Il contribuente ogni anno è tenuto a versare non solo l’Irpef, ma anche le addizionali comunali e regionali. Ecco come funzionano
La principale imposta pagata dai contribuenti italiani è l’Irpef, Imposta sul reddito delle persone fisiche, le entrate determinate da questa imposta sono dirette alle casse dello Stato che utilizza i fondi per la spesa pubblica e divide le risorse sull’intero territorio.
All’Irpef sono però aggiunte due voci: addizionali regionali e comunali. Queste due risorse restano sul territorio, cioè nella Regione e nel Comune, e aiutano questi due enti a far fronte alle varie spese, tra cui quella sanitaria. Regioni e Comuni non hanno libera scelta sulle aliquote, ma devono rispettare il range determinato dalla disciplina prevista. Ecco come funzionano e le principali novità introdotte.
Addizionali regionali: cosa sono e come funzionano
Le addizionali regionali sono state introdotte con il decreto legislativo 446 del 1998, articolo 50, sono definite un “ tributo proprio derivato”, quindi non si tratta di un trasferimento e si inseriscono anche se in modo marginale, vista l’esiguità, nel percorso verso il federalismo fiscale. La normativa, per le sole Regioni a statuto ordinario, è stata integrata dall’art. 6 del D.Lgs. n. 68 del 2011.
L’addizionale regionale si applica nella Regione nella quale il contribuente ha la residenza. La base imponibile è la stessa dell’Irpef al netto delle deduzioni e crediti di imposta. In base alla normativa sono escluse dall’applicazione dell’addizionale regionale le persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni che abbiano aderito al regime forfettario.
La normativa prevede che entro il 21 dicembre di ogni anno le Regioni e le Province autonome debbano comunicare l’aliquota dell’addizionale regionale da applicare, nel rispetto dei limiti previsti dalla legge statale. Viene stabilito un range all’interno del quale le Regioni possono determinare, in base al fabbisogno, l’aliquota.
Il range entro il quale possono “muoversi” le aliquote regionali è 1,23%- 3,33%, vi sono però delle regole da rispettare.
L’aliquota base è 1,23%, le Regioni a statuto ordinario possono aumentarle massimo del 2,1%, mentre quelle a statuto speciale e le Province autonome, avendo già una maggiore autonomia economico-finanziaria, possono aumentarle massimo dello 0,5%.
Le Regioni possono decidere di applicare più di un’aliquota, ma in questo caso gli scaglioni di reddito previsti devono essere gli stessi applicati per l’Irpef, inoltre le aliquote diversificate devono essere crescenti in base al reddito. Ad esempio, attualmente per i redditi prodotti nel 2022 si applicano 4 scaglioni progressivi, le addizionali regionali del secondo scaglione di reddito non possono essere più basse rispetto al primo scaglione.
Questo correttivo è stato applicato per far in modo che non sia messo a rischio il criterio progressivo, che ad oggi caratterizza il sistema fiscale italiano, attraverso la modulazione delle addizionali.
Le Regioni possono inoltre introdurre detrazioni dall’addizionale per le famiglie e altre forme di sostegno diretto alle famiglie.
In teoria, in base all’articolo 6 del decreto legislativo 68 del 2011, le Regioni possono anche non applicare le addizionali, infatti la norma dice:
A decorrere dall’anno 2012 ciascuna regione a Statuto ordinario puo’, con propria legge, aumentare o diminuire l’aliquota dell’addizionale regionale all’IRPEF di base
Infine, occorre ricordare che nel caso in cui la Regione abbia dei deficit sanitari , sono applicati degli automatismi: l’addizionale regionale è aumentata dello 0,30% in applicazione dell’articolo 2, comma 86, della legge n. 191/2009.
Addizionali comunali: cosa sono e come funzionano
Le addizionali comunali Irpef hanno una disciplina simile a quella delle addizionali regionali, sono disciplinate dall’articolo 1 del decreto legislativo 360 del 1998. Il range delle addizionali comunali è più basso rispetto a quello delle regionali, infatti è compreso tra lo 0% e 0,8%, solo per Roma Capitale è prevista la possibilità di optare per un’aliquota massima dello 0,9%.
I Comuni possono decidere di applicare una soglia di esenzione dal versamento dell’addizionale comunale e scegliere di applicare aliquote differenti in base allo scaglione di reddito. Anche in questo caso si devono rispettare gli scaglioni Irpef determinati a livello nazionale. Naturalmente le scelte dei Comuni dipendono molto dalle loro entrate e dal loro fabbisogno.
Regole applicative per Comuni e Regioni
La normativa prevede che Comuni e Regioni ogni anno comunichino le delibere di approvazione delle aliquote e i regolamenti dell’addizionale, in applicazione del combinato disposto dell’art. 1, comma 3, del D. Lgs. n. 360 del 1998 e dell’art. 14, comma 8, del D. Lgs. n. 23 del 2011, attraverso l’inserimento tramite il portale del federalismo fiscale a cui possono accedere con le proprie credenziali.
In questo modo si crea un database che i contribuenti possono sfruttare attraverso gli strumenti di simulazione messi a disposizione sul portale stesso.
Oltre alla delibera devono essere trasmessi dagli Enti, in base al contenuto della stessa:
- aliquota unica senza esenzione;
- aliquota unica con esenzione;
- pluralità di aliquote senza esenzione;
- pluralità di aliquote con esenzione;
- aliquota unica con esenzioni specifiche;
- pluralità di aliquote con esenzioni specifiche;
- gestione casi specifici.
Come si versano le addizionali regionali e comunali?
Le addizionali per i redditi da lavoro dipendente sono versate dal datore di lavoro in qualità di sostituto di imposta. In base alle aliquote fissate dalla Regione, il datore di lavoro suddivide gli importi in 11 rate.
Per i pensionati tale incombenza spetta all’ente previdenziale.
Per i lavoratori autonomi le addizionali sono versate in unica soluzione e con le modalità e nei termini previsti per il versamento delle ritenute e del saldo dell’Irpef.
Ci sono contribuenti esenti dalle addizionali regionali e comunali?
In base alle norme applicabili alle addizionali regionali e comunali Irpef, non sono tenuti a versamento coloro che sono titolari:
- solo di redditi esenti dall’Irpef;
- di redditi soggetti a imposta sostitutiva Irpef;
- di redditi soggetti a tassazione separata (si perde tale vantaggio solo nel caso in cui si opti, se possibile, per la tassazione ordinaria;
- Nel caso in cui l’imposta lorda sia inferiore a 10,33 euro.
Cosa succede in caso di cambio di residenza?
Le addizionali regionali e comunali si applicano avendo come punto di riferimento la residenza dell’anno di imposta a cui le addizionali si riferiscono. Facciamo caso che il contribuente nel gennaio 2023 si sia trasferito da un Comune del Molise a un Comune della Campania, per il 2022 dovrà comunque versare, direttamente o tramite sostituto di imposta, le addizionali al Comune di residenza del 2022 e alla regione Molise.
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