Italia: crollo a fine anno per l’economia? I segnali ci sono

Violetta Silvestri

26 Novembre 2022 - 11:37

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Che fine anno sarà per l’economia italiana? Il clima sta peggiorando per le imprese e il sistema produttivo: lo afferma l’ultimo studio di Confindustria. Perché il Paese rischia un crollo.

Italia: crollo a fine anno per l’economia? I segnali ci sono

L’Italia potrebbe chiudere il 2022 con una caduta del sistema economico e produttivo: l’allarme è del Centro studi di Confindustria, che ha messo in guardia il Paese sul clima in netto peggioramento per il quarto trimestre.

Gli ingredienti per un crollo di fine anno ci sono tutti e riguardano la nostra nazione e il più ampio contesto europeo: il caro-energia persiste e i prezzi del gas a novembre stanno risalendo; l’inflazione è da record e si è espansa sui beni di largo consumo, con un carrello della spesa in Italia che ha raggiunto prezzi eccezionali; i tassi di interesse della Bce sono in costante aumento; le imprese rischiano per carenza di liquidità e per debiti sempre più onerosi.

In questa cornice, il quarto trimestre si preannuncia più cupo degli altri. E l’Italia potrebbe chiudere il 2022 con un peggioramento economico: ci sarà il crollo?

Italia: 4 segnali economici della crisi di fine 2022

Se finora l’economia italiana ha mostrato una certa resilienza, con un Pil acquisito nel 2022 +3,9%, il vento può cambiare a fine anno e il focus è tutto sul quarto trimestre.

I segnali di un indebolimento generale, che preannunciano la caduta tra la fine dell’anno e l’inizio del nuovo, li ha illustrati il Centro Studi di Confindustria nell’ultimo report del 26 novembre 2022.

Sono almeno 4 i fattori che indicano debolezza.

Il primo riguarda la produzione industriale nazionale. Con un calo non trascurabile dell’1,8% a settembre, le industrie hanno inziato a mostrare debolezza, sebbene Confindustria abbia sottolineato che la diminuzione nella media del terzo trimestre è stata di un più modesto 0,4% e, in generale, la manifattura ha retto.

Tuttavia, la nota è chiara sul prossimo futuro: “gli indicatori qualitativi sono peggiorati, tracciando la rotta per un più pesante segno meno nel 4° trimestre: il PMI in ottobre è sceso ancor più in area negativa (46,5); i giudizi sugli ordini proseguono la flessione (-9,6 a novembre); la fiducia delle imprese manifatturiere resta compressa.”

In secondo luogo, i prezzi del gas stanno di nuovo avanzando e ha ampiamente superato i 100 euro per megawattora negli ultimi giorni di novembre, dopo che si era attenuato a ottobre. Questo andamento in salita non è un buon segnale per l’inflazione italiana ed europea, già a livelli massimi.

Con lo stallo in Ue sul price cap e le rinnovate minacce della Russia allo stop delle forniture dell’unico passaggio ancora attivo, ovvero quello tramite l’Ucraina, la crisi del gas si è accentuata. E la quotazione olandese è schizzata su uno scenario a breve termine di incertezza e flussi in diminuzione.

L’inflazione, in questo contesto, è in costante aumento, come mostra il grafico di confronto tra Italia, Eurozona, Usa: i prezzi salgono nella nostra nazione e nella regione a moneta unica, si raffreddano invece negli Usa. La disparità non fa che peggiorare le condizioni di concorrenza per le imprese.

Inflazione Usa, Eurozona, Italia Inflazione Usa, Eurozona, Italia Prezzi in crescita in Italia e in Eurozona, in calo negli Usa

Poi occorre considerare che l’export, che ha visto una solida ripresa in Italia grazie soprattutto alle vendite extra-Ue, potrebbe subire un rallentamento: “Negative le indicazioni sugli ordini manifatturieri esteri, molto deboli in ottobre. In prospettiva peserà la debolezza della domanda estera, specie in Europa, a causa di incertezza e inflazione.”

Il quarto è ultimo segnale di un fine anno debole per l’economia italiana arriva dalle previsioni sull’Eurozona, che mostrano un deterioramento. Nella prima parte del 2022, la ripresa della regione è stata supportata da consumi e investimenti, ma ora il quadro economico sta cambiando. Con i prezzi energetici in costante crescita e la prospettiva di tassi di interesse più alti, la recessione è alle porte.

La fiducia delle imprese è calata a ottobre e una frenata delle attività aziendali è data per certa in Eurozona. Con ovvio coinvolgimento dell’Italia.

Imprese italiane sempre più indebitate

Uno sguardo dettagliato e preoccupato è riservato alle imprese nelle studio di Confindustria. Il 2022 non finirà nei migliori dei modi per le aziende italiane.

Innanzitutto, il rialzo dei tassi della Bce non sarà indolore per gli imprenditori: l’aumento del costo di finanziamento “ha già iniziato a trasferirsi sui tassi pagati dalle imprese in Italia, che fino a settembre sono aumentati di quasi un punto (da 1,74% a 2,59% per le PMI; da 0,76% a 1,69% per le grandi) e sembrano destinati a salire molto di più.”

Il calcolo di Confindustria è di 2,3 miliardi in più in un anno per il costo del credito delle aziende, con il rischio di arrivare a 6,8 miliardi se il rialzo dei tassi seguirà pienamente quello del BTP.

Secondo uno studio di Bankitalia, le imprese italiane nel 2° e 3° trimestre 2022 hanno chiesto più prestiti, ma per scorte e capitale circolante, non per investimenti e soprattutto nel breve termine.

C’è poi un allarme liquidità, in erosione: le imprese “avrebbero bisogno oggi di alleggerire il peso del debito, anzitutto allungando i tempi di rimborso dei prestiti già in essere, invece di tornare a indebitarsi ulteriormente. Inoltre, nella misura in cui l’esigenza di liquidità, indotta dal caro-energia, conduce a debito addizionale, ciò avviene a tassi crescenti sulle nuove operazioni: l’onere del debito, dunque, cresce due volte.”

Questa spirale prezzi energetici alti-tassi elevati-bollette più care, significherà per l’Italia un finale di anno con meno investimenti delle imprese e un calo dei consumi delle famiglie, la cui liquidità sarà impiegata per pagare l’energia e non per acquistare o investire.

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