GPT ha mostrato le potenzialità delle AI, delle intelligenze artificiali, ma società e impresa devono ancora capire come accogliere questi inediti strumenti.
Il mese di dicembre si è aperto con una nuova moda internettiana: condividere sui social i contenuti delle proprie interazioni con ChatGPT, l’ultima iterazione dell’intelligenza artificiale (AI) partorita dalla californiana OpenAI.
Che si tratti di una vera e propria “intelligenza” digitalizzata o di una simulazione ben mascherata, la diffusione esponenziale dello strumento è motivo di profonde discussioni semantico-filosofiche, tuttavia è innegabile che il prodotto abbia comunque raggiunto traguardi stupefacenti e che sia già da ora in grado di ingannare e intrattenere con il suo eloquio una platea di lettori particolarmente vasta. In passato abbiamo rimarcato i pro e i contro tecnici di una simile invenzione, ne abbiamo evidenziato i limiti e i vantaggi, tuttavia la tecnologia interna a GPT e alle AI omologhe ci pone davanti a quesiti e dubbi che si estendono ben oltre all’analisi del singolo prodotto.
Nel giugno del 2022, l’ingegnere informatico di Google Blake Lemoine, inascoltato dai suoi superiori, ha scosso il mondo tech violando le clausole di riservatezza del suo contratto e annunciando che l’intelligenza artificiale sviluppata dalla Big Tech fosse ormai senziente. [...]
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