Partite IVA: dichiarazione dei redditi mensile dal 2021? I rischi della «semplificazione»

Rosaria Imparato

24/07/2020

24/07/2020 - 12:08

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Partite IVA, la riforma fiscale annunciata da MEF e Agenzia delle Entrate rischia di portare all’obbligo di dichiarazione dei redditi mensile dal 2021. Obiettivo semplificazione a rischio con l’addio al meccanismo di saldi e acconti.

Partite IVA: dichiarazione dei redditi mensile dal 2021? I rischi della «semplificazione»

Dichiarazione dei redditi mensile per le partite IVA dal 2021?

La proposta del direttore delle Entrate Ruffini insieme a quella della sottosegretaria del MEF Castelli per la semplificazione fiscale nasconde non pochi rischi.

Sono i professionisti a segnalare le criticità dell’addio al meccanismo di saldi e acconti per il calcolo delle imposte sui redditi a partire dal 2021.

Secondo i commercialisti abbandonare il meccanismo dei due acconti annuali per passare al conteggio degli acconti 12 volte su base mensile non assume i contorni di “semplificazione”, almeno non considerando il complesso sistema di determinazione dei redditi per le partite IVA attualmente vigente.

Sulla riforma fiscale in avvio dal 2021 si sono ad oggi susseguiti soltanto annunci, e per un’analisi delle novità in campo bisognerà quindi attendere.

Alla luce delle informazioni disponibili ad oggi, vediamo quali sono le principali obiezioni che i professionisti muovono a questa proposta, rimanendo tuttavia aperti al dialogo.

Partite IVA: dichiarazione dei redditi mensile dal 2021? I rischi della «semplificazione»

Sia il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini che la sottosegretaria al MEF Laura Castelli hanno parlato di un cambiamento nel pagamento delle tasse per le partite IVA, basato sul principio di cassa, per dire addio al meccanismo di saldi e acconti.

Il versamento delle imposte sui redditi verrebbe effettuato a cadenza mensile o trimestrale. Ma siamo sicuri che sia questa la giusta soluzione, o comunque, che si possa chiamare semplificazione?

Sono diverse le perplessità sollevate dai commercialisti e dai titolari di partita IVA. Il sistema di tassazione dei redditi d’impresa si basa infatti su meccanismi particolari di deducibilità. Da considerare poi le regole sugli ammortamenti dei beni strumentali.

Un altro problema si porrebbe nel caso degli oneri differiti del personale dipendente, o con la quota di TFR maturata. Come saranno trattati tali aspetti pratici nella nuova riforma del Fisco per le imprese?

Il MEF e l’Agenzia delle Entrate non sono entrati nel tecnico, ed è naturale che sorgano queste perplessità, a fronte di quella che si annuncia come una maxi riforma della tassazione per le partite IVA.

Il rischio insomma è di trovarsi a dover predisporre 12 dichiarazioni dei redditi, con l’obbligo di effettuare a cadenza mensile (o trimestrale) il complesso calcolo dell’importo dovuto all’Erario. Un aggravio di adempimenti ma anche di costi per la gestione della contabilità.

Partite IVA, rischio dichiarazione dei redditi mensile dal 2021: commercialisti aperti al confronto

Anche se la riforma fiscale annunciata dal MEF è stata accolta con non poca perplessità dai professionisti, i commercialisti si dicono favorevoli al confronto e al dialogo.

Il presidente del Consiglio nazionale della categoria, Massimo Miani, ha dichiarato al Sole 24 Ore:

“Se si tratta di semplificare, siamo favorevoli e pronti a dare il nostro contributo, ma se dovesse essere solo un modo per anticipare gli incassi, il rischio sarebbe di complicare ulteriormente il contesto attuale.”

L’idea di introdurre un sistema di liquidazione periodica mensile o trimestrale delle imposte sui redditi, basato sugli incassi e le spese effettivi e dunque al principio di cassa, andrebbe prima discussa con i commercialisti, viste le problematiche precedentemente affrontate.

Se pensiamo poi che l’ultima guida dell’Agenzia delle Entrata sul modello 730 consta di oltre 400 pagine, è chiaro che un intervento sulle procedure risulta più che necessario.

I commercialisti quindi riaprono le porte al dialogo, anche dopo il secco no del MEF sulla proroga delle imposte sui redditi, con la scadenza al 20 luglio.

Allo stesso tempo però, mentre si discute sulla possibilità di evitare le sanzioni per chi paga in ritardo, i commercialisti continuano a non sentirsi ascoltati dalle Istituzioni, ed è per questo che hanno indetto sciopero per il 16 settembre.

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