L’Italia: dove si sprecano risorse pubbliche senza analisi degli investimenti

Erasmo Venosi

10/08/2018

10/08/2018 - 10:15

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Corte dei Conti UE , Corte di Giustizia, Antitrust italiana denunciano costi enormi e contratti fuori da Trattati e direttive europee per molti investimenti pubblici.

L’Italia: dove si sprecano risorse pubbliche senza analisi degli investimenti

La santa alleanza per la crescita del debito pubblico attraverso investimenti senza valutazioni economiche.

Tre investimenti per 18 miliardi generano perdite economiche per i cittadini pari, a 4843 milioni di euro. In un paese normale e non eterodiretto da lobby non avrebbero nessuna possibilità di essere realizzate.

In Italia i due partiti che hanno governato negli ultimi 25 anni generando 2432 miliardi di ulteriore debito pubblico, uniti nella ibrida alleanza per il debito vogliono gli investimenti senza analisi.

Spreco di risorse pubbliche senza analisi degli investimenti

La contrapposizione della Lega insieme con quel che rimane del centro desta e del Pd alla valutazione economica degli investimenti pubblici è un fatto gravissimo. Mostra senza infingimento alcuno la configurazione di un blocco sociale composito ma convergente verso gli obiettivi. Politici, sindacalisti, industriali, convinti alcuni che l’investimento infrastrutturale è positivo a prescindere e genererà sviluppo.

Il problema è avviare la domanda interna e allora proprio non servono grandi opere! Le grandi opere implicano impegni finanziari elevati che il paese può permettersi solo in presenza di ACB positiva. Il presupposto dove si fonda la relazione infrastrutture = sviluppo è il dogma che il moltiplicatore dell’investimento sia sempre superiore e di molto a uno. Possibile che si faccia fatica a capire che, in un contesto di finanza pubblica come quello italiano e con l’aggravante di vincoli europei rigidi, esiste un problema di scelta e quindi un problema di priorità?

Quali opere vanno realizzate prima? Oppure non le realizziamo proprio perché non abbiamo soldi? A questo livello entra in gioco il problema della valutazione degli investimenti pubblici. Sia chiaro che l’ACB non sostituisce la scelta che spetta alla politica, ma di certo supporta le scelte politiche. Nessuna valutazione tranne che per la Lione/Torino imposta dall’UE è stata fatta, né ex ante né ex post.

Bisogna poi procedere, al fine di evitare errori di valutazione, all’analisi di sensitività e a quella di rischio. Rispondono all’interrogativo “cosa succede se i flussi di traffico sono inferiori a quelli che avevamo previsto?“. Urliamo sempre che chi delibera lo fa con i soldi dei contribuenti! La valutazione delle infrastrutture pubbliche ha come fondamento teorico di riferimento l’opera di Pigou, Economia del benessere.

Successivamente gli organismi che erogano risorse ai paesi in via di sviluppo come OCSE e Banca Mondiale hanno sviluppato metodologie di analisi negli ultimi 30 anni. Operativamente un’ACB consiste, in una comparazione tra le risorse attuali utilizzate per la realizzazione di un progetto e il beneficio monetizzato che si presume sia generato dalla realizzazione del progetto valutato durante la sua vita.

L’investimento e quindi la realizzazione del progetto dovrà avvenire se e solamente se i benefici prevalgono sui costi. La comparazione avverrà attualizzando i benefici. Il parametro che si prende come riferimento è la differenza tra la somma dei benefici generati anno per anno e attualizzati confrontati con i costi di investimento.

Questa differenza viene chiamata VAN (valore attuale netto). Il problema della valutazione non fa parte del bagaglio dei politici italiani. La prova? Il Dlgs che introduce l’ACB è del 2011, il DPCM attuativo del 2012, nel 2015 il ministero delle infrastrutture modifica un suo ufficio chiamandolo “Nuova Struttura Tecnica di Missione” che dipende direttamente dalla Presidenza del Consiglio. Sono messe a punto per la valutazione economica e finanziaria Linee Guida ma nessuna valutazione viene fatta di nessun costosissimo progetto.

I costi abnormi dell’alta velocità italiana

I presidenti del Consiglio e il ministro dei trasporti tutti del PD si guardano bene a sottoporre ad ACB i progetti ad iniziare dai più costosi. Probabilmente perché pregni di ottimismo diventa marginale anche i circa 280 mld di maggiore debito pubblico da loro generato. Analisi indipendenti effettuate dal gruppo del Prof. Ponti sulle tre opere con contratto illegittimo come riconosciuto dall’Avv. della Corte di Giustizia UE presentano VAN di questa entità: Terzo Valico (linea AV Genova/Milano) VAN negativo per 1,15 miliardi di euro, Brescia/Verona VAN negativo per 1688,6 milioni di euro, Verona/Vicenza VAN negativo per 2004.8 milioni di euro.

Il tasso di attualizzazione utilizzato è del 3% come suggerito dalla Commissione UE mentre il tempo di riferimento è di 30 anni. Gli strali scomposti di parlamentari dell’attuale opposizione sono verso un’annunciata valutazione economica di 4 progetti del costo complessivo di 26950 milioni di euro. Dei 4 progetti, tre (Ge/Mi, Bs/vr e Vr/Pd) presentano un valore economico negativo cioè una perdita di benessere sociale pari a 4843,4 milioni di euro.

La Corte dei Conti ha recentemente evidenziato e denunciato i costi abnormi dell’alta velocità italiana; l’avvocato Generale della Corte di Giustizia ha denunciato come illegali nel senso di contrari a Principi e norme comunitarie i tre progetti Ge/Mi, Bs/Vr e Vr/Pd; l’Antitrust italiana più volte ha ripreso la questione dei contratti av; una legge dello Stato obbliga alla valutazione economica gli investimenti pubblici; con il nuovo anno cessa l’acquisto dei titoli del debito pubblico da parte della Banca Centrale Europea; da gennaio è operativo il Fiscal Compact che ci chiede di tagliare in 20 anni 72 punti percentuali del rapporto debito /PIL e dobbiamo registrare la diabolica alleanza tra Lega/Centro Destra/Partito Democratico contro un Ministro che ha annunciato la valutazione di questi disastri progettuali che solo menti malate o affaristi possono classificare come strategici, non si capisce poi rispetto a cosa o criterio.

Urlano anche Confindustria e gli industriali piemontesi, lombardi e veneti. Sarebbe interessante sapere chi sono, considerato che le piccole aziende chiedono strade digitali, banda larga per il web invece di queste costosissime grandi opere la cui utilità è inesistente.

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