Gas, lo stop alle forniture russe avvicina i razionamenti: ipotesi coprifuoco e multe da 500 a 3mila euro per chi non risparmia energia

Giacomo Andreoli

03/09/2022

31/01/2023 - 10:00

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Dopo la netta presa di posizione di Ursula Von Der Leyen a favore del price cap sul gas la Russia ha minacciato lo stop totale alle forniture di metano e ha chiuso il Nord Stream “a tempo indefinito”.

Gas, lo stop alle forniture russe avvicina i razionamenti: ipotesi coprifuoco e multe da 500 a 3mila euro per chi non risparmia energia

Il vertiginoso innalzamento dei prezzi dell’energia, favorito anche da meccanismi irragionevoli e da squilibri interni tra i Paesi europei, costituisce uno dei nodi più critici del momento attuale. È necessaria e urgente una risposta europea”. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in un messaggio al Forum Ambrosetti, lo dice con chiarezza: la crisi energetica sta diventando oramai insostenibile per famiglie e imprese.

I pericoli sono tanti e le soluzioni da mettere in campo non rinviabili, ora che, dopo che la Commissione europea si è schierata nettamente a favore di un tetto comunitario al prezzo del gas, Mosca ha minacciato il definitivo stop alle forniture di metano.

Ursula Von Der Leyen ha infatti spiegato che, secondo l’esecutivo Ue, “è tempo di un tetto al prezzo del gas dai gasdotti russi in Europa”. Di tutta risposta il vice capo del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev ha annunciato che in caso di price cap il metano di Mosca “non ci sarà più” nel Vecchio Continente. E il primo anticipo della possibile chiusura dei rubinetti si è visto subito sul Nord Stream 1.

Nord Stream chiuso “a tempo indefinito”

Il gasdotto, dopo tre giorni di stop per lavori di riparazione, oggi doveva riaprire, invece la società russa Gazprom ha annunciato che la pipeline ha bisogno di nuovi interventi straordinari. Nord Stream, quindi, rimarrà fermo per un periodo di tempo “indefinito” per una “perdita di petrolio importante” trovata in una turbina. Si tratta dell’unica al momento funzionante, nella stazione di Portovaya, dove parte il flusso di gas per la Germania.

Tuttavia secondo Siemens Energy, che si è occupata nelle settimane passate della manutenzione, la perdita non sarebbe un motivo tecnico per interrompere le forniture e anzi potrebbe essere “sigillata sul posto”, mentre “esistono altre turbine al compressore di Portovaya” in grado di far funzionare il Nord Stream 1.

Gas, a che punto sono gli stoccaggi

Il tetto al prezzo del gas potrebbe ridurre in maniera significativa il costo sul mercato e quindi anche per cittadini e imprese, con importanti risparmi in bolletta. Se però questo porterà in maniera immediata a uno stop alle forniture russe le conseguenze per l’Italia, che dipende ancora per circa il 20% dalle importazioni da Mosca, potrebbero essere molto serie.

Il nostro Paese si prepara da tempo a possibili emergenze per l’inverno: la capacità di stoccaggio di gas è pari a 17,5 miliardi di metri cubi (di cui 4,5 sono riserve strategiche). Al momento i depositi sono pieni all’82,5% e l’obiettivo è arrivare al 90% entro ottobre. Il sistema di stoccaggio copre circa il 20% del fabbisogno annuo italiano (di circa 76 miliardi di metri cubi di gas). Calcolando l’attuale tasso di consumo, le riserve durerebbero 40 giorni, ma a queste vanno aggiunte le forniture da altri Paesi come Algeria, Libia e Azerbaijan. Poi c’è il gas liquido che arriva anche dagli Stati Uniti, da trattare con i tre rigassificatori presenti in Italia.

Secondo il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, la capacità di trattamento va subito aumentata installando la nuova nave rigassificatrice a Piombino entro l’inizio del 2023, “altrimenti potremmo avere dei problemi”. Il ministro ha anche annunciato la fine della dipendenza dal gas russo nel 2024: con lo stop totale alle forniture, intanto, dovremmo ridurre la domanda di almeno 6 miliardi di metri cubi, circa l’8% del fabbisogno.

Quando scatta il taglio dei consumi?

Ecco che i razionamenti di gas e luce, in case, uffici ed edifici pubblici, al cui piano il governo Draghi lavora da mesi, si avvicinano pericolosamente. “Li valuteremo, tutti i paesi europei stanno dando segnali di una maggiore attenzione nell’utilizzo dell’energia” ha spiegato oggi il ministro della Salute, Roberto Speranza.

