L’economia globale ancora sotto stress per 4 motivi

Violetta Silvestri

6 Novembre 2021 - 10:42

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L’economia globale ha vissuto un’altra settimana all’insegna dello stress: l’andamento della ripresa nel mondo continua a essere influenzato da almeno 4 temi chive, quali?

L’economia globale ancora sotto stress per 4 motivi

L’economia globale continua ad affrontare ostacoli alla piena ripresa.

A testimonianza della difficoltà per la crescita di tutte le aree geografiche del mondo, con le potenze USA e Cina in testa, la settimana appena trascorsa ha messo in evidenza almeno 4 fattori di rischio per la completa e certa ripartenza nel post-pandemia.

Dalle catene di approviggionamento bloccate all’aumento dei prezzi, fino al ritorno aggressivo dei contagi e alle decisioni di politica monetaria delle banche centrali, facciamo il punto su almeno 4 temi chiave per l’economia globale.

1. Supply chain sotto stress, porti congestionati

I blocchi delle catene di approvvigionamento stanno portando alla congestione dei porti di tutto il mondo, mantenendo i prezzi elevati.

I viaggi degli autocarri provenienti dai porti più trafficati degli Stati Uniti stanno mostrando enormi aumenti dei tempi di inattività, un altro segno degli ingorghi delle supply chain che affliggono gli hub di trasporto americani.

Dall’inizio del 2018 fino al mese di ottobre di quest’anno, il tempo di inattività per veicolo è aumentato del 50%, secondo i dati raccolti da Lytx, società statunitense. Finora nel 2021, si calcola più di un giorno di tempo di inattività per veicolo, rispetto alle 17 ore nel 2019 e alle 21,5 ore nel 2020. I dati hanno rilevato che quest’anno sono stati sprecati 50 anni di tempo dai veicoli commerciali nell’attesa di poter circolare.

Il volume travolgente generato dalla domanda dei consumatori indotta dalla pandemia sta sommergendo un sistema che stava già scricchiolando sotto il peso della domanda elevata, dei bassi investimenti, della carenza di manodopera e delle battaglie normative. Di fronte a elevati volumi di importazione, i porti di Los Angeles e della vicina Long Beach stanno aumentando le operazioni 24 ore su 24, 7 giorni su 7.

Il problema dei colli di bottiglia e dei porti congestionati, con merci che non arrivano a destinazione e prezzi elevati per noli, si sta propagando in tutte le principali aree del mondo, come emerge dal grafico di Bloomberg,

Congestione porti nel mondo Congestione porti nel mondo

Singapore, che è scesa dal massimo di lunedì di 53 navi in ​​attesa, ha avuto comunque 17 imbarcazioni ferme in ​​più del solito, creando un tasso di congestione del 48,2%, o di 10,5 punti percentuali in più rispetto alla media.

2. Inflazione in aumento

Lo hanno ripetuto anche le banche centrali, pur senza enfatizzare troppo: l’inflazione sta aumentando più del previsto e questo incremento, seppure legato a fattori transitori, durerà ancora per un po’.

I segnali dei prezzi in crescita ci sono tutti. L’indicatore della FAO dei costi del cibo ha aggiornato nuovi massimi da 10 anni.

Negli USA, i prezzi dei fertilizzanti sono saliti alle stelle poiché l’aumento dei costi del gas naturale ha costretto alcuni impianti di produzione europei a interrompere o ridurre la produzione. L’aumento dei prezzi sta alimentando i timori che gli agricoltori possano ritirare gli acquisti o spostare più acri in colture che richiedono meno nutrienti. Un calo dei rendimenti potrebbe far salire i prezzi dei raccolti, peggiorando l’inflazione alimentare.

In Russia, i prezzi hanno esteso l’impennata il mese scorso, aumentando la pressione sulla banca centrale per un aumento maggiore dei tassi di interesse a dicembre.

I prezzi al consumo sono cresciuti dell’8,1% a ottobre, il livello più alto dall’inizio del 2016 e al di sopra della previsione mediana dell’8% degli analisti intervistati da Bloomberg.

Anche la Cina è in allerta. I prezzi all’ingrosso della verdura, per esempio, sono saliti ai massimi. Il Governo cinese ha anche sollecitato le autorità locali a garantire un’adeguata fornitura di cibo durante l’inverno, incoraggiando le persone a fare scorta di alcuni elementi essenziali.

L’epidemia di coronavirus in ripresa, un’ondata di freddo e persino l’aumento delle tensioni con Taiwan potrebbero peggiorare la situazione dell’offerta, incalzando i prezzi.

3. Contagi in risalita

La settimana è stata contraddistinta anche dal ritorno del timore contagi. Nonostante le campagne di vaccinazione in corso, nuovi e preoccupanti focolai si stanno nuovamente diffondendo.

La variante Delta cinese si è fatta strada in 19 delle 31 province continentali, con la più ampia diffusione di casi che la nazione abbia visto da quando ha represso l’epidemia iniziale a Wuhan alla fine del 2019.

Il ceppo altamente contagioso sta costringendo Pechino a combattere in modo aggressivo il virus, con nuove chiusure. Intanto l’Europa è diventata l’epicentro della quarta ondata secondo l’OMS, mettendo in allarme Paesi come Germania e tutto il blocco dell’Est.

4. Banche centrali e tassi di interesse

Giornate frenetiche, quelle di questa settimana di inizio novembre, anche sul fronte politica monetaria.

Le banche centrali sono state protagoniste, con l’economia e la finanza globali a valutare le mosse.

L’istituto della Repubblica Ceca ha aumentato i costi di finanziamento di 125 punti base al 2,75% - il più alto in quasi un quarto di secolo - e il governatore della banca centrale polacca si è impegnato a “fare tutto il necessario” dopo che la sua istituzione ha alzato il tasso di riferimento di 75 punti base punta all’1,25%.

Tuttavia, questa settimana i politici occidentali sono stati più titubanti: la Banca d’Inghilterra ha sfidato le aspettative del mercato mantenendo i tassi di interesse invariati. Anche la Norvegia ha resistito, ma ha confermato che è sulla buona strada per aumentare gli oneri finanziari entro la fine dell’anno.

Ne è emerso un timore generalizzato sull’inflazione in corsa.

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