Il dilemma europeo sul petrolio russo: bloccarlo o no?

Violetta Silvestri

22 Marzo 2022 - 12:27

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L’Europa tentenna in quello che si sta palesando come un vero e proprio dilemma: bloccare o no il petrolio russo? Se sul gas la titubanza è forte, sul greggio la questione è diversa, perché?

Il dilemma europeo sul petrolio russo: bloccarlo o no?

Un vero e proprio dilemma sta pressando i Paesi UE nel pieno della guerra in Ucraina: fino a che punto sanzionare l’energia russa e, in particolare, il petrolio?

Sulle pagine del FT si legge un appello dell’ex amministratore delegato di Naftogaz, società energetica ucraina: “i leader europei devono imparare dagli errori del passato e contribuire a porre fine alla guerra nel mio Paese utilizzando uno degli strumenti più potenti a loro disposizione: le sanzioni energetiche.”

Quello che è palese in quest giorni è la crescente pressione sull’UE per bloccare il flusso di greggio russo, una fonte di reddito chiave per il Cremlino e una fonte di energia che è più facile per l’UE escludere negli approvvigionamenti rispetto al gas naturale.

Cosa deciderà l’Europa? Un’analisi sulla possibilità di bloccare il petrolio dalla Russia.

L’Europa e il petrolio russo: sarà embargo?

Il tema dell’embargo sul petrolio russo - e sul gas, ma questo è un tema ancora più delicato per l’UE - sarà al centro del vertice dei leader europei che si incontreranno giovedì e venerdì con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che ha già dichiarato lo stop su tutte le importazioni di energia russe.

La questione del greggio dalla Russia è davvero cruciale. Il problema per Mosca è che è molto più vulnerabile a un taglio delle vendite di petrolio che alle sanzioni sul gas naturale.

Per l’Europa, sebbene riceva circa un terzo del suo petrolio dalla Russia, solo il 4-8% arriva tramite oleodotto, il che significa che può essere sostituito più facilmente acquistando il combustibile sui mercati internazionali.

Occorre evidenziare, comunque, che la dipendenza dal greggio russo varia molto tra i Paesi UE. Secondo un’analisi di Transport & Environment, una ONG, la Francia riceve circa il 13% del suo petrolio da Mosca, la Germania circa un terzo, mentre Polonia e Finlandia ne ottengono due terzi e la Slovacchia tre quarti. Per l’Italia la Russia è la quarta fornitrice.

“La chiave è tagliare il finanziamento della macchina da guerra russa. Le sanzioni imposte dall’Occidente finora non hanno in alcun modo influito sull’atteggiamento della Russia” ha affermato Piotr Arak, capo dell’Istituto economico polacco.

Come suggerito dall’ex amministratore delegato di Naftogaz:

“se i produttori ritengono che l’Europa sia seriamente intenzionata a un embargo sul petrolio greggio contro la Russia, ci sarà una forte concorrenza per sostituire il petrolio russo e garantire relazioni a lungo termine. Un embargo dovrebbe essere applicato gradualmente, con un’immediata sospensione delle importazioni di greggio russo via mare, seguita da un graduale ritiro delle importazioni di greggio da gasdotti nei prossimi nove mesi.”

Nel frattempo, l’invasione dell’Ucraina sta già facendo del petrolio russo una merce-paria: l’ammiraglia del greggio Urals della Russia è ora scambiato con uno sconto di quasi $30 rispetto al benchmark petrolifero globale e sta lottando per trovare acquirenti, anche se c’è stato un aumento delle vendite in mercati come l’India e la Cina.

L’AIE ha avvertito che Mosca potrebbe rispondere alla pressione delle sanzioni tagliando la produzione, anche se ciò chiuderebbe anche il rubinetto di circa 250 milioni di euro al giorno dall’UE alla Russia, che secondo l’Ucraina aiuta a finanziare la guerra.

L’Europa può sostituire il greggio russo?

I membri dell’AIE hanno già concordato di immettere sul mercato 63 milioni di barili di scorte petrolifere di emergenza per inviare un messaggio unificato e forte ai mercati petroliferi globali che non ci sarà carenza di forniture a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina.

Ma questo è solo un cuscinetto temporaneo e le scorte di petrolio nei paesi dell’OCSE sono ai minimi da otto anni. Cosa può succedere all’Europa senza petrolio russo?

Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, gli analisti hanno esaminato fonti alternative di petrolio per sostituire il greggio degli Urali che le raffinerie europee sono in grado di elaborare. Urals è un greggio “medium sour”, con una presenza di zolfo che ne rende più difficile e costosa la raffinazione.

Tuttavia, molte soluzioni implicano il ricorso a regimi con precedenti sui diritti umani assolutamente discutibili, come quelli della Russia.

Alain Mathuren, direttore delle comunicazioni di FuelsEurope, l’associazione delle raffinerie di petrolio europee, ha affermato che il greggio leggero dell’Arabia Saudita è spesso un sostituto di riferimento degli Urali quando disponibile, sebbene molte raffinerie dell’UE possano adattarsi rapidamente per gestire altri tipi.

Ma mentre “l’Arabia Saudita e gli [Emirati Arabi Uniti] detengono una notevole capacità inutilizzata che potrebbe aiutare immediatamente a compensare una carenza russa”, ha affermato l’AIE nel suo rapporto mensile di mercato, “la coppia finora non mostra alcuna volontà di attingere alle riserve.”

Anche la liberazione del greggio iraniano sarebbe una soluzione, ma per ora non appare immediata.

La questione dell’embargo al petrolio russo resta un nodo assai complicato da sciogliere per l’Europa. Intanto, però, il prezzo dell’energia sale e Putin continua a bombardare l’Ucraina.

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