Secondo Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, dovrebbero partire necessariamente da gennaio, quando il consumo di gas si fa più elevato per i riscaldamenti, ma “sarebbe meglio cominciare anche prima, per non dover tagliare pesantemente nei mesi più freddi”.

Il taglio dei riscaldamenti nelle case

Cingolani, in un’informativa durante l’ultimo Consiglio dei ministri, aveva presentato i primi interventi di risparmio da mettere in campo, che ora sembrano la base indispensabile dei razionamenti. Si partirebbe così da una prima stretta all’uso dei riscaldamenti, con i termosifoni accesi in casa e in ufficio per un’ora in meno a partire da ottobre, con una temperatura più bassa di almeno un grado (da 20 a 19 gradi). Varrebbe nelle case con i riscaldamenti centralizzati e negli edifici pubblici, con riduzione del periodo di accensione di due settimane, magari facendo slittare l’accensione da ottobre a novembre. Così gli italiani dovrebbero aspettare due mesi da oggi prima di attivarli.

Non solo: si lavora per ridurre ulteriormente il riscaldamento (con due ore e due gradi in meno) nelle aree del Paese con clima più mite. Tutto dovrebbe essere contenuto in un decreto ministeriale firmato dallo stesso Cingolani, la cui novità dell’ultim’ora sarebbero le multe per chi spreca energia.

Scatterebbero le multe?

L’esecutivo ragiona su eventuali controlli e sanzioni per chi non rispetta le regole, anche se per ora il ministro Cingolani frena fortemente. Secondo Confedilizia, come scrive Il Messaggero, si potrebbe far riferimento al Testo unico sull’edilizia del 2001. Lì si parla di obblighi per il risparmio dell’energia, con sanzioni, in caso di violazione delle regole, “non inferiore a 516 euro e non superiore a 2.582 euro”.

Altrimenti ci si potrebbe appoggiare su un decreto che recepisce una direttiva europea del 2005. Secondo quest’ultima chi non rispetta gli obblighi relativi alla manutenzione degli impianti termici per la climatizzazione invernale (“il proprietario o il conduttore dell’unità immobiliare, l’amministratore del condominio, o l’eventuale terzo che se ne è assunta la responsabilità”), è punito con una sanzione amministrativa “non inferiore a 500 euro e non superiore a 3000 euro”.

Ma chi fa i controlli? Nell’informativa al governo Cingolani ha parlato in generale di controlli a campione e monitoraggio della rete nei punti di prelievo. Potrebbero essere responsabilizzati gli stessi amministratori di condominio, quindi comuni e regioni dovrebbero fare delle verifiche con modalità ancora da decidere.

Quindi ci potrebbero essere verifiche a campione negli edifici pubblici o nei condomini, senza controlli a tappeto: nessuno dovrebbe poter entrare nelle case degli italiani a verificare se esagerano con i consumi (anche perché è praticamente infattibile dal punto di vista legale).

Coprifuoco nei negozi e luci spente a scuola

Questo, però, è solo il primo step dei razionamenti. Cingolani ha parlato di tre possibili stadi d’emergenza, l’ultimo è quello dello stop totale e immediato al gas russo. In questo caso sono tante le opzioni in campo.

Dopo i primi interventi già realizzati in alcune città italiane, si parla di un possibile spegnimento delle luci e dei monumenti la sera, così come di chiusura anticipata (il “coprifuoco”) dei negozi, con il piano che potrebbe estendersi anche alle scuole. Per gli istituti scolastici ci sarebbe innanzitutto lo spegnimento di luci e termosifoni in classe quando non strettamente necessari. Potrebbero quindi essere imposte temperature più basse di uno o due gradi rispetto agli anni passati, mentre al momento sembra escluso il ritorno alla Dad o la rimodulazione degli orari, con la settimana scolastica corta in tutto il Paese. Tuttavia qualche comune ha cominciato a sperimentare anche questa possibilità.

Ma ad essere coinvolte maggiormente sarebbero le imprese meno energivore, a cui lo Stato richiederebbe i sacrifici più ingenti. Il tutto senza ricorrere a un nuovo generale smart working come durante le prime ondate di Covid. Anche se, ragiona qualcuno nell’esecutivo, il lavoro agile farebbe risparmiare moltissima energia.

Il possibile impatto sul Pil dei razionamenti

Secondo Confindustria la chiusura totale dei rubinetti russi porterebbe a un pesante shock su volumi e prezzi. Se la carenza di offerta fosse circa del 18,4% dei consumi italiani, come prevede l’associazione, l’impatto negativo del Pil potrebbe essere di circa l’1% da qui alla prima metà del 2023. Gli economisti del Mes, invece, parlano di una possibile riduzione del prodotto interno lordo del 2,5% per Italia e Germania.

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