Incontro Putin e Xi Jinping: cosa si sono detti e cosa cambia per l’Occidente

Claudia Mustillo

15/09/2022

15/09/2022 - 17:29

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Cosa si sono detti Vladimir Putin e Xi Jinping durante il loro incontro? E quali sono i rischi per l’Occidente adesso?

Incontro Putin e Xi Jinping: cosa si sono detti e cosa cambia per l’Occidente

Vladimir Putin ha incontrato il presidente cinese Xi Jinping a Samarcanda, Uzbekistan. È il primo faccia a faccia tra i due dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e soprattutto è il primo viaggio all’estero per il presidente cinese dallo scoppio della pandemia da Covid-19, oramai oltre due anni fa. Un incontro che ha coronato la disponibilità dei due leader a «lavorare insieme come tra grandi potenze».

Putin ha sottolineato come i tentativi dell’Occidente di creare un mondo unipolare abbiano assunto delle forme orribili e ha affermato che la Russia è «fermamente impegnata» nel riconoscimento del principio di una sola Cina e condanna «le provocazioni degli Usa a Taiwan».

L’incontro è avvenuto in occasione del vertice annuale dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Ocs), una struttura nata venti anni fa per mettere in sicurezza l’Asia centrale. Non è un’alleanza vera e propria, ma una struttura flessibile e senza obblighi.

Cosa si sono detti Vladimir Putin e Xi Jinping?

Durante l’incontro tra Vladimir Putin e Xi Jinping, il presidente russo ha detto a quello cinese che comprende «le preoccupazioni della Cina sulla questione ucraina» e che intende «chiarire la posizione russa» a tal proposito, ma allo stesso tempo ha sostenuto che la Russia è «fermamente impegnata» nel riconoscimento del principio di una sola Cina e condanna «le provocazioni degli Usa a Taiwan».

D’altra parte, 

il presidente cinese ha apprezzato l’adesione della Russia "al principio dell’Unica Cina e ha sottolineato che «Taiwan fa parte della Cina», che «si oppone con fermezza alle forze separatiste dell’indipendenza di Taiwan» e alle «interferenze esterne». La Cina, come ha detto il presidente, vuole apportare «stabilità ed energia positiva in un mondo caotico» ed è disposta a «fornire un forte sostegno reciproco su questioni che riguardano i reciproci interessi fondamentali e ad approfondire la cooperazione pratica nel commercio, nell’agricoltura, nella connettività e in altri campi».

Cosa cambia per l’occidente dopo l’incontro tra Putin e Xi Jinping

Sicuramente qualcosa cambierà per l’Occidente, ora che l’amicizia tra Russia e Cina è diventata più stretta. "È tutto pronto", ha detto il presidente russo Vladimir Putin. L’accordo per il Power of Siberia 2, il mega gasdotto lungo 2,6 chilometri, che porterà attraversando la Mongolia circa 50 miliardi di metri cubi di gas russo in Cina.

Per il nuovo gasdotto bisognerà aspettare almeno il 2030, ma l’incubo europeo ha già avuto inizio: il Power of Siberia 1 già operativo dal 2019 fornirà alla Cina 39 miliardi di metri cubi all’anno una volta raggiunta la piena capacità entro il 2025 e, per la prima volta, sarà alimentato dagli stessi giacimenti nella penisola siberiana di Yamal che Mosca usa per rifornire il mercato europeo.

Secondo le dogane cinesi, la Cina ha importato 2,35 milioni di tonnellate di GNL russo negli ultimi sei mesi, per un valore di 2,16 miliardi di dollari.

Del nuovo gasdotto Pechino e Mosca ne avevano iniziato a parlare già da anni, ma i negoziati si sono arenati quasi subito dopo l’annuncio a causa delle riserve di Pechino sul percorso deciso da Gazprom che proponeva di portare il gas dalla Siberia occidentale alla provincia cinese dello Xinjiang attraverso i monti Altai, ma alla fine del 2019, Gazprom ha ceduto e ha accettato di seguire un percorso alternativo preferito da Pechino. 

Sicuramente il vertice tra i due presidenti vuole dimostrare all’Occidente che le sanzioni e le minacce non sono in grado di isolare i paesi e, allo stesso tempo, vuole definire posizioni e strategie comuni in un momento di estrema difficoltà geopolitica dove la Cina è segnata dalle tensioni di Taiwan e la Russia dalla guerra in Ucraina. Una situazione in cui una solida alleanza «in chiave anti-Occidentale» può fare la differenza.

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