Dollaro forte sull’euro, ma il dominio del biglietto verde vacilla

Violetta Silvestri

28 Marzo 2022 - 12:59

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Il cambio euro dollaro resta pressato, con la moneta unica in flessione e sotto soglia dell’1,10. Il biglietto verde, comunque, inciampa quando si tratta di dominio come riserva valutaria: i motivi.

Dollaro forte sull’euro, ma il dominio del biglietto verde vacilla

La coppia EUR/USD alterna guadagni con perdite, restando sotto i 1,1000 sulla scia dell’incessante tendenza al rialzo del biglietto verde.

Nel mercato valutario la moneta unica soffre e resta schiacciata da uno scenario economico globale sfavorevole all’Europa, stretta tra conseguenze della guerra e BCE più accomodante rispetto alla Federal Reserve.

Intanto, però, la guerra in Ucraina con le sanzioni contro Mosca, soprattutto il congelamento delle riserve estere russe, ha scatenato un acceso dibattito sul futuro del sistema monetario internazionale.

Il dominio del dollaro come riserva di valuta è destinato a cambiare, secondo esperti e uno studio FMI.

EUR/USD ancora mosso al ribasso

Negli scambi sul mercato valutario di lunedì 28 marzo, la coppia EUR/USD subisce ulteriori pressioni al ribasso e si mantiene nel range 1,0950/40, in risposta alla domanda più solida per il biglietto verde all’inizio della settimana.

Occasionali performance di forza della moneta unica, secondo gli analisti di Fxstreet, potrebbero emergere dalle speculazioni sull’inizio del ciclo rialzista da parte della BCE entro la fine dell’anno, che per ora non hanno comunque avuto conferma.

In generale, gli investitori rimarranno concentrati sui rendimenti dei T-bond statunitensi (arrivati ai massimi) e il dollaro dovrebbe preservare la sua forza a meno che non ci sia un rally degli asset di rischio a Wall Street, stando alle indicazioni di alcuni analisti.

Sul lato dell’euro, rendimenti tedeschi più alti, inflazione elevata, ritmo più sostenuto della ripresa economica e risultati macroeconomici ottimistici della regione sono favorevoli a un rimbalzo dell’euro.

Per adesso, i guadagni extra del dollaro rimangono sostenuti dalla marcia dei rendimenti statunitensi insieme alle aspettative dei mercati di un rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve, mentre l’assenza di notizie sulla guerra in Ucraina sembra sostenere una nota cauta nel complesso di rischio.

Il dollaro sta perdendo il dominio come riserva valutaria?

Focalizzandosi sul dollaro, il dibattito sul suo indiscusso dominio come riserva di valuta si sta intensificando alla luce delle vicende della guerra ucraina.

Ne ha scritto su FT Barry Eichengreen, professore di economia e scienze politiche all’Università della California, Berkeley.

La sua analisi parte dalla decisione di congelare le riserve estere russe, destinata a evidenziare un cambiamento.

Innanzitutto, la quota di dollari nelle riserve valutarie identificate a livello globale ha registrato una tendenza al ribasso per 20 anni, da poco più del 70% all’inizio del secolo a solo il 59% nel terzo trimestre del 2021.

Il trend non è il risultato di variazioni valutarie o variazioni dei tassi di interesse che incidono sul valore di diverse attività di riserva. Inoltre, non riflette l’avversione al dollaro da parte di una manciata di banche che accumulano ingenti saldi di riserva. Piuttosto, è il risultato di uno sforzo di numerose banche centrali per diversificare: questa la chiara esposizione del professore.

A vantaggio di quali valute? La sorpresa sta in questa risposta: la diversificazione non è verso l’euro, la sterlina e lo yen, gli altri componenti di lunga data del paniere dei diritti speciali di prelievo del FMI, un’attività di riserva multivaluta. La quota di riserva collettiva di queste valute è rimasta sostanzialmente invariata per due decenni.

Inoltre, solo un quarto del passaggio è stato verso il renminbi cinese. Per tre quarti sono andati interamente nelle valute di economie minori come Canada, Australia, Svezia, Corea del Sud e Singapore, come documento di lavoro per il FMI di cui il professore è un autore.

Il cambiamento sta avvenendo per diversi motivi. In primo luogo, i mercati di queste valute “secondarie” sono diventati più liquidi e i costi delle transazioni in divise sussidiarie sono diminuiti con l’avvento delle piattaforme di trading elettronico e delle nuove tecnologie per il market-making automatizzato e la gestione della liquidità.

In secondo luogo, le banche centrali sono diventate più attive nel perseguire i rendimenti, con portafogli di riserva più grandi.

E poi, i bassi rendimenti delle obbligazioni dei principali Paesi emittenti di riserve hanno intensificato la ricerca di sostituti, con le monete di riserva non tradizionali a offrire interessanti rendimenti rettificati per la volatilità rispetto alle loro controparti tradizionali.

Il movimento verso un sistema monetario internazionale più multipolare è quindi in atto, ma non verso la definizione di un sistema tripolare dominato dal dollaro, dall’euro e dal renminbi previsto da molti osservatori.

E il dollaro come re indiscusso delle riserve valutarie potrebbe perdere lo scettro.

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