnata dallo sfioramento o sforamento del tetto del 3% nel rapporto deficit/Pil.

Conti alla mano infatti, facendo anche una stima al ribasso, la prossima manovra costerebbe almeno 30 miliardi: al momento non sono all’orizzonte misure per reperire una copertura adeguata, con l’unica soluzione che sarebbe di conseguenza quella di forzare il patto di stabilità con Bruxelles.

Le spese nella legge di Bilancio

Finito agosto il “governo del cambiamento” è chiamato ora al suo primo vero banco di prova: imbastire la legge di bilancio 2019. Entro il 27 settembre infatti dovrà essere pubblicata la nota di aggiornamento al Def, mentre per il 15 ottobre l’Unione Europea aspetta di conoscere quali saranno i dettagli della manovra.

Sia in campagna elettorale che nel contratto di governo, Lega e Movimento 5 Stelle si sono presi impegni ben precisi con i cittadini. Anche solo avviare le principali riforme avrà però un costo molto alto.

  • Reddito di Cittadinanza - 2,2 miliardi (rimodulare i centri per l’impiego)
  • Flat Tax - 3,3 miliardi (estensione regime forfettario al 15% per le partite Iva ai redditi fino a 100.000 euro)
  • Pensioni - 3 miliardi (Quota 100)
  • Sud - 1 miliardo (decontribuzioni per chi assume)
  • Pubblica Amministrazione - 1 miliardo (rinnovo contratti)

Si tratta quindi soltanto di primi tasselli delle riforme. La Flat Tax per esempio andrebbe a riguardare soltanto alcune partite Iva, mentre per il Reddito di Cittadinanza si inizierebbe con il riammodernare i centri per l’impiego, conditio sine qua non per avviare il progetto.

Per quanto riguarda invece la riforma Fornero con la Quota 100 si punta a mandare in pensione in anticipo parecchi lavoratori, ma non dovrebbe essere toccato il meccanismo dell’innalzamento dell’età pensionabile legato alla aspettativa di vita (dal 1 gennaio tutti in pensione a 67 anni, con aumenti poi progressivi negli anni).

A queste voci di spesa si dovranno aggiungere nella prossima legge di Bilancio altri esborsi.

  • Disinnesco clausole di salvaguardia - 12,5 miliardi
  • Interessi - 2,7 miliardi
  • Spese indifferibili - 5 miliardi

Contando quindi le varie proposte del governo (stimandole al ribasso) e ipotizzando che la maggioranza vada a disinnescare le clausole di salvaguardia non facendo così aumentare l’Iva, il conto totale per la manovra sarebbe di 30,7 miliardi.

Le entrate

Come abbiamo visto nelle intenzioni del governo sono tante e impegnative le voci che si vogliono inserire nella legge di Bilancio. Per cercare di coprire i costi, al momento queste sono state le soluzioni in entrata pensate.

  • Spending Review - 1 miliardo
  • Pace Fiscale - 3,5 miliardi (per i debiti fino a 100.000 euro)
  • Stop Ape Social - 1,8 miliardi
  • Taglio pensioni d’oro - 500 milioni

Sarebbero quindi 6,8 i miliardi che entrerebbero nelle casse dello Stato, anche se per quanto riguarda la Pace Fiscale si tratta di una stima ma si deve tenere conto che negli anni scorsi dai vari condoni si è incassato sempre meno del previsto.

Dove trovare quindi gli altri soldi necessari? L’unica soluzione è quella di alzare l’asticella per quanto riguarda il rapporto tra deficit e Pil. Se nella prima versione del Def questo è allo 0,8% in continuazione con il governo Gentiloni, ci potrebbe essere adesso un sostanzioso ritocco verso l’alto.

Il ministro dell’Economia Giovanni Tria, anche per tenere calmi i mercati e Bruxelles, vorrebbe non andare oltre l’1,5%. Così facendo si è calcolato che il governo potrebbe avere 10 miliardi in più da spendere.

Un innalzamento che però sarebbe ancora insufficiente per coprire tutte le varie riforme. Ecco dunque che Matteo Salvini ha parlato di poter “sfiorare” il tetto del 3%, il massimo consentito, mentre Luigi Di Maio e Giancarlo Giorgetti hanno ipotizzato anche uno sforamento.

Dietro queste che potrebbero sembrare soltanto cifre e percentuali si nasconde invece una partita delicatissima, se non vitale, per l’Italia. Se l’agenzia di rating Fitch venerdì ha sostanzialmente dato altro tempo al governo, a fine ottobre quando già si conosceranno i dettagli della manovra Standard & Poor’s e Moody’s potrebbero declassare il nostro paese.

Se le due agenzie di rating dovessero declassare l’Italia le conseguenze potrebbero essere catastrofiche: lo spread che già è aumentato negli ultimi mesi con un ritmo simile al 2011 potrebbe schizzare, provocando così una tempesta finanziaria per il nostro paese.

In ballo nelle prossime settimane quindi non ci saranno soltanto la Flat Tax o il Reddito di Cittadinanza: se il nostro governo non riuscirà a essere convincente con l’Europa e i mercati, a rischio sarebbe la tenuta finanziaria del paese.

Iscriviti a Money.it