Coronavirus Regno Unito: è ancora lockdown. Fino a quando? Un piano non c’è

Violetta Silvestri

21 Aprile 2020 - 17:06

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Il Regno Unito sembra ben lontano dal programmare una seppur graduale fase di uscita dal lockdown. Il blocco ci sarà ancora per settimane. E poi? Il Governo pare non avere piani, né certezze contro l’epidemia.

Coronavirus Regno Unito: è ancora lockdown. Fino a quando? Un piano non c’è

Con più di 125.000 contagiati e oltre 16.500 morti, il coronavirus in Regno Unito desta ancora timore. Per questo, il lockdown è stato prorogato per altre tre settimane, come parte degli sforzi per contenere il più possibile la pandemia.

L’estensione del blocco della nazione, ampiamente prevista, è stata annunciata da Dominic Raab, il segretario degli Affari esteri che ha assunto le funzioni di Primo Ministro mentre Boris Johnson resta in cura dopo essere stato colpito da coronavirus.

Mentre tutti gli altri Stati europei cominciano, con grande cautela, a programmare e ad attivare l’allentamento delle misure restrittive, il Regno Unito resta ancora bloccato.

L’impressione è che un’idea su quando realmente si possa iniziare a parlare di exit strategy non ci sia. Il Paese, che più degli altri nel continente ha sottovalutato l’epidemia agli inizi, si trova in piena crisi, con il picco ancora in attesa.

Cosa accadrà nella nazione britannica? Di certo, fino a maggio il lockdown ci sarà. Totale, o quasi.

Perché il blocco del Regno Unito continuerà fino a maggio

“Siamo ora in una fase delicata e pericolosa. Eliminare il blocco, metterebbe a rischio tutti i progressi che abbiamo fatto. Ora non è il momento di dare una seconda possibilità al coronavirus.”. Con queste parole il Regno Unito resta chiuso e in allerta per ancora tre settimane, inaugurando di fatto il mese di maggio in lockdown.

Raab ha stabilito cinque prerequisiti per allentare le restrizioni. Questi includono: calo costante del tasso di mortalità giornaliera; fiducia che gli ospedali possano far fronte al flusso di pazienti; maggiore capacità di diagnosi; più dispositivi di protezione; giudizio positivo di esperti sanitari e del Governo sull’esclusione di una nuova ondata.

Con 861 nuovi decessi annunciati giovedì 16 aprile - 100 in più rispetto al giorno prima - e le continue lamentele per la mancanza di maschere, guanti e tamponi, il Regno Unito sembra lontano dal soddisfare tali condizioni.

E questo nonostante gli scienziati abbiano dichiarato che il picco dei decessi in ospedale ci sarebbe stato l’8 aprile. Una notizia incoraggiante solo a metà. Il professor Carl Heneghan, direttore del Center for Evidence-Based Medicine dell’Università di Oxford ha infatti messo in guardia: “Da una prospettiva epidemiologica possiamo dire che i numeri sono coerenti con il picco che si sta verificando l’8 aprile”

Ma i dati potrebbe aumentare di colpo a causa delle registrazioni di decessi provenienti dalle case di cura, che sono in ritardo.

Ecco perché, quindi, il Governo sta mantenendo la più totale cautela su eventuali alleggerimenti delle restrizioni. Nel mirino c’è soprattutto la gestione dello screening nazionale.

Al riguardo, il Paese è partito lentamente e continua a testare solo pazienti ospedalizzati, medici e infermieri e, più recentemente, persone che lavorano in case di cura. Il Regno Unito sta controllando meno di un quinto delle 100.000 persone auspicate. Il Governo ha dichiarato di avere attualmente la capacità di condurre 35.000 test al giorno, ancora pochi secondo gli esperti.

Questa rimane una delle ragioni, quindi, per cui lo Stato non può dirsi pronto ad allentare il blocco.

Quando finirà il blocco del Regno Unito? Manca un piano

Raab non ha fornito dettagli su come il Regno Unito intende uscire gradualmente dal blocco, diversamente dalla Germania, dall’Austria e da altri Paesi europei, dove i Governi hanno già illustrato dei piani per riaprire scuole e alcuni negozi.

Nessun accenno da Londra all’eventuale exit strategy. Un silenzio che ha generato
dubbi sul fatto che il Governo abbia davvero una strategia per la prossima fase della crisi, oltre a chiedere alle persone di rimanere a casa.

Alcuni analisti hanno accusato la mancanza di coordinamento tra i dipartimenti governativi, un fallimento che hanno attribuito all’assenza di Johnson.

Non sono mancate critiche più severe. Neil Ferguson, un epidemiologo dell’Imperial College che fa parte del consiglio scientifico consultivo del Governo, ha affermato che il Regno Unito ha fatto più sforzi per pianificare la Brexit che per rispondere al coronavirus.

Secondo l’esperto a Downing Street non si stanno muovendo con tempistiche adeguate. Il Governo dovrebbe organizzare subito un programma aggressivo di test e ricerca dei contatti con positivi per la popolazione in generale. Inoltre, una pianificazione del dopo blocco è considerata assolutamente necessaria. Per la sanità e per l’economia.

Per questo, occorrerebbe una organizzazione simile, se non più efficiente, a quella messa in moto per il divorzio dall’UE.

Al momento, invece, pare che il Regno Unito sia rimasto bloccato nel suo lockdown, sperando che il coronavirus dia segnali al ribasso. Intanto, l’Europa si muove verso l’uscita dal blocco, lasciando indietro la nazione inglese.

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