Covid, per cosa sono indagati Conte, Speranza e Fontana

Giorgia Bonamoneta

1 Marzo 2023 - 23:11

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Si sono chiuse le indagini preliminari della procura di Bergamo. Tra i nomi degli indagati compaiono Conte, Speranza e Fontana. Ecco per cosa sono stati indagati e di chi sono gli altri nomi.

Covid, per cosa sono indagati Conte, Speranza e Fontana

A distanza di tre anni la procura di Bergamo ha chiuso l’indagine sulla gestione dell’epidemia di Covid iniziata a febbraio 2020. È stata proprio la provincia di Bergamo quella dove il Covid si è presentato e ha causato più morti. Secondo le dichiarazioni di diversi giornali sembra che Giuseppe Conte, Roberto Speranza e Attilio Fontana siano stati indagati.

La procura stava indagando per un reato specifico: epidemia colposa. In totale sono una ventina gli indagati scrive l’Ansa e tra questi risulterebbero anche il governatore della Lombardia Fontana, l’ex assessore Gallera, il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Brusaferro, il presidente del consiglio superiore di sanità Locatelli e non meno importanti l’ex presidente del consiglio Giuseppe Conte e l’ex ministro della salute Roberto Speranza.

Al momento è l’indagine preliminare a essersi conclusa e nei prossimi giorni saranno presentate le difese, cioè tutti i documenti per dimostrare la propria innocenza. La procura di Bergamo infatti ricorda in una nota che l’avviso di conclusione delle indagini non è un atto di accusa. Ma quali sono i motivi per i quali questi nomi sono stati inseriti nella lista degli indagati per reati di “omicidio colposo plurimo”, “epidemia colposa aggravata” e il “rifiuto di atti d’ufficio”? Ecco cosa sappiamo sulla prima fase dell’indagine della procura di Bergamo sull’epidemia di Covid-19.

Epidemia colposa di Covid: chiuse le indagini preliminari

La procura di Bergamo ha chiuso le indagini preliminari per il reato di epidemia colposa. L’inchiesta è stata avviata da diverse province e ricercava le responsabilità penali nel processo di gestione della pandemia e le carenze del sistema sanitario nell’affrontare la comparsa di un virus letale. A distanza di tre anni sono ancora impresse nelle moria collettiva i camion dell’esercito che trasportano le bare fuori dal cimitero di Bergamo, provincia tra le più colpite durante la prima ondata.

Le indagini sono state complesse e articolate, in particolar modo per la rilevante mole di documenti informatici e cartacei scambiati e necessari per la ricostruzione dei fatti a partire dal 5 gennaio 2020. È questa la data dell’inizio della pandemia, quando l’Oms ha lanciato l’allarme globale a tutti i paesi e gli esperti, i consulenti e le autorità locali si sono consultati su come gestire il rischio pandemia.

Di chi sono i nomi nel registro degli indagati e quali reati sono contestati?

Sono 19 gli avvisi di conclusione delle indagini giunti agli indagati. A vario titolo i 19 nomi sono stati accusati dalle indagini preliminari di reati quali:

  • epidemia colposa aggravata;
  • omicidio colposo plurimo;
  • rifiuto di atti di ufficio;
  • falso in un atto pubblico.

Tra i nomi che i giornali stanno pubblicando ci sono quelli di Giuseppe Conte, Roberto Speranza e Attilio Fontana, ma non sono gli unici. Oltre al presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro, sono indagati anche il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli, il coordinatore dell’allora comitato scientifico Agostino Miozzo, l’ex capo della Protezione civile Angelo Borrelli e l’ex dirigente del ministero della salute Francesco Maragliano. Questi nomi si aggiungono ad altri già emersi nel corso dell’indagini preliminari.

La nota diffusa dalla procura di Bergamo abbassa i toni d’allarme creato da alcune narrazioni giornalistiche che vedono le persone indagate come già “colpevoli”. Nella nota infatti si legge che “l’avviso di conclusione delle indagini non è un atto di accusa”. Infatti nei prossimi giorni sarà permesso agli indagati di presentare i documenti necessari a sostenere la propria innocenza o di chiedere di essere interrogati dei magistrati.

Gli indagati dovranno dimostrare la loro innocenza di fronte ad accuse di responsabilità decisionali, a partire dal piano pandemico nazionale (non aggiornato dal 2006) o sulla distribuzione delle protezioni individuali.

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