Crisi energetica, l’intervista a Borchia (Lega): “Soluzione è rilanciare dibattito su nucleare, dobbiamo essere lungimiranti”

Stefano Rizzuti

9 Marzo 2022 - 11:09

condividi

Paolo Borchia, eurodeputato della Lega, chiede in un’intervista a Money.it di rilanciare il dibattito sul nucleare in Italia, anche come risposta alla crisi energetica ucraina.

Crisi energetica, l’intervista a Borchia (Lega): “Soluzione è rilanciare dibattito su nucleare, dobbiamo essere lungimiranti”

La crisi ucraina e le problematiche legate all’approvvigionamento del gas ha messo in evidenza la dipendenza dell’Ue e dell’Italia dalle forniture russe. Dopo lo scoppio della guerra con l’invasione delle truppe di Mosca, l’Ue sta provando a correre ai ripari, anche con la presentazione del piano RePower Eu.

Una proposta che però sembra insufficiente, secondo Paolo Borchia, europarlamentare della Lega. Intervistato da Money.it a margine della sessione plenaria del Parlamento Ue a Strasburgo, Borchia rilancia la discussione sul tema del nucleare in Italia: “Dobbiamo essere lungimiranti e aprire un dibattito senza preclusioni a livello ideologico”.

Il piano presentato dalla Commissione è sufficiente per far diventare l’Ue indipendente dalla forniture di gas russo?
È una proposta che non trova grandissimi riscontri nei numeri, nel senso che il quantitativo di metri cubi che normalmente importiamo dalla Russia non è facilmente sostituibile. Per il breve e lungo periodo possiamo fare dei ragionamenti, sul medio periodo vedo delle difficoltà. Una delle problematiche principali è che negli anni, specialmente in Italia, si è esacerbata la necessità di importare gli idrocarburi. Nel momento in cui è arrivata una perturbazione molto forte a livello geopolitico, la debolezza di questa strategia si è palesata.

E quali possono essere allora le soluzioni?
Vanno individuate in un paniere di alternative da perseguire tutte seriamente e con una certa lungimiranza. Adesso si parla tanto di gas naturale liquido come alternativa al gas naturale, al metano tradizionale. Però adesso non ci sono grandissimi margini a livello di capacità di esportazione di moltissimi Paesi, anche perché a livello globale viene acquistato in maggior parte dalle economie asiatiche. Al di là di questo ci sono grossi problemi infrastrutturali a livello europeo, in Italia per esempio abbiamo soltanto tre impianti e ce ne servirebbero almeno cinque, la Germania non ne ha neanche uno.

Poi ci sono anche altri temi...
La ripresa della produzione a carbone rappresenta un grosso punto d’arresto per le ambizioni del green deal. Poi il tema delle rinnovabili: nell’ambito dei 27 Stati membri ci sono caratteristiche molto molto diverse. Tema fotovoltaico: stiamo parlando di fonti intermittenti, non programmabili. Per l’idroelettrico parliamo di rinnovabili e in Italia si dovrebbe intervenire, perché abbiamo la durata delle concessioni molto più brevi di quanto succede in Ue.

L’altra questione è quella legata al nucleare...
Poi c’è il tema molto divisivo del nucleare, sul quale mi piacerebbe che in Italia si affrontasse un dibattito scientifico e senza preclusioni a livello ideologico. Perché se da un lato è vero che gli italiani si son già pronunciati nel 1987, è vero pure dall’altro lato che è stato un referendum nel quale la cognizione di causa è stata limitata dal fatto che Chernobyl si era verificato soltanto un anno prima. Quindi, anche tenendo conto dello stato di avanzamento della tecnologia con il nucleare di quarta generazione, è giusto fare qualche riflessione, anche perché noi confiniamo con la Francia che è esportatrice netta di energia.

Alla situazione attuale è davvero possibile affrontare il dibattito sul nucleare in Italia?
Bisogna farlo nell’ottica di lungo periodo, perché parliamo di un tipo di tecnologia pronta tra 25-30 anni, ma se noi adesso ci intestardiamo sulle soluzioni di breve periodo non andiamo da nessuna parte. Invece dovremmo avere la capacità che ci è mancata negli scorsi: guardare oltre ed essere lungimiranti. Poi se dovessimo ridurre i consumi tanto meglio.

Il referendum sul nucleare si è tenuto dopo Chernobyl, ora la discussione potrebbe riprendere in un contesto in cui si parla di timori nucleari continui per la guerra in Ucraina: c’è il rischio che il dibattito si ripresenti come quello di oltre 30 anni fa?
Sì, ma contestualmente si parla anche delle difficoltà legate all’aumento dei prezzi, per cui… Quello che mi auguro è che ci sia davvero un dibattito molto aperto, in cui la gente venga messa nelle condizioni - qualora ci fosse un altro referendum - di decidere con maggiore cognizione di causa rispetto a quanto successe nel 1986. Chiaramente da un lato il referendum è il massimo strumento di democrazia, dall’altro non vorrei che nascondesse un limite della politica.

Per ora gli unici interventi possibili lato utenti sono quelli per la riduzione delle bollette: è il modo giusto di affrontare la questione?
In termini di prezzi doverosi sono stati gli interventi del governo che hanno messo in fila 17 miliardi di interventi: sono tantissimi ma non sono stati percepiti perché gli aumenti sono stati talmente clamorosi in ordine di grandezza che l’impatto degli interventi è stato molto limitato. Sono state misure necessarie, però la mia filosofia è diversa, preferirei che fosse legata agli investimenti. Non possiamo andare avanti a interventi ogni tre mesi.

E per quanto riguarda le forniture?
Dal punto di vista delle forniture il riscaldamento rappresenta la prima fonte di consumo in Italia, si potrebbe puntare a fare qualcosina di meglio. Non tanto abbassando le produzioni industriali quanto abbassando i consumi domestici. Poi per le forniture l’Algeria ha dato la disponibilità ad aumentare le esportazioni, però non dimentichiamo che ha avuto anche un aumento del consumo medio del 6% di ogni anno.
Ci sono grandi giacimenti da esplorare nel Mediterraneo orientale e credo che la chiave di volta sia quella.

Caro carburante, dopo gli autotrasporti ora a chiedere un intervento sono i pescherecci: il governo deve fare qualcosa subito?
Sì, adesso non vedo grosse soluzioni. Il governo deve intervenire, poi stiamo facendo altro debito per andare a tamponare una problematica che si sarebbe potuta prevenire in maniera diversa. Però da questo punto di vista è anche giusto non lasciare da soli gli operatori, che sia il comparto della pesca o dell’autotrasporto, anche perché i prezzi dei carburanti stanno raggiungendo dei picchi mai visti.

Iscriviti a Money.it

SONDAGGIO