Cos’è il presidenzialismo e cosa cambierebbe per l’Italia

Chiara Esposito

14 Agosto 2022 - 10:19

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Il significato di questo termine e gli effetti che avrebbe un simile cambiamento per la Costituzione e la vita politica italiana.

Cos’è il presidenzialismo e cosa cambierebbe per l’Italia

Si è tornati a parlare di presidenzialismo guardando alla proposta elettorale del centrodestra, ma questo tema, nel corso del tempo, ha attraversato trasversalmente l’emiciclo. Le proposte di revisione costituzionale avanzate dai partiti sono di fatto state molteplici e alquanto diversificate.

Non tutti gli elettori però conoscono a fondo il significato stesso di questo termine o, ancor più, le implicazioni reali dell’istituzione di una sistema presidenzialistico - soprattutto alla luce dell’assetto attuale, quello parlamentare, che andrebbe quindi rivisto ancora una volta e, anzi, messo in discussione a partire dalle sue stesse fondamenta.

Ricostruendo lo storico delle idee che tutti i leader in campo hanno riguardo questa tematica e i pro e i contro di questo eventuale nuovo assetto, capiamo da principio cosa significherebbe per l’Italia tutto ciò e che cosa cambierebbe a livello strutturale con l’instaurarsi di una Repubblica presidenziale.

Cosa si intende per presidenzialismo

Quando si parla di Repubblica presidenziale, o di presidenzialismo, si fa riferimento ad una forma di governo in cui il potere esecutivo si concentra nella figura del presidente che è quindi, e contemporaneamente, sia il capo dello Stato sia il capo del governo.

Tale cambiamento comporterebbe un cambio di paradigma non indifferente poiché questa figura andrebbe eletta direttamente dai cittadini e avrebbe il compito di formare il governo. In tal senso il presidente non avrebbe bisogno di un voto di fiducia parlamentare perché godrebbe già del voto della maggioranza dei cittadini - ovvero una piena legittimazione di derivazione diretta.

Nella forma di Repubblica presidenziale è quindi il presidente è la massima autorità e come tale è investito da grandi poteri:

  • dispone della possibilità di porre il veto alle decisioni delle Camere e svolgere alcuni compiti legislativi;
  • dirige attivamente la politica estera dello Stato;
  • nomina gli alti funzionari.

Proprio questa ampia libertà di manovra ne ostacola una eventuale rimozione che, per l’appunto, può essere ottenuta solo con un impeachment (messa in stato d’accusa in caso di reato ed esecuzione di un processo).

Quello che il presidente non può fare però è sciogliere il Parlamento a suo piacimento.

Questo sistema è adottato da diversi Paesi nel mondo tra cui, primo fra tutti, gli Stati Uniti. Seguono poi l’Argentina, il Cile, il Brasile, il Messico, l’Uruguay, il Costa Rica e la Corea del Sud.
La Francia invece è caratterizzata da un sistema semi-presidenzialistico in cui il potere esecutivo è condiviso dal presidente della Repubblica e dal primo ministro.

Le proposte dei partiti

Ad oggi in Parlamento sono diverse le proposte di legge depositate sul tema. La presentazione di questi testi si è susseguita nel corso della legislatura e ha interessato in maniera trasversale tutti gli schieramenti in campo, dal Partito democratico, alla Lega al Movimento 5 stelle.

Tra gli ultimi presentati ricordiamo quello a firma Pd (Zanda, Parrini e Bressa) per introdurre il divieto del secondo mandato per il presidente della Repubblica ed eliminare così il semestre bianco, il periodo antecedente alla scadenza del settennato in cui il capo dello Stato non può sciogliere le Camere.

La Lega invece, nel 2019, con Roberto Calderoli a prima firma, aveva presentato un ddl costituzionale sull’elezione a suffragio universale e diretto del Presidente della Repubblica e sull’abolizione dell’istituto dei senatori a vita. Si proponeva inoltre la riduzione da 50 a 40 anni del limite di età per l’elezione a Presidente della Repubblica.

Dal Movimento 5 stelle, con le firme di Perilli e Patuanelli, era invece emerso un documento a marzo del 2019 che appoggiava soltanto l’abbassamento dell’età minima di accesso al ruolo.

La proposta di legge costituzionale di cui si parla maggiormente però è probabilmente quelle di FdI. Si tratta di un testo depositato nel 2018 che intende proporre una modifica gli articoli 83, 84, 85 e 86 della Costituzione in materia di elezione del Presidente della Repubblica. Nell’ottica del partito questa figura verrebbe eletta «a suffragio universale e diretto» con la metà più uno dei voti validamente espressi. Anche in questo caso il limite anagrafico richiesto scenderebbe a «quarant’anni d’età» ma la durata del mandato sarebbe quinquennale.

Qualora nessun candidato avesse conseguito la maggioranza, si procederebbe con il ballottaggio (il quattordicesimo giorno successivo si procede a una seconda votazione tra i due candidati che hanno conseguito il maggior numero di voti).

Le modifiche auspicate dall’iniziativa a firma Giorgia Meloni darebbero quindi forma a un semi-presidenzialismo “alla francese”.

Vantaggi e svantaggi del sistema presidenziale

Non si può comprendere a fondo un tema senza provare a costruirne un quadro di prospettive concrete. Per comprendere quindi, almeno in linea teoria, le conseguenze materiali di un cambio di passo simile è necessario passare al vaglio i pro e i contro che il sistema presidenziale porta con sé.

Tra i punti di forza rimarcati dai costituzionalisti c’è indubbiamente la «massima legittimità» riconosciuta al presidente grazie all’elezione popolare. A questo vantaggio si aggiunge il rafforzamento della separazione dei poteri e l’indipendenza del Parlamento visto che sia il presidente sia le Camere sarebbero scelti in elezioni dirette e distinte (senza interferenze).

Si presenta però anche l’altra faccia della medaglia che, tra gli svantaggi, annovera l’instabilità politica. Gli stessi costituzionalisti citando come esempio le situazioni di tensione e i colpi di Stato verificatisi in America Latina. A questo fattore di incertezza si aggiunge poi la mancanza di pluralismo poiché nelle repubbliche presidenziali è molto accentuata la tendenza al bipartitismo.

Al netto delle valutazioni far passare una proposta di questo tipo, in qualunque delle forme prospettate dai partiti, comporterebbe sempre e comunque l’avvio di un processo lungo e articolato quale quello di revisione costituzionale. Non si tratta quindi di un provvedimento di rapida applicazione, neppure con la strenua volontà della futura maggioranza parlamentare.

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