Crisi del grano, cosa succede con l’accordo Russia-Ucraina per sbloccare i porti

Giacomo Andreoli

13 Luglio 2022 - 12:56

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L’intesa tra Mosca e Kiev può sbloccare le 22 milioni di tonnellate di grano ferme nei magazzini ucraini, dando una boccata d’ossigeno al settore agroalimentare italiano e mondiale.

Crisi del grano, cosa succede con l’accordo Russia-Ucraina per sbloccare i porti

Si intravede uno spiraglio di luce nella crisi del grano in Ucraina, che può allontanare rapidamente lo spettro della carestia globale, a partire dall’Africa. Kiev e Mosca, nonostante la guerra in corso, stanno per finalizzare un accordo per sbloccare le esportazioni delle circa 22 milioni di tonnellate di grano ferme nei porti ucraini.

Il passo avanti è stato annunciato dal ministro degli Esteri di Kiev Dmitry Kuleba, mentre a Istanbul le delegazioni dei due Paesi, assieme a quelle della Turchia e dell’Onu, dialogano per arrivare a un’intesa finale. Nel frattempo 16 navi mercantili, di vari Paesi occidentali e non, hanno navigato il Canale di Bystre nel Danubio per raggiungere i porti ucraini ed essere caricate con il grano.

In tutto ciò continuano gli scontri tra gli eserciti russo e ucraino, soprattutto nella regione del Donetsk. L’esercito di Kiev ha detto di aver respinto l’assalto russo nelle città di Dovhenke e Dolyna, ma si registrano nuovi attacchi e bombardamenti a Bakhmut e Niu-York (vicino a un asilo nido). Aumenta quindi il bilancio delle vittime dell’attacco missilistico russo di sabato a un palazzo di Chasiv Yar. Kiev parla di quasi 50 morti, tra cui anche un bambino. E oltre al costo umano, i danni economici del conflitto si fanno sempre più ingenti.

Cosa prevede l’accordo tra Russia e Ucraina

Da diversi giorni, oramai, l’Ucraina sta aggirando il blocco russo del Mar Nero (con i porti di Mariupol, Kherson, Mykolaïv e Odessa del tutto chiusi), espandendo i traffici dei porti fluviali sul Danubio e in questo modo è riuscita a portare fuori dal Paese qualche milione di tonnellate di grano. Le 16 navi entrate in queste ore tramite il canale sul fiume sono però solo le prime di circa 100 che attendono il loro turno per portare le sementi nel resto del mondo.

La Russia è pronta ad assistere l’Ucraina per il trasporto delle navi straniere, sia tramite il Danubio che in mare, ma vuole poter ispezionare le imbarcazioni per evitare il contrabbando di armi, come spiegato dal ministero degli Esteri di Mosca.

Aumento export grano ucraino: è sufficiente?

L’obiettivo di Kiev è aumentare rapidamente l’esportazione mensile di 500mila tonnellate e, in caso di riapertura di tutti i porti, liberando i silos, arrivare a un export di 21 milioni di tonnellate di grano che stima di produrre entro la fine dell’anno. Un numero comunque di gran lunga inferiore alle 33 milioni di tonnellate vendute lo scorso anno, prima dello scoppio della guerra. Ma non c’è solo il grano: anche con uno sblocco dei porti Kiev esporterà 13,3 milioni di tonnellate in meno di mais, 8 di girasole, 1,3 di barbabietole e 800mila di soia.

Grano, le conseguenze del mancato export dall’Ucraina

La sola Ucraina, prima del conflitto, copriva il 10% degli interscambi mondiali di grano. Con la Russia, quindi, arrivava al 30% del commercio internazionale di frumento e sementi varie. Le mancate esportazioni stanno colpendo in particolare i 53 Paesi del mondo, per lo più in Africa, in cui la popolazione spende almeno il 60% del proprio reddito per l’alimentazione e si stanno vedendo aumenti record sui prezzi soprattutto dei cereali. Ci sono nazioni come l’Uganda dove l’import di grano supera il 90%.

Tutto ciò, però, sta avendo riflessi importanti anche sull’Europa e l’Italia. Le nostre importazioni dipendono solo per il 5% da Russia e Ucraina, ma imprenditori e artigiani che lavorano cereali e farine vedono costi quasi raddoppiati rispetto alla fine del 2020 e l’inizio del 2021, con una tonnellata di grano duro che supera i 500 euro, mentre una tonnellata di grano tenero per la panificazione è sopra i 400 euro.

La crisi del grano, poi, ha effetti molto pericolosi anche su tutto il resto della filiera alimentare e finora ha contribuito a far decollare i prezzi di riso, grassi vegetali, cereali, latte, zucchero e carne (con aumenti tutti a doppia cifra rispetto al 2021).

Cosa può cambiare ora per l’Italia

Un accordo completo per lo sblocco dell’export, quindi, secondo Coldiretti può dare una boccata d’ossigeno a tutta l’industria agroalimentare e a cascata ridurre i prezzi nel carrello della spesa. Ma la situazione non tornerà in ogni caso come nel 2021: non solo perché l’Ucraina non raggiungerà i vecchi livelli di produzione, ma anche perché l’India, secondo produttore al mondo di grano, continua a restringere l’export di tutti i tipi di farine per tutelare l’economia nazionale.

Il problema strutturale dell’Italia, però, come sottolinea la stessa associazione di rappresentanza degli agricoltori, è che viene prodotto sul territorio appena il 36% del grano tenero che le serve e il 53% del mais. Per questo negli ultimi mesi si stanno sperimentando nuovi progetti di agricoltura di precisione, con l’obiettivo di aumentare la produzione nazionale in modo sostenibile.

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